Io ho ascoltato con grande interesse gli interventi che ho avuto la fortuna di poter seguire ed ho rilevato come molte cifre, molti dati che sembrerebbero contraddire nostre esperienze meritino approfondimento, verifica e elaborazione in relazione alle ipotesi che possono trovare base sui dati che con tanta competenza, professionalità, rilievo scientifico ci sono stati forniti. Restano emergenti i dati politici di una condizione di marginalizzazione dell’economia sarda legata al sistema dei trasporti che supera qualunque analisi e qualunque citazione di dati.
La Sardegna subisce con l’insularità un processo di isolamento che è fatto economico, che è fatto politico e non geografico quale è invece l’insularità. Ed è una considerazione abbastanza amara che essendo un’isola circondata dal mare non si pongano le condizioni per lo sviluppo dell’economia marittima. Un popolo prigioniero nelle sue coste che vive all’interno di un’economia chiusa dalla barriera invalicabile del mare, il mare come ostacolo e non come risorsa, il mare che pure è il respiro delle grandi civiltà che proprio sul mare hanno avuto la loro origine ma che per la Sardegna ha rappresentato invece un limite, uno sbarramento, evidentemente trova la sua genesi nella politica e nella politica del trasporto: naturalmente in chi questa politica ha potuto decidere, in chi questa politica ha potuto praticare, in chi di questa politica era responsabile, il titolare. Non certo i sardi. Almeno da duemila anni a questa parte i sardi sono oggetto di trasporto, non soggetti decisionali della organizzazione dei loro trasporti.
È un dato politico che merita riflessione e che anche sul piano scientifico e delle grandi analisi forse meriterebbe qualche approfondimento. Non tutto si risolve nelle tecnologie ma anche nei momenti formativi delle grandi linee di indirizzo pubblico. Ed è strano che si parli qui di riequilibrio che le Regioni svantaggiate rimaste in ritardo nello sviluppo debbono realizzare nei confronti delle Regioni più avanzate e non solo a livello nazionale ma internazionale ed europeo perché il ’92 incombe, e siamo chiamati a confrontarci con i giganti dell’economia in Europa e se a quella data non avremo realizzato il riequilibrio saremo ancora una volta colonizzati, ancora una volta resi sempre più oggetto di altrui politiche e non soggetti protagonisti del nostro sviluppo.
Il trasporto è certamente un momento fondamentale di questo: è un momento fondamentale del riequilibrio, è un momento fondamentale per far entrare la Sardegna in Europa, attraverso l’Italia, attraverso le politiche dello Stato italiano perché non avrebbe molto significato un dialogo regionale dei trasporti che non sia in consonanza con il piano nazionale dei trasporti e se il piano nazionale dei trasporti non ingloba in sé il piano regionale dei trasporti questo non può che essere una parte necessaria, essenziale, integrante del piano nazionale dei trasporti. E in questo senso ha significato quell’impegno così rigoroso, serio, approfondito che questo convegno sta esprimendo, e in questo senso io voglio esprimere il mio apprezzamento per l’iniziativa, per la partecipazione, per il valore delle relazioni che ho avuto l’opportunità e la fortuna di ascoltare e che il collega Ferrari prima di tutto, ma tutta la Giunta regionale valuteranno con tutta la serietà e l’attenzione che questi contributi meritano.
