Fra sabato e domenica 1 e 2 luglio si è svolto a Sassari il XXVIII congresso del Partito sardo d’Azione.
Il tono generale, forse a causa dell’impietoso caldo canicolare che ha invaso i locali destinati ai congressisti, non s’è vissuta l’atmosfera libertaria del passato. Il tono generale non era certo spento, ma neppure brillante. I pochi momenti burrascosi si sono incentrati non tanto su temi politici quanto su questioni procedurali circa l’interpretazione di alcuni articoli dello statuto; sono volate minacce di ricorsi giudiziari e pericoli di annullamento del congresso.
Nell’arco dei dieci minuti concessimi, ho cercato di parlare di politica, ascoltando, a mia volta, quasi tutti gli altri.
Sono stato colpito in modo sconcertante da due rilievi politici: la scarsa attenzione -per altro intrisa di scetticismo – prestata dal congresso all’annunziata regionalizzazione di due importanti partiti per l’innanzi dichiaratamente dipendenti dalle rispettive direzioni romane e dalle dichiarazioni pronunziate dal consigliere regionale Giacomo Sanna e dal nuovo Presidente del partito Lorenzo Palermo sul tema zona franca.
Del primo mi hanno riferito (in quel momento impegnato in un’intervista), il secondo l’ho personalmente ascoltato. In sostanza entrambi nel tracciare linee di futura azione politica hanno espresso netta sfiducia nella zona franca. Palermo ha detto esplicitamente: “Anziché annoiare i sardi con discorsi sulla zona franca… ”
Per uno che di zona franca non s’è mai occupato forse il tema è noioso. Ma il Partito sardo sin dal 1921, l’ha richiesta con tale fermezza da minacciare in mancanza della “libertà di commerci” (ossia zona franca) di ricorrere ad “altre vie” (rivoluzione).
Ed allora, noiosa perché? Noiosa perché istituto superato dalla moderna dinamica economica?
Potrà meravigliare, ma dal 1241 (lega anseatica) a oggi l’istituto non ha conosciuto un successo così travolgente tanto che per la sua duttilità e adattabilità alle situazioni più diverse, dal 1980 in Europa (specie Inghilterra e Francia ed ora Italia) come nelle due Americhe, nella Cina comunista e nelle aree caraibica e Sud-est asiatico, sono state attivate ben nuove 400 zone franche.
D’altra parte paesi ricchi come Olanda, Belgio, e Germania conservano ancora oggi (dal 1241 ) le loro zone franche, con risultati economici promozionali così rilevanti da collocarle, in specifici settori commercial-industrial-finanziari (ma soprattutto occupazionali), ai vertici del mondo. Si pensi solo a Brema, Amburgo, Anversa e Rotterdam!
O forse è noiosa perché lottiamo dal 1921 senza averla ancora ottenuta?
Ci siamo stancati? Una tale ipotesi mi fa paura.
Per la zona franca – che è poi strumento economico dell’autonomia politica – i sardisti hanno sfidato il fascismo, la galera, il confino, il licenziamento da posti di lavoro, l’esilio. Qualcuno la morte. Gli obiettivi politici sono luci che spesso risplendono oltre l’orizzonte; certo, fra la terraferma e l’orizzonte, la strada da percorrere è spesso dura, difficile, imprevedibile!
Nel 1977, obbedendo alla mia vocazione sardista, ho presentato in Senato uno specifico disegno di legge sull’istituzione della zona franca, ripreso nella legislatura successiva da altro deputato sardo di diverso partito.
Da Presidente della Regione ne ho fatto oggetto di proposta alla Giunta e questa al Consiglio: un disegno di legge nazionale d’iniziativa regionale -studiato da quattro economisti – che il Consiglio ha approvato a grandissima maggioranza.
Certo il tempo passa, ma non solo non mi sono stancato, ma per la sua conquista sento l’entusiasmo dei vent’anni.
Ma poi è ancora vero che siamo lontani dall’obiettivo?
I calabresi, come, per altro i pugliesi si stanno battendo alla morte per ottenere la zona franca di Gioia Tauro e di Taranto.
Noi Sardi l’abbiamo ottenuta per sei località di mare; fra le altre: Cagliari, Porto Vesme, Oristano, Porto Torres, Olbia, Arbatax. A giorni il Governo riceverà il Presidente della Giunta e le autorità tecniche di gestione per attivare la zona franca di Cagliari.
Ma il problema, oltre la formalizzazione del decreto governativo e relativo regolamento (condizionati dalla decisione che in proposito dovrebbe prendere la Giunta regionale sulla delimitazione delle aree già individuate), è quello di adeguare i porti a un ruolo che comporta vivace competizione con le altre portualità mediterranee.
Oggi l’area meglio attrezzata per cominciare è certo Cagliari; nel giro di pochi anni diventerà non solo deposito di materie prime, semilavorati, prodotti industriali provenienti da paesi terzi rispetto al Mercato Europeo (cioè da tutto il mondo) e diretti nei paesi rivieraschi del Mediterraneo ma, altresì di merci provenienti da tali porti diretti oltre Oceano.
Già numerose compagnie di navigazione sono pronte a mettere in movimento le loro capacità di trasporto (navi postino – o, se preferisce: Fader) fra la Sardegna ed i porti mediterranei mentre numerose ditte sono disponibili ad insediarsi nell’area franca cagliaritana per esercitare il commercio estero per estero, ma altresì per lavorare, assemblare, trasformare una parte delle merci (materie prime e semilavorati) facendo della Sardegna un centro di produzione e lavoro fra i più vivaci ed attivi d’Europa, Nord-Africa e Medio Oriente.
Questo non riguarderà solo Cagliari ma tutte le altre aree portuali sarde già ricomprese nella decisione del Governo italiano e della Comunità europea.
Ciò che più rileva però e che anche le aree interne potranno beneficiare del regime di zona franca; basterà che si colleghino ad una di quelle già in funzione. Si pensi a Ottana collegata ad Oristano, o Villacidro a Cagliari.
Potrei continuare, e, se necessario, lo farò!
A proposito! Ecco una cosa che il Partito dovrebbe fare: una scuola di partito chiamando a insegnare ai sardisti (con o senza tessera) i grandi temi della battaglia politico-istituzionale, economico-culturale e quant’altro il popolo sardo propone per aprire alla sua gente le vie del futuro.
Sono certo che verrebbero ad insegnare le più illustri personalità della cultura sarda e non ci chiederebbero altro compenso se non quello del nostro impegno per continuare una splendida battaglia di progresso senza annoiarci ma diventandone convinti protagonisti.
Attendo con i sardisti, con o senza tessera, un cortese chiarimento.