Preparazione del XXVIII Congresso del P.S.d’Az. – Nuoro, 26.06.2000

In vista dell’imminente congresso regionale del Partito sardo d’azione ritengo doveroso – in un momento caratterizzato dalla diffusa crisi che investe il ruolo e la responsabilità dei partiti nel convulso degrado della politica italiana ed, in particolare, quella sarda – sottoporre all’attenzione degli amici congressisti alcune riflessioni sulle iniziative d’ispirazione sardista da assumere nell’immediato futuro.
A mio avviso il moderno partitismo, pur avendo svolto una funzione essenziale per il civile svolgersi del confronto politico fra le diverse correnti di pensiero che investono i temi fondanti delle moderne società democratiche, era da tempo intimamente viziato da una generalizzata frenetica competizione volta non tanto ad affermare i rispettivi valori ideologici, quanto alla conquista degli spazi di potere più ampi.
Sul limpido confronto elettorale s’è sviluppata la mala pianta del clientelismo, della fame crescente di denaro da destinare alla propaganda, ma soprattutto ad un proselitismo sempre più interessato a privilegi promessi, la corruzione politica e, assai spesso, quella personale. Strettamente collegato con il clientelismo il potere, trascurando sempre più i traguardi ideali, ha inaridito le fonti limpide della politica, curando invece la grande gestione per favorire i gruppi d’interessi nazionali ed internazionali, senza trascurare vigorose ma anche modeste intese locali che con gli interessi della gente avevano ben poco a che fare.
Un partitismo siffatto ha ridotto la politica a fatto marginale deludendo le legittime attese della gente e spegnendo speranza e fiducia nel cuore dei cittadini.
È di tutta evidenza che in tali ambienti sono privilegiati i più forti, emarginati ed umiliati i più deboli. Lo scontro per il potere si è insidiosamente infiltrato anche all’interno dei partiti. Questi hanno smesso di unire il popolo, di mobilitarlo in vista di nobili traguardi da conquistare; perciò la gran massa dei cittadini ha smesso di seguirli chiudendosi delusa nel ristretto ambito degli interessi materiali e spirituali del tutto personali.
Ebbene, noi dobbiamo scrollarci di dosso questo irrespirabile clima uscendo all’aria aperta per incontrare e parlare con la gente diffondendo con la tensione morale che è all’origine del Partito sardo, la forza della lotta cui tutto il popolo sardo è chiamato; cancellare emarginazione e subalternità ed aprire le porte della politica al nostro futuro.
In questo impegno siamo facilitati. Non c’è sardo che in fondo al suo cuore, liberale o socialista, laico o religioso, non ami la Sardegna, la sua terra, la sua gente; non senta l’offesa dell’ingiustizia e l’irresistibile impegno di lotta per un futuro di dignità, benessere e serenità.
Sono convinto che la gente non attende altro. Ma deve aver fiducia. Deve credere più che nelle persone, nell’impegno politico di quanti si raccoglieranno intorno a questo grande sogno di Giustizia e Libertà.
Non dobbiamo però commettere l’errore di chiuderci nella solitudine organizzativa del Partito sardo ma aprire le porte di casa alla Sardegna senza pretendere che i simpatizzanti che condividono in parte rilevante le nostre idee siano costretti a prendere la tessera del nostro partito. Dobbiamo fare di questo uno strumento moderno e dinamico della politica sardista.
Nella mozione di Gallura si afferma giustamente che noi non rappresentiamo una classe sociale o un particolare gruppo di interessi. Rappresentiamo la Sardegna nella sua globalità.
Dobbiamo trovare alleati. Poiché non esistono o quanto meno non esprimono una militanza che noi riteniamo essenziale per la possibile alleanza, dobbiamo incalzare non solo i partiti ma le correnti di opinione pubblica che pur rifiutando la tessera del nostro partito, si organizzino su basi esclusivamente regionali.
Questo non significa per loro isolarsi, ma rifiutare di dipendere gerarchicamente da una dirigenza esterna.
Primo traguardo quindi: Regionalizzazione dei partiti e delle correnti di opinione laiche e religiose.
È chiaro che ciascuno conserverà, approfondirà ed esalterà i valori ideali nei quali crede, ma privilegerà, su tutti, il sentimento di patriottismo sardo che, poi, sul piano pratico, nessun altro ideale politico è realizzabile se non si creano le condizioni di sviluppo, a tutto campo, della Sardegna.
Secondo traguardo.
Fissare gli obiettivi sui quali realizzare il pieno, leale, impegnativo accordo fra Partito sardo ed i futuri alleati. Su tali obiettivi gli eletti dovranno attestarsi affrontando, se necessario, lo scontro con i colleghi e dirigenti dei partiti omologhi in campo nazionale.
In breve: la Sardegna dovrà contare in Parlamento nazionale ed europeo – e nelle altre sedi decisionali di carattere economico o altro – di una forza rappresentativa di 700-800.000 elettori. Dire no a tale tipo di forza parlamentare non significa dire no a 10, 15 deputati, ma sfidare un popolo che nella sua grande maggioranza si mobilita per la conquista di un valore economico, culturale, spirituale od altro.
Terzo: Il Partito sardo diventerà, così operando, a prescindere dalla sua forza elettorale (che ovviamente crescerà perla rinnovata fiducia e speranza dei cittadini), il cuore pulsante della politica sarda. Ovviamente non è neppure ipotizzabile che pretendiamo di decidere in solitudine ciò che conviene e non conviene fare, proporre, studiare; dovremo perciò dare vita ad un comitato permanente costituito dai rappresentanti delle diverse componenti che aderiscono all’alleanza privilegiando il consiglio e, ove necessario, la consulenza di tecnici, specialisti, università e quant’altro può aiutarci a vedere le diverse implicazioni dei temi in discussione.
Ciò non significa che ogni volta dobbiamo scoprire l’acqua bollita. Dobbiamo porre a base dell’alleanza una decalogo di obiettivi che sta a noi proporre.