Certo, il quadro non è dei più incoraggianti. Il trasporto non è un fatto ideologico: è un fatto operativo che si inserisce in una prospettiva programmatica non neutrale, fine a se stesso, ma è finalizzato agli obiettivi dello sviluppo e quindi come tale deve trovare i suoi riscontri nelle azioni che sono poste in essere perché la programmazione si realizzi. Il trasporto passa per le strade sulla gomma, passa per le vie del mare con le navi, passa sulle rotaie con i treni, passa per le vie del cielo attraverso gli aeroporti. E debbo dire che in questo momento in Sardegna si stanno realizzando alcune infrastrutture portuali di grande significato. Il porto terminal di Cagliari è certamente un’opera di grande rilievo, il porto di Porto Torres è ugualmente un porto capace di garantire una dinamica di scambi nazionali ed internazionali di tipo industriale così come la prospettiva del porto di Olbia egualmente e sul piano commerciale e dei passeggeri e anche su quello industriale in una prospettiva di un asse Porto Torres-Olbia ha certamente la suscettibilità di contribuire in modo significativo alla crescita. E certamente ha ragione l’ultimo ingegnere che ha parlato: attenzione a certa conflittualità perché se il porto si paralizza diventa un punto di strangolamento del collegamento e della fluidificazione dei trasporti anziché un momento di impulso e di sviluppo.
E noi ci preoccupiamo di interrogarci anche sulla organizzazione per la gestione o quali soggetti dovranno gestire questi porti, con quali criteri si dovranno riguardare i porti, se come un servizio e non come avviene, che debbono produrre sviluppo, economia, aziende che debbono sviluppare un’attività competitiva, concorrenziale, come gli altri porti che debbono attrarre i flussi di traffico contendendoli ad altri porti. È un’attività in piena competizione concorrenziale. Il porto deve apparire come una struttura inserita nella economicità delle gestioni per dare agli operatori portuali le migliori opportunità nel minor tempo possibile con la maggiore dinamica che comporta la competitività nei trasporti marittimi. E questo quindi ci pone delle grosse responsabilità, di scelta, e dovremmo interrogarci con i Comuni dove i porti hanno sede, con le Camere di Commercio, con le amministrazioni provinciali, con le organizzazioni imprenditoriali, con gli operatori portuali, con le aziende dei mezzi meccanici, con le compagnie portuali, con tutti i soggetti insomma che ruotano intorno alla vita portuale perché la vita e la prospettiva della Sardegna passa in larghissima misura attraverso i suoi porti.
E per l’Isola, un’isola, non ci può essere altro interrogativo. Oristano ed Arbatax evidentemente completa in questo quadro che ho tracciato dei porti più rilevanti della Sardegna, il panorama dei punti di collegamento della Sardegna con il mondo, col Mediterraneo, perché noi non siamo una felice periferica d’Europa, siamo il centro del Mediterraneo e dobbiamo assolvere ad un ruolo Mediterraneo o questo sarà la Sardegna, sarà sempre un mercato marginale e come tale emarginato e come tale subalterno e come tale assistito e come tale asfittico e in condizioni di estrema precarietà e come tale ispirato sempre a criteri sociali del trasporto mentre noi riteniamo che esistano i presupposti perché la Sardegna diventi punto di snodo, di traffici, correnti economiche che si svolgono nel Mediterraneo. Certo, Gioia Tauro ha la terra ferma, ma Cipro non ha terra ferma, ma Malta non ha terra ferma eppure le grandi compagnie marittime che operano nel mondo fanno capo a queste isole, perché mai non dovrebbero far capo alla Sardegna, l’importante è che si creino le infrastrutture portuali che queste consentano che possano approdare le grandi navi che fanno i percorsi oceanici e che debbono distribuire le loro merci nei singoli porti e non possono fare il giro di questi per l’antieconomicità dell’operazione per cui scaricano tutte le merci in un unico porto che poi navi-postino si incaricheranno di irradiare nel Mediterraneo facendo riaffluire dal Mediterraneo le merci perché possano essere indirizzate oltre oceano.
Questo ruolo la Sardegna lo può fare, è equidistante da Tunisi rispetto a Napoli, rispetto a Civitavecchia, siamo tanto vicini all’Africa Settentrionale quanto all’Europa Meridionale, siamo un punto di incontro dell’economia Mediterranea, delle economie intercontinentali non solo interstatali, intercontinentali e questo ruolo noi siamo in grado di assolvere, lo dobbiamo assolvere nella politica dello Stato e non del Presidente della Giunta regionale o dell’assessore ai Trasporti della Sardegna ma nella politica dello Stato va riconosciuto questo ruolo fondamentale alla Sardegna. Certo è meglio Livorno, e gli interessi che ruotano su Livorno sono maggiori e noi siamo certo una forza di debolezza eppure siamo Italia anche noi.
