Regione più autonomista – Ecco il significato del voto – intervista di F. Peretti – La Nuova Sardegna – 18 giugno 1987

“Sono soddisfatto del risultato elettorale del mio partito: va considerato eccezionalmente positivo perché realizzato nelle condizioni meno favorevoli”.
Nel suo studio al primo piano del Palazzo della Regione, Mario Melis ha sulla scrivania i giornali con i risultati elettorali. Tra una telefonata e l’altra con ministeri romani, assessorati e sedi di partito, esamina il voto del 14 e 15 giugno. Parliamo del Psd’Az, della maggioranza di sinistra, dell’opposizione DC e dell’influenza che le elezioni avranno sulla verificasi giunta e quindi sulla situazione politica regionale.
– Lei è soddisfatto, ma il segretari del suo partito prima del voto aveva detto che il raffronto sarebbe stato fatto con le elezioni amministrative dell’85 e quindi con il 15%. Alla Camera avete ottenuto l’11,9.
“Voleva dare un incoraggiamento, un senso di sicurezza a candidati ed elettori. Ma è un fatto di propaganda. Ricordo che Carlo Sanna, nel ’79, aveva detto che noi puntavamo ai 200 mila voti. Ne ottenemmo 30 mila mettendo 3 consiglieri regionali mentre prima non ne avevamo neppure uno. E parlammo di successo. anche quello di oggi è un successo per la prima volta dal dopoguerra siamo il terzo partito alle politiche e per la prima volta eleggiamo due deputati a quoziente pieno.”
– Perché parla di condizioni meno favorevoli?
“Il partito è stato sostanzialmente colto di sorpresa dallo scioglimento anticipato delle Camere e quindi dalla campagna elettorale. In Sardegna nella propaganda ci siamo presentati con una organizzazione he mancava delle imponenti risorse finanziarie che sono state profuse da altre forze politiche. Il partito, inoltre, non ha avuto modo di far pervenire agli elettori con la necessaria diffusione il suo programma elettorale per cui una grossa parte dell’elettorato non aveva adeguati punti di riferimento su cui fondare la scelta in senso sardista.”
– È stato notato che il Psd’Az in campagna elettorale, non ha utilizzato a sufficienza il fatto di essere a guida della Regione.
“Il partito non ha avuto modo di diffondere e rendere adeguatamente noti gli importanti successi della giunta. Ad esempio la difesa delle strutture produttive pubbliche e private prostrate da una crisi drammatica o sull’orlo del fallimento, come Arbatax, che la gestione democristiana aveva lasciato in eredità. È stato duro ma ci siamo riusciti: oggi quelle aziende lavorano a pino ritmo e stanno sul mercato. Abbiamo creato condizioni di un nuovo sviluppo: il riconoscimento viene da aziende di grande rilevanza che apprezzano i nostri programmi e chiedono di lavorare in Sardegna: piano acque, piano agro-alimentare, smaltimento dei rifiuti e così via. Abbiamo coinvolto gli imprenditori sardi, rilanciandone il ruolo: prima doveva chiedere i sub-appalti col berretto in mano. Abbiamo rilanciato la programmazione, per la riforma della Regione le leggi sono pronte.
– Ma la DC vi mette sotto avvisa per la disoccupazione .
“Abbiamo compiuto enormi sforzi per bloccare lo sfascio che la DC aveva provocato. I governi democristiani, alla domanda di lavoro, rispondevano con l’emigrazione. Ma oggi l’Europa, in crisi, ha chiuso le porte e in tutta l’Italia meridionale la disoccupazione sta crescendo.
Adesso il governo della Regione può dire che possiamo avvalerci dell’imprenditoria sarda e non sarda peri i programmi pluriennali per i quali sono previsti investimenti per decine di migliaia di miliardi e che potranno impiegare decine e decine di migliaia di persone.Questa giunta ha dinamizzato la spesa: nell’86 in agricoltura abbiamo erogato 700 miliardi contro gli 80-85 dell’83. Siamo, oggi, la Regione meridionale che ha meno residui passivi.”
