La Pace si alimenta di giustizia – L’Ortobene – 1 gennaio 1984

– Che cos’è la pace per voi?
Pace non è solo assenza di violenza; questa è solo la sua proiezione fisica e visiva.
Pace è un momento dello spi­rito. Lo si scopre nell’intimità della coscienza ed è il valore più alto nella vita di un uomo: pace con se stesso. Solo il giusto vive realmente la pace. Giustizia e pace sono l’una all’altra essen­ziali. Non può esservi pace sen­za giustizia.
Come fatto sociale la pace si realizza nel rapporto che i sin­goli riescono a stabilire con il mondo. Il concetto si arricchi­sce così di altri valori, anch’essi decisivi per la conquista di una pace non effimera: rispetto reci­proco fondato sulla reciproca fi­ducia. Se questi mancano si insinua il sospetto e con esso l’insicurezza e la paura. Vacilla­no e cadono così i pilastri della civile convivenza. Si è subito coinvolti nel torbido agitarsi di tensioni, ansie ed impulsi con­flittuali spesso conttradditori ed incoerenti.
In sintesi: la pace si alimenta di giustizia. Se si perde o si atte­nua questo valore avanzano ingordigia e paura, ambizione e sfiducia, ipocrisia ed invidia, sofferenza ed odio e quindi la violenza nelle molteplici forme, morali e fisiche nelle quali si realizza.
Pace e Giustizia non sono concetti astratti e statici ma ope­rano da fermento vitale nel di­namico e multiforme evolversi delle situazioni alle quali l’uo­mo è quotidianamente chiama­to a dare risposta. E questa sarà tanto più sincera Quando maggiore la sfera di Libertà del soggetto.
Ebbene, guardando alla pace in Sardegna diciamo che il nostro popolo è mal guidato, diviso e immeschinito dal clientelismo, oppresso culturalmente ed economicamente da una gestione politica ed economica del potere ispirata, nei fatti, alla prevaricazione ed all’ingiusti­zia.
La risposta dei sardi è, di nor­ma, valida, vitale e vigorosa­mente protesa a restituire di­gnità e giustizia ai rapporti interni ed esterni all’Isola. Pur­troppo, sventurate frangie della nostra società reagiscono con l’incoerente contraddittorietà della violenza più torbida ed iniqua.
Socialmente parlando, per estirpare il male profondo che ci toglie la pace e il sereno convi­vere, dobbiamo impegnarci tut­ti ad estirparne anche le cause.
– Il suo partito in che modo tenta di costruire la pace?
Battendosi per liberare il po­polo sardo dal colonialismo strisciante che ancora lo co­stringe nella frustrazione della subalternità, emarginazione e sottosviluppo economico e cul­turale, profondamente ingiusti e, come tali, responsabili delle inquietudini che rendono la pa­ce così precaria e tanto spesso crudelmente offesa fra la nostra gente.
– È possibile trovarci uniti nel costruire la pace?
Certo! Ne siamo assoluta­mente convinti. Per noi non c’è altra possibile via. Dobbiamo trovare in noi stessi, nel profon­do senso di giustizia, di rispetto e fiducia che caratterizzano in modo così peculiare e specifico la gente sarda, la forza per co­struire la pace.
Le diversità ideologiche non sono un ostacolo ma un pre­supposto – direi necessario – per il dialogo ed il reciproco arricchimento dei contributi di cui ogni parte, per esperienze, cultura e ideologie diverse, è in grado di offrire alla comunità nella quale ci riconosciamo e che, con il fervido concorso di tutti, possiamo migliorare.
Quale migliore significato del fatidico “Forza Paris”?