Allora l’Italia è un Paese dove gli scontri di forza premiano gli interessi globali e generali del Paese. Siamo in un Paese di solidarietà o siamo in un Paese di prevaricazioni? Se questo senso ha, allora il ruolo della Sardegna deve emergere in tutta la sua forza propulsiva come proiezione dell’economia italiana, dell’economia occidentale, dell’economia europea, verso i Paesi mediterranei, verso i Continenti mediterranei. Io vedo quanta adesione, quanta simpatia vi sia nei Paesi del Nord Africa verso la Sardegna. Eppure quanta solitudine si crea intorno alla Sardegna, ed è una solitudine politica. Certo quando penso che anche un programma di finanziamento ferroviario, e davvero non mi sarei aspettato quelle riflessioni che sono state svolte nell’ultimo intervento a proposito della ferrovia, quasi che da Reggio Calabria a Milano non si incontri qualche mercato intermedio, mentre da Civitavecchia a Olbia neanche una bancarella si incontra. Eppure da Reggio Calabria a Milano si incontra il mercato della Campania, che è un mercato di milioni di possibili acquirenti, e si va da Reggio a Milano, così, nel vuoto più assoluto? Non ha senso parlare di un milione e mezzo o due milioni da Reggio a Milano o da Civitavecchia a Milano, perché noi abbiamo 200 km di mare dove il vuoto, il totale di mercato rende completamente passivo quel transito, mentre diverso è per chi deve attraversare tutte le zone più popolate d’Italia. E quindi tutti i possibili mercati che possono costituire supporto a pagare le spese di questi trasporti.
Dicevo noi abbiamo bisogno di ricavare un nostro ruolo ma quando penso che per la ferrovia, che è stata finanziata con una legge speciale, e nella legge speciale si prevedono gli obiettivi, si individuano addirittura i locomotori e improvvisamente perché nella gestione della finanziaria del prossimo anno si decide di fare dei grossi tagli, si abroga quella legge, praticamente e dai mille e più miliardi necessari si scende a 430 miliardi che sono iscritti ipocritamente nel bilancio dell’Ente ferroviario, perché si sa benissimo che non potrà essere spesa neanche una lira, perché non funzionale a niente, perché non si può realizzare nulla di funzionale con quei 430 miliardi. Quindi non si spenderanno, saranno dirottati in altra direzione è la condanna della Sardegna, noi non l’accettiamo. Ho chiesto al Ministro dei Trasporti un incontro che spero di poter realizzare mercoledì, ne abbiamo già discusso paventando, questo agli inizi dell’estate, una possibile minaccia per gli investimenti in questo fondamentale settore. Ma che significa! siamo l’unica Regione d’Italia a non avere un metro lineare di ferrovia elettrificata, siamo l’unica Regione d’Italia a non avere neanche un metro di ferrovia a doppio binario per cui i treni si incontrano ancora nelle stazioni, previe telefonate reciproche fra i capi stazione per informarsi a chi per primo ha visto o ha avuto notizie del treno, in modo che non si scontrino stiamo viaggiando ancora a meno di 50 km orari come velocità commerciale, a meno di 50 km orari. Ma quale riequilibrio mai, siamo nell’archeologia ferroviaria, quale riequilibrio mai è ipotizzabile se la politica dei trasporti dello Stato ci lascia in una condizione per cui neanche il treno si può perdere perché cammina così piano che lo dobbiamo raggiungere comunque.
