2003 –
I generali si sa, danno ordini, gli ordini non si discutono: si eseguono. Calando questi principi nella nostra società se ne individua le prospettive: diventeremo i custodi (o meglio le vittime) dell’uranio impoverito che non abbiamo creato e neppure pensato.
Forse il Generale non ha capito che la Sardegna non è più colonia piemontese, né terra di punizione, o confine per funzionari scadenti, o personaggi considerati politicamente indocili.
Non ha capito che le lotte politiche di popolo hanno consentito ai sardi un’alba di civiltà autonomistica che dà loro diritto all’autogoverno dell’Isola; il trasferimento coattivo dei residui vastamente nocivi alle persone ed all’ambiente verrebbe considerato atto di “occupazione” nello stile della più arida quanto ottusa strategia militare.
Ebbene all’occupazione militare si oppone la resistenza; non tacita e sprezzante, ma vivacemente attiva e combattiva. Bellieni così definiva l’autonomia: “è arte, è sapienza, è religione!” Non a caso si è mobilitato con i politici lo stesso episcopio sardo: insomma tutto il popolo sardo con i suoi valori spirituali e materiali.
Che fa il generale? Ricominciamo la guerra di Pietro il Cerimonioso (formalmente cerimonioso e, salvo i serventesi, sostanzialmente una carogna), o le repressioni dei generali piemontesi.
Non s’illuda: al primo sardo che uccide lei sarà destituito ed accusato di non aver capito nulla dell’incombenza affidatale. Ma alternativa non v’è! Per sbarcare in Sardegna con residui nucleari dovrà scontrarsi fisicamente con noi ed io, pluriottantenne, sarò in prima fila. È questa istigazione al reato d’insubordinazione? Scateniamo arresti individuali che presto diventeranno di massa?
Non ha capito che questa non è un’operazione militare, ma il tentativo politico delle regioni ricche (complice il governo) di liberarsi delle loro produzioni nocive (connesse ovviamente al diffuso benessere) scaricandole nel territorio delle regioni povere considerate al servizio funzionale del sereno convivere delle regioni ricche?
Un’operazione tanto rozza quanto iniqua per la quale, non volendosi sporcare le mani i “civili” ne affidano l’esecuzione ad un militare. A questo spirito è forse ispirata l’ipotesi di stoccare i residui nucleari nelle gallerie ormai deserte delle plurimillenarie miniere sarde?
Lei sa quale sacro significato hanno per noi quelle gallerie? Millenni, secoli, anni, mesi, giorni ed ore di inumano sacrificio che condannava decine di migliaia di sardi, respirando polvere di minerali, a morire quarantenni; ciò perché nel continente, sul loro sacrificio, sconosciuti padroni del capitale, realizzassero immani ricchezze? Quelle gallerie sono un sacrario della nostra storia. Non a caso è in atto una procedura per dichiararle patrimonio dell’umanità e destinazione di visite internazionali interessate a studiare il nostro amaro passato. Lei sta meditando il più ignobile oltraggio storico che le popolazioni per prime, ma la Sardegna con loro, e gli uomini di cultura nel mondo non accetteranno. E combatteranno per rifiutarlo.
Sono un sardo, militante del Partito sardo! Sono orgoglioso delle dichiarazioni in proposito dei miei dirigenti. Ma con questo documento do libero sfogo al mio sentimento di cittadino del mondo che ama coloro che hanno sofferto, sono stati sfruttati e sono consapevoli di questo.
Noi sardi, dalle regioni ricche d’Italia e d’Europa, ci attendiamo oggi non solo il risarcimento dei danni subiti nel corso di un secolo e mezzo di mal governo (art. 13 dello Statuto sardo), ma solidarietà volta a determinare il nostro sviluppo economico, sociale e culturale. Ci attendiamo le grandi infrastrutture, civili, industriali e di servizio. Ci attendiamo d’incontrare fratelli di una nuova civile patria, consapevoli che i danni non si scaricano su chi non li ha prodotti.
La democrazia si realizza nel rispetto reciproco e non nella violenza della sopraffazione. I tempi sono cambiati. Ma se necessario tutti i sardi, dico tutti, siamo pronti a resistere condivisi e benedetti dai nostri sacerdoti. Il motto “Forza Paris” è fiorito come momento alto di solidarietà fra i soldati sardi della guerra ‘15-’18, oggi è stato adottato quale forza solidale della riscossa civile ancora in atto.
Non vogliamo che Lei o chiunque altri diventi l’austriacante di turno.