– Tra le condizioni “meno favorevoli” c’è quindi anche un difetto di informazione?
“Tutto questo doveva essere portato a conoscenza della genti, il partito queste cose non le ha potuto pubblicizzare. Abbiamo affrontato le elezioni senza presentare il lavoro fatto, i risultati ottenuti e le prospettive aperte. La stessa stampa non sempre ha dimostrato adeguata attenzione perché ha saputo cogliere con puntualità i momenti di sofferenza ma senza dare altrettanto rilievo ai momenti positivi, per cui anche l’emotività dei titoli finalizzata a rendere più interessanti le notizie finisce per non rispecchiare la realtà. Non solo. I sindacati si sono rivelati maldestri supporters elettorali dei partiti di cui sono espressione. La Cisl ha fatto una campagna elettorale violenta contro la giunta, ma il vero attacco è stato quello di tutti e tre i sindacati contro il Psd’Az. È stato un episodio negativo che siano scesi in campagna elettorale. E guarda caso hanno attaccato proprio l’unico partito regionale espresso dall’autonomismo sardo”.
– È mancato anche il sostegno della maggioranza in campagna elettorale?
“Non sono mancati atteggiamenti di fronda, di carattere elettoralistico, da parte di gruppi o di esponenti minoritari della maggioranza. Evidentemente, tutti questi episodi son il sintomo del ruolo crescente che ha il Psd’Az nella vita politica e del tentativo delle altre espressioni della democrazia di fermare questo ruolo e la sua capacità di incidere”.
– Ci saranno stati anche motivi interni.
“La lista sardista era composta di figure di grande affidabilità, rigore morale e impegno civile, ma aveva candidati, fatte alcune importanti eccezioni, che non godevano di adeguata notorietà sul piano regionale. Il che ha finito per sacrificare gli stessi candidati di un grosso sforzo di propaganda senza una ricaduta adeguata come immagine politica del partito”.
– Le liste della penisola hanno raccolto meno voti del previsto.
“Il fatto di cui dicevo è stato accentuato nelle liste presentate in Continente dove praticamente ci si è limitati alla semplice presentazione delle liste, composte solo parzialmente di candidati del luogo, non supportate da una propaganda adeguata. Gli elettori hanno saputo della presenza della lista dei 4 mori aprendo la scheda al momento del voto. In queste condizioni è stato estremamente positiva la risposta dell’elettorato. Senza propaganda abbiamo ottenuto quarantamila voti: ben diverso sarebbe stato il risultato se avessimo potuto curare meglio la macchina elettorale”.
– Sin qui il Psd’Az. Come spiega il successo della DC sarda?
È stato determinato da diversi fattori. Primo: il recupero nazionale. Secondo: si è presentata con tutti gli uomini di spicco esponendoli al rischio della bocciatura tanto è vero che il vice presidente del Consiglio regionale Pinuccio Serra è caduto con 63 mila preferenze. La DC ha realizzato il massimo potenziale elettorale. Terzo, non meno rilevante: tutta la campagna elettorale è stata supportata da risorse finanziarie altissime e un buon numero di suoi candidati ha speso cifre allucinanti, nell’ordine delle centinaia di milioni a testa. Tanto che sarebbe opportuna una legge che obblighi i candidati a rendere note le font di finanziamento, perché una cosa del genere ha una sua influenza nella formazione del consenso”.
– Ma la DC nell’isola è stata premiata come partito di opposizione?
“La DC si è trovata nel comodo ruolo di oppositore unico, essendo scomparso politicamente il MSI. E qui bisogna dire che l’opposizione DC è stata aiutata da alcuni esponenti della maggioranza che non perdono occasione per dare libero sfogo alle loro lotte interne con effetti non certo esaltanti. Per merito della maggioranza sono stati bloccati per undici mesi i regolamenti consiliari e molte leggi importanti sono rimaste in commissione”.
– Rispetto alle politiche dell’83 la maggioranza ha sostanzialmente tenuto ma ha perso di sei pinti sulle regionali dell’84. Ha un significato politico?