Non abbiamo nessuna possibile scusa, ecco, dobbiamo cominciare a ragionare, quando Bernardi parlava di quell’orditura nella quale confluisce tecnologia, organizzazione, efficienza, capacità, dinamismo e io pensavo a questa situazione e alla politica che il Governo nel suo complesso, quindi, l’Ente ferroviario nel suo Consiglio d’Amministrazione vanno facendo nei nostri confronti, che senso ha? Noi possiamo disquisire ad alto livello scientifico, io ho ascoltato con grande attenzione ed interesse le molte bellissime cose che sono state dette, ma senza finanziamenti non si fa assolutamente nulla di tutto questo.
Ma questa è la situazione sotto il profilo ferroviario. Un collegamento che però era nato mica per la Sardegna, ma da realizzare in Sardegna, ma per servire quali interessi? Quelli delle industrie che dovevano sperimentare i locomotori da alimentare con corrente elettrica a 25 mila anziché a 3 mila e poiché questo tipo di tecnologia è molto in uso nei paesi del terzo mondo dove si devono trasportare grandi quantità ma non ad alta velocità e non si sapeva come sperimentarlo. E dove si poteva sperimentare? Tutta l’Italia è coperta da una rete ferroviaria alimentata da corrente a 3 mila. Non si poteva sperimentare. E allora? Proviamo in Sardegna. Ed hanno individuato la Sardegna per la sperimentazione di queste tecnologie. Ma le velocità commerciali restavano identiche e precise, quattro e più ore per collegare i duecento km tra Cagliari e Sassari. Vi fu uno scontro, confronto, naturalmente, sempre ad alto livello politico, non uno scontro frontale, personale, con l’allora Ministro dei Trasporti, l’on. Signorile, a Sassari e in quella occasione Signorile riconobbe che effettivamente questa era la realtà, ma che la Sardegna comunque ne traeva vantaggio perché l’elettrificazione in fin dei conti comportava anche un investimento che dava lavoro, che teneva occupati 300-600-1000 operai. È chiaro che in quella condizione il Presidente della Regione rifiutò di sottoscrivere il protocollo d’intesa e ci vollero altri sei mesi, nel dicembre di quello stesso anno, finalmente trovammo il punto d’incontro e si ridussero le velocità commerciali a due ore e un quarto, sia pure in una prospettiva non immediata, per il collegamento Cagliari-Porto Torres (230 km).
Tutto questo è nuovamente saltato, ha avuto l’ordine di saltare tutte le varianti che erano state proposte per ridurre i tempi tecnici di percorrenza, di saltare le varianti delle pendenze, di saltare le varianti delle modifiche dei raggi di curvatura, di tutto ciò che insomma favoriva una maggiore rapidità commerciale, per realizzare così come era inizialmente progettato e quindi risparmiare sino all’osso entro i 430 miliardi. Non di meno, non bastano lo stesso. Ecco, siamo in questa situazione, le tecnologie che voi avete illustrato sono molto affascinanti, però, qua sono un’esercitazione piuttosto astratta e teorica perché non trovano grandi possibilità.
E la politica del trasporto su strada? Mille e cento dodici miliardi che l’Anas dovrebbe appaltare per tutta una serie di strade che interessano tutto il territorio regionale da Sassari a Oristano a Cagliari e Nuoro. E non per eccezionali cose, per grandi manutenzioni, per apertura di nuove strade ma non per esempio per la Oristano-Arbatax che consentirebbe di reinserire nei circuiti della economia -sarda, nelle aree economiche sarde tutto il Sarcidano, il Mandrolisai, queste zone del Gennargentu tagliate fuori dall’economia della Sardegna e tutte le aree del Sarrabus, del Gerrei che verrebbero recuperate, zone di sottosviluppo, tutta l’Ogliastra che costituisce il punto di maggiore involuzione nell’economia della Sardegna. Ecco quella strada non è ancora prevista così come non è previsto il rifacimento su linee di nuova progettazione della Orientale Sarda. Delle rettifiche, delle modifiche, importanti. Neanche una lira di questi 1.300 miliardi è cantierato. Si stanno solo completando i lavori degli svincoli di Monastir a 18 km da Cagliari, gli svincoli di Monastir, credo che alla fine di quest’anno saranno finalmente finiti, e poi Ballao, S. Vito, un piccolo tratto di strada in totale 60 miliardi di lire oltre quei 1.200-1.180 miliardi (mi pare) che rappresenta gli stanziamenti di cui l’Anas dispone da anni e che non si spendono. Dove camminiamo? Su quali strade facciamo mobilitare il nostro sviluppo?
