Zona franca – Battaglia sardista

ZONA FRANCA – BATTAGLIA SARDISTA (1983)

La battaglia che noi sardisti conduciamo per la zona franca doganale ha radici politiche, sociali ed economiche.
1) Sul piano politico: individuiamo nella libertà doganale uno strumento essenziale dell’autonomia. La zona franca è in sostanza presupposto fondamentale per promuovere e governare lo sviluppo. Vista in questa prospettiva si coglie il ruolo di libertà cui la zona franca doganale assolve.
2) Sul piano economico: la zona franca aumenta la base produttiva sul piano industriale, agricolo, turistico, artigianale e del terziario in genere. Il meccanismo è semplice; liberando le merci provenienti dai Paesi terzi (rispetto al mercato comune europeo) dai gravami fiscali rappresentati dal dazio doganale si riduce in termini apprezzabili il costo finale del prodotto che quindi diviene competitivo sul mercato.
Si sa: la merce che costa meno, a pari qualità, si vende di più.
Da mercato di consumo periferico (ed abbastanza trascurato dalle grandi correnti di traffico), con l’istituzione della zona franca, la Sardegna diventa automaticamente un grande mercato Mediterraneo al quale le merci affluiscono (per gli evidenti vantaggi economici che ne trarrebbero) da almeno tre Continenti Europa, Africa settentrionale, Asia anteriore e Medio Oriente.
Una parte di queste merci sarà destinata agli stoccaggi – per essere immessa nei circuiti commerciali nei momenti di maggior convenienza in relazione ai flussi di mercato – una parte rilevante proseguirà per le rotte oceaniche verso le Americhe, l’estremo Oriente o l’Australia e una parte, infine, verrà trasformata dal ricco tessuto d’industrie piccole e medie che, in breve volgere di anni, si svilupperà in Sardegna.
Non si tratta di sogni avveniristici, di storditaggini velleitarie, ma di rigorose valutazioni sostenute da fatti oggettivi quali la centralità mediterranea della Sardegna, il suo ritrovarsi lungo le principali rotte commerciali del traffico marittimo ed aereo ed infine le esperienze positive derivanti dai mercati che godono del regime di zona franca doganale: Amburgo, Rotterdam, Shannon (Irlanda), Leinchstein, Austria etc; le otto zone franche nell’America del Nord etc.
Le esperienze delle zone franche doganali di vecchia, come di recente istituzione, hanno visto confermare (o determinare) processi di espansione economica che si traducono in un incremento di reddito globale ed individuale, in un notevole processo di accumulazione del capitale (con reinvestimenti in loco), un forte aumento dell’export rispetto all’import, ed una bilancia dei pagamenti largamente attiva.
Né vi è da temere l’ostilità degli operatori economici italiani ed europei in virtù dei principi della maggiore concorrenzialità che verrebbe ad assumere il mercato sardo perché questa è l’eterna paura dei conservatori esterni e, purtroppo, anche nostrani.
Gli imprenditori veri, quelli che sanno cogliere il nuovo sono da tempo favorevoli perché vedono nella Sardegna un punto di forza dell’economia occidentale, una frontiera avanzata verso civiltà, economie, sistemi politici diversi.
3)- Sul piano sociale: non occorre spendere molte parole per dimostrare che in Sardegna non avremo più un disoccupato ma, anzi, recupereremo la forza lavoro ceduta attraverso l’emigrazione ai mercati forti italiani ed europei dai quali peraltro ci deriva 1’attuale subalternità ed emarginazione.
Diremo finalmente “basta agli onorevoli che vivono solo di clientela e di sporco mercato nei posti concessi quasi una grazia, a suprema umiliazione della dignità umana dei lavoratori. Il diritto al lavoro è prima di tutto una libertà, un popolo che ha sconfitto il flagello della disoccupazione e sicuramente un popolo libero. Qual’è peraltro l’alternativa alla zona franca?
I “pacchetti Piccoli” (di infausta memoria) o gli odierni impegni del Ministro delle PP.SS. on. De Michelis?
Oppure i contributi a fondo perduto con il contorno dei cosiddetti incentivi assistenziali e sostanzialmente truffaldini?
Non ne abbiamo abbastanza di promesse non mantenute e di meccanismi usurati, da un’amara esperienza di fallimenti?
Se uno sviluppo ha da esservi in Sardegna deve essere sano, vigoroso e soprattutto, sardo.
Una zona franca quindi governata dai sardi per quanti, amando la Sardegna, in questa nostra terra vorranno credere per il loro domani.