2002
Di federalismo nel D.L. a firma Berlusconi – Bossi – La Loggia – non v’è neppure un’eco lontana. È invece presente l’esatto contrario. Né ci si lasci ingannare dal trasferimento di competenze lungamente rivendicate dalle Regioni quali naturali diritti-doveri nel governo delle rispettive popolazioni.
Ottanta anni prima che Bossi e la Lega comparissero nello scenario politico italiano i sardisti ponevano i problemi dei poteri regionali in materia di organizzazione sanitaria, istruzione e polizia locale, ma ciò hanno sostenuto nell’ambito dello stato federale che si fonda certo sulle diversità, ma, prima e soprattutto, sulla solidarietà.
Il federalismo individua quale principale protagonista il cittadino e l’impegno di questi nel rispettare e far rispettare la sfera di diritti-doveri di cui ciascuno è titolare e insieme responsabile. Prima che architettura istituzionale il federalismo è naturale empito di solidarietà sulla cui forza morale si regge la Comunità e si da vita allo Stato. Presupposto essenziale ne è quindi eguaglianza di diritti e doveri di cui tutti i cittadini sono contestualmente titolari e responsabili. Non sono perciò ipotizzabili cittadini di serie A (con più diritti e meno responsabilità) e cittadini di serie B (con più responsabilità e meno diritti); dominanti e dominati.
Bene quindi che in ogni regione, gli alunni dalle elementari alle classi superiori, oltre la storia degli ittiti e delle successive civiltà, studino la realtà territoriale, storica, economica e politica del luogo ove sono nati e vivono, privilegiando la formazione professionale nei settori che la peculiarità dei valori economico-sociali di ogni regione esprime: alpina o marittima, collinare, montagnosa, o pianeggiante, fertile, o desertica.
È chiaro che all’interno dello Stato creano coesione sociale, patrimonio culturale, interessi comuni (ivi comprese le lingue o culture straniere), esperienze storiche, miriadi di rapporti fioriti nei vasti orizzonti dell’operare, arricchiti dalle specificità regionali. Questo è sicuramente vero in Italia non già perché è stata “fatta” dal Nord (qualcuno potrebbe forse meglio dire “annessa” e “sfruttata”) ma per i momenti alti che la storia ha proposto a tutti noi affratellandoci nelle trincee del Carso e del Piave ove nei molteplici cimiteri di guerra riposano migliaia di giovani eroi sardi morti per difendere quelle popolazioni che un gaglioffo chiama “razza Piave” di cui, oggi, teme l’inquinamento umano; certo quel gaglioffo è razzista ma sarebbe un errore credere che la gran parte dei nordisti militanti nel partito padano (detto “lega lombarda”) siano razzisti. In fondo gli alieni, purché subalterni, sono utili quale forza lavoro di basso livello. Gli adoratori del Dio Po, più che razzisti sono egoisti. Egoismo ed ingratitudine dominano il loro agire politico ed in ampio senso umano.
Dimenticano la legge del 1877 che ha protetto le nascenti industrie del nord e ridotto l’Italia contadina del sud a loro mercato di consumo, dissanguandolo finanziariamente e reprimendone con l’esercito le proteste quando non veri e propri episodi di rivolta.
Il federalismo non fiorisce sull’egoismo ma sulla solidarietà. In fondo nello stato federale i popoli che lo costituiscono sono liberi di scegliere – entro ambiti costituzionali pur larghi ma definiti – forme di organizzazione sociale, economica, culturale e di sicurezza meglio aderenti alle realtà etno-storiche e geografiche.
Penso per esempio alla mia non breve esperienza di avvocato penalista impegnato in processi di abigeato (siamo nel pieno centro della Sardegna pastorale!) denunziati da una polizia locale priva di raffinatezze giuridiche ma non di coraggio, buon senso e capacità nel cogliere in flagrante ladri, o rapinatori di bestiame: i barracelli! Non sto riproponendone tout court la loro pura e semplice riattivazione, ma, partendo dalla loro validissima esperienza, formare un corpo di polizia locale che conoscendo, luoghi, ambiente sociale, spinte criminogene e personaggi, siano in grado di garantire sicurezza e serenità nel lavoro anche nelle vaste solitudini sarde, rompendone i grandi silenzi generati non dall’omertà, ma da incombenti vendette che il commissario – recentemente trasferito a Bitti da Venezia – difficilmente inquadra nella luce di una verità interiormente sofferta dalla maggioranza dei cittadini, ma taciuta per la sfiducia nell’interlocutore di giustizia. Non voglio con ciò dire che non abbiamo avuto anche nelle aree meno facili della criminalità locale, ottimi funzionari fra agenti e carabinieri ma quanta fatica in più e quanti obiettivi falliti!
L’istituzione della polizia locale non significa abolire quella nazionale. In tutti gli stati federali coesistono e, all’occorrenza, collaborano. Ho molto apprezzato l’articolo su L’Unità di Gavino Angius, che, sulla base degli articoli nudi ed asciutti così come sono proposti in legge, spalancano le porte allo squilibrio dello stato e non garantiscono affatto (per esempio, alla Sardegna ed a gran parte delle regioni non padane) il pieno esercizio dell’ampliamento di competenze e poteri formalmente riconosciuti.
Tutte le leggi dello stato comportano di necessità un onere finanziario previsto in specifico articolo inserito, di norma, nella parte finale. In assenza di questo la normativa Berlusconi-Bossi-La Loggia attribuisce a regioni ricche e povere le stesse competenze ben sapendo che le prime potranno gestirle e trarne vantaggio, le altre non potranno e saranno quindi paralizzate. Forse è proprio questo che vuole Bossi. Ormai il suo nordismo è volto verso la mitteleuropa e considera con fastidio i terroni che, pur di pelle bianca, diventano pericolosi concorrenti in quella che la Lega considera patrimonio intangibile del Nord.
Senza norma finanziaria la legge Bossi si riduce ad un dettato duro, freddo, aziendale: ciascuno si arrangi con quello che ha. Chi può vada, chi no stia fermo. Dopo oltre un secolo e mezzo di subalternità e sfruttamento delle nostre risorse questo è il risarcimento del debito storico, fissato nell’art. 13 del nostro Statuto riconosciuto e garantito dalla Costituzione dello Stato.
Ma la legge è poi federalista? Non direi! Ha solo l’apparenza di un ampliamento dell’autonomia; dico “apparenza” perché il nostro bilancio rende le nuove competenze pressoché inapplicabili. Ma requisito essenziale dello Stato federalista è la specifica organizzazione del potere legislativo fondato sul bicameralismo: una camera proporzionalmente rappresentativa dei cittadini e l’altra (di norma il Senato) pariteticamente rappresentativa delle istituzioni regionali. Senza di che lo Stato è dominato dal centralismo ministerial-burocratico, presente nel territorio con Prefetti, provveditori ed istituzioni fiscali. Anche la Corte Costituzionale, per essere giudice imparziale, deve essere costituita da Giudici pariteticamente rappresentativi dei poteri centrali e regionali. Se ne parla nella relazione ma non negli articoli. La Lega, così come Berlusconi e Bossi sono Padani come Padana è la legge.
Un vecchio proverbio assicura che chi ben comincia è a metà dell’opera. Ebbene con la legge in esame non si aprono gli orizzonti del federalismo ma della discriminazione, subalternità, sottosviluppo, malattia e miseria delle regioni povere rispetto al benessere e sviluppo delle regioni ricche. Questo vogliono l’accoppiata Bossi Berlusconi? Noi no.