Sono problemi reali, concreti. Certo andiamo a vedere cos’è il trasporto marittimo e ci troviamo di fronte al monopolio di fatto della Tirrenia. La pluralità dei vettori è poco più di un’aspirazione, nonostante alcune coraggiose iniziative che l’Amministrazione regionale guarda con estremo interesse, con estremo favore, sostanzialmente chi domina i collegamenti della Sardegna ignorando però le istituzioni, ignorando la Regione, è la Tirrenia. Io ho provato a parlare col Ministro ma anche il Ministro è abbastanza ignorato dal Consiglio di Amministrazione della Tirrenia, il Ministro della Marina Mercantile e tutto sommato trova difficoltà di dialogo anche il Presidente dell’IRI. Sono delle aree di autonomia, delle aree nelle quali praticamente non si riesce a penetrare. Quando abbiamo chiesto, sollecitati dagli operatori economici sardi, dagli operatori turistici, un dialogo con il massimo vertice della Tirrenia, è venuto il Presidente, persona garbatissima, persona di raffinata e squisita cortesia, ma senza poteri, senza capacità decisionali reali e abbiamo fatto un excursus insieme di tutte le possibilità che però non si sono tradotte in nulla di operativo perché, perché il momento decisionale non s’è visto. Questo signor amministratore delegato che credo l’amministratore sostanzialmente unico ancorché assistito da un Consiglio di Amministrazione, non ha ritenuto di dialogare con l’Amministrazione regionale.
Ecco a questo punto credo che dovremmo aprire un contenzioso di tipo diverso. Noi certo abbiamo elaborato un nostro piano regionale dei trasporti. È un piano regionale che ci comprende tutte le opportunità e le potenzialità ed è un piano regionale nel quale ogni collegamento interno è visto nella sua proiezione esterna. Certo, ha ragione Bernardi, a prescindere dalla strada Livorno-Civitavecchia o altre possibili strade, ma ha perfettamente ragione quando dice fatevi carico, della proiezione, una volta sbarcati nel Continente e quali sono le vie che privilegiano i collegamenti sardi con i grandi mercati nazionali ed internazionali. E di questo ce ne facciamo carico e a ben guardare il nostro piano regionale dei trasporti è proprio studiato in questa prospettiva, solo che tutte le elaborazioni passano poi attraverso la strettoia della loro esecuzione e l’esecuzione non è praticamente possibile, l’esecuzione non è nella prospettiva immediata, noi ci troviamo a dover fronteggiare situazioni che sono a dir poco antisarde, quando la Tirrenia ci fa i costi certo che noi non vogliamo neanche per un momento pensare che queste aziende di trasporto possano realizzare profitti debbono realizzare deficit ma debbono essere gestite con maggior rigore amministrativo in modo che si raggiunga il massimo risultato con le spese essenziali se vogliamo essere presi sul serio in Europa, se vogliamo essere competitivi anche con le aziende private che riescono a realizzare costi estremamente più favorevoli delle aziende pubbliche.
