Le istituzioni della democrazia italiana sono in crisi. La causa apparente sta nella crisi che ha investito i partiti della tradizionale maggioranza: Democrazia cristiana e Partito socialista italiano la cui scomparsa dallo scenario politico non è stata certo compensata dalle modeste aggregazioni che hanno generato definiti, per la loro modesta numerica, “cespugli” dai loro stessi alleati di destra e sinistra. Cancellati senza eredi il Partito liberale e quello socialdemocratico; si deve prendere atto della sostanziale tenuta degli ex missini, (divenuti – quantomeno a parole – una sorta di partito liberal democratico di destra che ha assunto il nome di Alleanza Nazionale) mentre la sinistra comunista, pur severamente ridotta, ha conservato una significativa forza di adesioni ha abbandonato non solo l’antico nome e simbolo, ma gli obiettivi ideali della lotta di classe per proporsi come partito riformista, aperto in economia al mercato, ed in politica al pluralismo ideologico e partitico e considera liberticida la dittatura del proletariato.
Oltre la rilevante perdita di consensi il nuovo partito ha subito una rilevante scissione a sinistra capeggiata dagli onn. Cossutta e Bertinotti che a loro volta non hanno tardato a scoprire profonde divisioni sfociate in una nuova scissione e hanno dovuto prendere atto che le loro strade si dividevano dando così vita ad una nuova scissione.
Nel seguire l’analisi della crisi partitica mi soffermo solo nel sottolineare che anche il Partito sardo, pur conservando nome e simboli originari, ha subito dal 1989 in poi una serie di crisi dirigenziali non motivate da alcuno scontro ideologico, ma da contrapposizioni personali tanto che alla vigilia dell’imminente congresso non ha né segretario né direzione nazionale; crisi preceduta da un caleidoscopio di dirigenti che si sino succeduti nello spazio di 10 anni con ben otto segretari nazionali. Non mi pare che alcuno dei segretari sia stato confermato dal successivo congresso mentre altri sono stati messi in crisi e dimessi a seguito di elezioni o altri eventi politici per decisione del consiglio nazionale.
La crisi dei partiti è ancora in atto ma a mio avviso non costituisce la causa della più vasta crisi che ormai da anni ha investito lo Stato rendendone precario ed incerto il futuro della comunità italiana.
La realtà è ben altra e sta proprio nell’organizzazione del potere tipica dello Stato centralista.
Le decisioni incisivamente influenti in tutti i settori della vita nazionale sono assunte nei ristretti vertici dello Stato che ne affida l’esecuzione ai suoi funzionari presenti nel territorio: Prefetti, Provveditori agli studi, alle OO.PP., ai Provveditorati e così continuando attraverso una miriade di enti statali e parastatali cui sono affidati compiti limitati ma vincolanti per i cittadini e le stesse istituzioni della democrazia di base: gli enti locali.
Il regionalismo in Italia ha ben scarsa incidenza perché escluso dalle aventi vigore in tutto il paese e limitato nelle materie di propria competenza dal diritto riservato al Governo – e soprattutto alla sua burocrazia – d’impugnare con i cavilli più assurdi – le leggi regionali che riduce in tutto o in parte i loro poteri su qualsivoglia materia. Il regionalismo poi – così com’è realizzato – ha ben poco senso perché va quotidianamente a scontrarsi con le competenze dei funzionari ed enti vari dello Stato.
Il problema che si pone alla coscienza nazionale è quello della rifondazione dello Stato su basi federali restituendo al popolo tutto il potere che verrà esercitato – secondo precise norme – attraverso le istituzioni democratiche: Comune, Regione, Ente intermedio, Parlamento, Governo, cui il popolo delegherà, ripartendoli, il suo potere amministrativo e largamente esecutivo, nell’ambito delle rispettive circoscrizioni, gli enti locali, legislativo programmatorio, di coordinamento e rappresentanza esterna le regioni, lasciando alle istituzioni centrali i compiti fondamentali della legislazione nazionale nella materie riservate alla sua competenza quali la difesa del territorio nazionale, la politica monetaria, politica estera, norme quadro in settori riguardanti i diritti fondamentali dei cittadini: giustizia, sanità, sicurezza, etc. delegando Regione ed enti locali a dare concreta esecuzione ai propri liberati e sbaraccando nel contempo la complessa, inutile ed oppressiva struttura organizzativa di cui ancor oggi dispone.
I partiti torneranno ad essere correnti di opinione pubblica che senza gerarchie né poteri di cacciare, privilegiare, emarginare e clientelizzare i cittadini, eserciterà in libertà democratica i diritti di scelta dei propri governanti.
Non più vertici segreti ma confronti alla luce del sole.
Preparazione al XXVIII Congresso del P.S.d’Az – Appunti – Nuoro – 20 giugno 2000
3 Maggio 2013 by