È difficile escludere che possa averlo.C’è da notare che il PCI ha subito anche qui una crisi che ha investito il partito in tutta Itali ed è quindi impossibile dare un significato regionale a questa crisi. Ma la verità è che il Psd’Az rispetto alla regionali ha perso poco più di diecimila voti su oltre 130 mila, questi voti non li abbiamo persi al Senato”.
– Vi è mancato il voto degli elettori più giovani?
“Secondo me, no. Probabilmente è dovuto solo a quella fluttuazione che più che il partito riguarda le simpatie personali. Il voto dei giovani ha retto, quelli che ci sono mancati alla Camera sono quelli di una piccola parte di elettori più anziani che ci hanno votato per il Senato e che fanno qualche distinguo”.
– E la maggioranza? Quale è il significato politico del voto?
“A mio avviso il fatto che il Psd’Az abbia preso più voti che alle politiche dà un quadro di stabilità alla giunta. I risultato delle elezioni regionali ha un’altra dinamica, il consenso è diverso. Ecco perché i voti delle politiche vanno raffrontati alle elezioni politiche. È noto che noi abbiamo più voti nelle elezioni locali che in quelle nazionali.”.
– Replicando alla DC che dice che la giunta è stata sconfitta. Il segretario comunista ha detto che il voto è un campanello d’allarme, non una bocciatura. È d’accordo?
“Il fatto che il Psd’Az abbia retto più di altri credo che un significato debba averlo e che quindi la giunta debba accentuare il suo impegno in senso autonomistico. L’elettorato ha voluto dare un’indicazione di segno autonomistico”.
– In concreto cosa significa?
“Varare subito la legge sulla zona franca, le leggi sul credito e il risparmio, sulla flotta sarda, rilanciare l’obiettivo di dare un governo sardo all’economia, ai fenomeni ancora a noi estranei. Significa realizzare la riforma della Regione secondo i disegni di legge già elaborati dalla giunta e portare avanti la legge sul bilinguismo. Significa impegnare i partiti della maggioranza anche al livello nazionale. Non si possono avere alleati che parlano due lingue, una qui e una a Roma, non si può esser contemporaneamente alleati a Cagliari e avversari a Roma”.
– La verifica della maggioranza è di nuovo dietro l’angolo. Come e quando deve riprendere?
“Deve riprendere non dico a giorni ma ad horas. Deve aprirsi e concludersi nel segno del voto elettorale. Cioè accentuare, a conclusione della legislatura, l’impegno autonomistico di tutta la giunta.”
– Ci sarà la semplice sostituzione dei due assessori che si sono dimessi, cioè il mini rimpasto, o si cambierà di più?
“Il voto ha un contenuto politico e ha un suo messaggio. L’aggiustamento della giunta non è solo un fatto tecnico. Che si realizzi il mini o il maxi rimpasto appartiene ai partiti. La disponibilità mia e del partito sono total se c’è lo sforzo di rilancio autonomistico di cui parlavo”.
– Un’ultima domanda. La DC chiede: può il partito di maggioranza relativa che ha un vantaggio di nove punti sul PCI restare all’opposizione. Lei cosa risponde?
“Può starci benissimo se la maggioranza è di segno diverso. Ciò che invece può fare la DC è di stabilire un rapporto positivo con la maggioranza per creare condizioni di dialogo che giovando alla collettività regionale giovi anche ai partiti e quindi all’apertura di nuove prospettive. La politica non è un fatto statico, ma si evolve. Le formule di governo non sono un fatto ideologico, ma strumenti per realizzare una politica. È che le alleanze sono espressione di coerenza e di consonanza programmatica fra partiti diversi. Se il dialogo si apre questa consonanza può essere verificata e realizzata. Con una DC rissosa c’è l’incomunicabilità. Invece dobbiamo costruire assieme condizioni di democrazia estremamente aperta alla cooperazione anche nei diversi ruoli, dal cui confronto scaturiscono le prospettive reali per le necessarie collaborazioni.