Centralità della Sardegna e zona franca

“Centralità della Sardegna e zona franca” (1983)

I grandi temi dello sviluppo visti nella loro interdipendenza acquistano rilevanza e prospettiva solo nell’ottica sardista per l’originalità delle soluzioni. Non si potrà mai concretamente parlare di continuità territoriale e di conseguente integrazione del popolo sardo nel contesto italiano e comunitario se l’isola, proprio in virtù del suo rapporto con il mare, non si darà un’economia marittima. Ecco un obiettivo fondamentale! Chiusi nella logica del mercato interno siamo condannati alla marginalità e quindi all’emarginazione. Rompere con l’isolamento economico e civile è possibile solo governando i collegamenti marittimi e quindi riguardando il mare non quale limite, ma come una risorsa. Confiniamo, nel Mediterraneo, attraverso al mare con tre continenti e costituiamo un naturale punto d’incontro per l’economia dei suoi stati rivieraschi. Siamo, altresì, il punto d’arrivo ed irradiazione dei commerci provenienti e diretti oltre oceano. Centralità mediterranea e zona franca costituiscono, in uno all’inter­na­zio­na­liz­zazione dell’economia sarda, aspetti diversi dello stesso obiettivo di sviluppo globale cadenzato dal progressivo ritorno al mare delle popolazioni sarde. Se questi sono alcuni dei grandi temi che attengono alla crescita dei valori oggi imprigionati dagli oligopoli privati e pubblici operanti in Italia, nell’Europa e nel mondo, non minore rilievo assume il ruolo di politica istituzionale che il Partito è chiamato a svolgere nella prossima legislatura.

Se il voto degli elettori premierà il nostro impegno in misura adeguata , andremo a costituire l’unico polo di aggregazione parlamentare del regionalismo italiano. L’involuzione centralistica che oggi falcidia la nostra autonomia, la produzione le­gi­slativa dei Consigli regionali del Paese, l’invadenza sempre più greve e devastante dei poteri centrali dei ministeri, del Parlamento e della stessa Corte Costituzionale, ha suscitato un diffuso partecipato e sofferto moto di resistenza auto­nomistica, costretto oggi entro ambiti genericamente protestatari, emble­ma­ti­ca­mente rappresentati, ma solo per eclatanti episodi, dalla Regione sarda a guida sardista. Se nel prossimo Parlamento sapremo essere i degni continuatori della nobile tradizione federalista dei fondatori del Partito, renderemo altamente possibile e concretamente realizzabile il loro disegno originario: costituzione del Partito Federalista Italiano attraverso i partiti d’Azione articolati nelle Regioni sul modello del nostro.

Sarà una ventata di democrazia che ringiovanirà le sclerotizzate strutture par­ti­tiche oggi inaridite da anni di gestione rissosa di un potere incapace di progetto e di speranza. Un disegno così ambizioso (l’unico che per altro legittimi la nostra ragion d’es­se­re), mentre apre la prospettiva sull’Europa comunitaria dei popoli, chiama a rac­col­ta tutti i sardi che credono nei valori del sardismo.

Ma attenti! Mentre chiamiamo tutti i cittadini a questo appuntamento della storia, per riappropriarcene ed acquisire il diritto di scriverla da protagonisti, non ci con­sente di chiuderci nella solitudine pur esaltante della militanza. Abbiamo combattuto insieme per la Sardegna e i sardi, e con loro dobbiamo aprire la strada del futuro.

Sardo è ovviamente il popolo costituito dai nativi, ma altresì da quanti sanno fare una scelta di vita insieme a noi, qualunque sia la loro terra d’origine. Gente che ami come noi non solo le cose belle e suggestive di Sardegna, ma anche le sue atroci brutture, le sue spossanti malattie, dalla criminalità nelle forme più turpi, alla disoccupazione diffusa e lacerante, all’emarginazione, alla talassemia, per mon­dar­ne il corpo sociale di Sardegna e restituirgli dinamismo, vigore, vitalità, una giovinezza fatta di modernità, costruita sui valor dei padri. La fede incrollabile dei militanti, la forza razionale della cultura dovranno essere gli elementi che fondendo insieme sensibilità ed intuizione politica, esalteranno capacità di analisi ed elaborazione progettuale. Chiamiamo a noi questi sardi e affidiamogli le nostre bandiere. Non conquisteremo l’Italia ma la simpatia degli italiani. Non si può vivere di rendita, men che mai in politica. I temi dell’economia marittima, del rapporto con i mercati di produzione e con­su­mo, visti nell’ottica del sistema industriale sardo; l’internazionalizzazione dei commerci da realizzare, così come quelli di una forte azione volta alla riap­pro­pria­zione dei valori culturali ed etnici dovranno tradursi in concrete iniziative politiche tanto più credibili quanto più saranno limpide e semplici nelle loro pur complesse motivazioni.

Ma saranno credibili se a proporle saranno protagonisti.