Questa società di navigazione gestisce per l’80% i trasporti della Sardegna e non assume personale sardo, assume personale campano, meritevolissimo, intendiamoci, ci mancherebbe altro che noi contendiamo ai disoccupati della Campania il diritto al lavoro, ma che si portino via il lavoro nostro certo non è molto simpatico, non è molto bello, non è molto apprezzabile, non rende la Tirrenia molto accettata dai sardi, contribuisce anche questo, un sistema di prenotazioni che ha dell’allucinante, che risponde che i posti sono già tutti venduti dal primo di gennaio per cui uno che dovrebbe venire in Sardegna non è in grado, uno che vuole venire in Sardegna ad agosto deve prenotarsi a gennaio e deve stabilire con esattezza il giorno o la notte in cui si imbarcherà, questo da gennaio, perché altrimenti non ha alcuna possibilità neppure di venire a riabbracciare i figli o la madre o tornare al suo paese dopo anni di struggente emigrazione, perché? Ma perché si rifiutano di avere i computer, quelle tali tecnologie, di avere i mezzi elettronici di avere quei mezzi attraverso i quali è possibile in tempo reale conoscere le disponibilità dei posti. La verità è che l’Alitalia questo lo può fare per gli aerei non lo può fare la Tirrenia per le sue navi.
Noi ci muoviamo in questo senso, noi stiamo parlando di trasporti in queste condizioni. È inutile fare a velocità supersonica 200 all’ora il tratto da Milano a Civitavecchia se poi arrivati a Civitavecchia dobbiamo camminare con passo lentissimo, delle strade che non ci sono, delle strade che sono insufficienti, che sono inadeguate, nelle quali la velocità altro che 100 o 110 km all’ora, tolte le nostre superstrade, bisogna andare a 16 km all’ora per avere velocità prudenziali perché oltre i 16-20 km all’ora sono pericolose, abbiamo un’altissima percentuale di mortalità nelle nostre strade perché non si fanno i lavori di rettifica necessari e il trasporto è un fatto anche di sicurezza, le certezze nel trasporto sono anche in parte assicurate dalla percorribilità delle nostre strade. Ecco perché io credo che grande merito abbia l’associazione per lo sviluppo dei trasporti in Sardegna nell’avere organizzato questo incontro.
È un momento di riflessione, è un momento di impegno, è un momento che è di fiducia perché nonostante queste difficoltà noi siamo certi che gli amici della Sardegna, ma gli amici di uno Stato che deve procedere in modo armonico, in modo equilibrato, in modo che tutte le popolazioni siano coinvolte nel processo di sviluppo e di crescita si mobiliteranno perché anche per la Sardegna venga un’ora di reale rinascita, non ha molto significato dire che si fa l’intervento straordinario e che la Sardegna è ricompresa tra le Regioni Meridionali pur non essendo una regione meridionale né per storia né per geografia ma perché è rimasta come regione meridionale in ritardo nello sviluppo quindi meritevole dell’intervento straordinario. Che senso ha se poi ci vengono a mancare gli investimenti ordinari, che senso ha il Piano di Rinascita, altro intervento straordinario specifico per la Sardegna, 200 miliardi all’anno se ce ne fanno mancare 300 nell’intervento ordinario in quelli degli investimenti nell’ordine dei 600 miliardi come questo della ferrovia.
È un discorso importante che investe la Sardegna nella sua globalità ed è giusto che abbia trovato occasione in questo convegno sui trasporti, perché il trasporto è condizione essenziale di sviluppo, è un punto attraverso il quale si aprono le prospettive, le strade si aprono, le strade si chiudono. Ecco il merito quindi di questa iniziativa, di questo incontro, di questo dibattito. Noi non abbiamo denunziato queste cose per lamentazione ma perché riteniamo di contribuire con il rivendicare l’esigenza che queste cose si realizzino secondo logiche necessarie e già riconosciute, addirittura consacrate nelle leggi. Perché si realizzino non tanto per favorire o privilegiare la Sardegna ma per restituire allo Stato la sua credibilità, restituire ai cittadini i principi di eguaglianza che non dividono più i cittadini di prima categoria dai sudisti che sarebbero di seconda categoria. Noi vogliamo essere nello Stato cittadini che contribuiscono con i propri impegni allo sviluppo globale del Paese avendo dallo Stato la necessaria solidarietà.