Consiglio regionale della Sardegna, Cagliari, 11-2-1985
Onorevoli Colleghi,
a noi è stata proposta, in termini di estrema urgenza – ed in tali termini dobbiamo dare una risposta – una modifica del Titolo III dello Statuto che a titolo definitivo non possiamo assolutamente accettare.
Comprendiamo l’urgenza di dare una risposta al Governo, comprendiamo la necessità di dare un minimo di certezza alle entrate regionali ma nessuno di questi motivi ci sembra minimamente sufficiente per farci deflettere da una battaglia che costituisce uno dei patrimoni ideali del nostro partito, direi una delle istanze storiche del movimento sardista fin dalle sue origini.
La nostra posizione, che è poi la nostra linea politica di sempre, è che lo Stato non può né deve imporre tributi in Sardegna essendo questo diritto riservato esclusivamente alla Regione la quale potrà concedere allo Stato, a determinate condizioni ed in determinate circostanze, una quota di ciò che la Regione riscuote, quota da correlarsi con la capacità contributiva delle altre Regioni e con la popolazione di queste rispetto a quella Sarda.
Sappiamo bene che questa linea non fu accolta dal legislatore costituente che già ci diede un’autonomia incatenata, una parvenza di autonomia la cui espansione noi avremmo dovuto conquistarci di volta in volta con la lotta politica improntata a dignità, fermezza ed unità.
Ora noi abbiamo esaminato il documento della commissione finanze che viene proposto
al Consiglio.
(…) nostro sacrosanto diritto all’autogoverno e quindi all’autonomia finanziaria, potremmo anche, in linea di larga massima concordare su certe istanze sempre che esse riguardassero il contingente. Se dobbiamo risolvere il problema di finanziare subito la Regione e questa deve essere una soluzione provvisoria potremmo anche accettare certe istanze. Ma dovrebbe essere ben chiaro – il che non ci sembra – che noi non stiamo assolutamente ipotecando la totale riforma del Titolo III dello Statuto e che questa riforma noi andremo ad operare incidendo in ben altro modo sulla modifica statutaria e quindi realizzando in ben altra misura la specialità della nostra autonomia.
I calcoli ed i raffronti che sono circolati per convincerci che la proposta del Governo è conveniente non ci convincono affatto perché non tengono conto che nella situazione attuale a noi viene sottratta la quota afferente le imposte dirette e che tale sopruso il Governo sta attuando impunemente dal 1972.
Ma quel che ci preoccupa è il fatto che si allontana, con le proposte governative, la prospettiva di poter utilizzare il volano fiscale per incidere sulle scelte di fondo che la nostra classe politica dovrà fare nella società sarda, in una parola per fare seriamente ed effettivamente politica.
Altro fatto inaccettabile è che la prospettiva di crescita e di finanziamento della Regione sia rimessa alle scelte governative e che noi non abbiamo saputo imporre al momento giusto e con i tempi che una simile operazione richiedeva, le nostre scelte in questa materia.
Del resto non le abbiamo neppure sufficientemente dibattute ed ora noi ci troviamo a dover frettolosamente assumere decisioni che possono voler dire anche la fine di un’effettiva autonomia.
Non abbiamo del resto nessuna garanzia che le istanze che oggi il Consiglio dovrebbe far proprie vengano recepite, sia pure in futuro, dal Governo.
L’autonomia della Sardegna è insomma una cosa troppo seria e troppo importante perché noi si possa prendere a cuor leggero una qualsiasi decisione anche modificativa, rispetto alle proposte del Governo.
Ribadiamo ancora che la garanzia maggiore che noi avremo necessità di chiedere e che sappiamo nessuno ci può dare è quella che ogni decisione in questa materia sia provvisoria e che vi sia il solenne impegno del Governo di arrivare entro il 1985 alla riforma del Titolo III dello Statuto di concerto con la Regione. Poiché questa garanzia non ci viene data preferiamo non accettare le proposte, apparentemente migliorative (ma di fatto non lo sono perché basta che voi aggiungiate alla situazione attuale delle entrate la quota dell’IRPEF e dell’IRPEG sottraendo la quota mobile ex-IGE per comprendere che con l’attuale legislazione noi introietteremo più) perché non possiamo ipotecare in misura così grave il futuro della Sardegna: preferiamo percorrere altre vie, inclusa quella del ricorso alla Corte Costituzionale, ove possibile per farci riconoscere il maltolto in base alla legislazione vigente, rifiutando certi atti d’imperio che il Governo deve smettere una volta per tutte di perpetrare ai danni della Sardegna.
Onorevoli Colleghi,
io mi avvio a concludere. Col vecchio sistema statutario, che il Partito Sardo criticò subito, all’indomani dell’approvazione dello Statuto stesso, tutta la materia tributaria restava di competenza dello Stato e veniva pertanto totalmente sottratta alla Regione la quale non aveva e non ha nessuna facoltà,e nessuna competenza, salvo che per eventuali tributi regionali: il che nessuno avrà mai, per almeno nn secolo, il coraggio di imporre, sopratutto per la paura fisica di finire appeso per il collo!
Essendo stata così “fatta fuori” la Regione non ha avuto, negli anni passati, altra possibilità che la “conversazione” col Ministro, con questo o con quel direttore generale e la possibilità o la speranza di ottenere qua e là un qualche regalino per il maggior gettito, mentre mai si è neppure preoccupata di ottenere per i sardi un qualche “ammorbidimento” della pressione fiscale così dannosa ed intollerabile per l’Isola.
Noi abbiamo posto da tempo l’esigenza di modificare il Titolo III dello Statuto (non per nulla modificabile con legge ordinaria) sia al fine di dare maggiore autonomia finanziaria alla Regione sia al fine di consentirle una manovra fiscale e cioè di fare, in termini moderni e reali, scelte politiche. Scelte che potevano e portranno contenere una maggiore o minore misura di giustizia e di saggezza e sulla quali, comunque, dovrà giudicare l’elettorato, dovranno giudicare i sardi che, speriamo, finalmente si occuperanno anche un po’ delle loro faccende oltre a far voti – e ci associamo tutti! – per la pace mondiale.
Questa era ed è l’occasione per arrivare a certe modifiche che riconoscano la “specialità” della nostra autonomia. Non certo per mortificarla al punto di annullarla. Nel rimetterci alla decisione del Consiglio però dichiariamo solennemente che per noi sardisti la battaglia non sarà finita comunque, noi dovremo continuare anche fuori da quest’aula la nostra lotta serrata.
Se l’autonomia non esisterà più, se al suo posto vi sarà una farsa dolorosa, se lo Stato viola impunemente e disapplica lo Statuto, se invece di riavere il nostro, quel che ci fu tolto rendendoci ancora più miseri, ci si costringe a darà ancora di più, noi non possiamo credere che non vi sia più nessuno, in Sardegna, disposto a raccogliere l’appello ed a stringersi attorno ad una bandiera, ad un partito che sia “sardo” veramente e che intenda “agire” in difesa dell’Isola. Noi non subiremo, ci rifiuteremo di subire soprusi!