Sciopera il presidente – L’Unione Sarda – 29 maggio 1982

Non era mai successo che un presidente della Regione parteci­passe ad uno sciopero generale. È avvenuto ieri: e Mario Melis (distintivo dei Quattro Mori bene in vista) si è fermato una buona mezz’ora in mezzo agli striscioni e alle bandiere dei consigli di fab­brica, poi ha partecipato a un bel pezzo di corteo.
Sarebbe venuto anche se fosse stato meno «precario» co­me capo della Giunta?
«Ci sarei venuto a maggior ra­gione. I motivi dello sciopero li condivido in pieno. In sostanza si chiede lavoro. Perché dovrei es­sere contrario?».
Qualcuno dice che lei è qui per demagogia.
«Mi risulta che la demagogia sia una degenerazione della demo­crazia. Questo sciopero è fatto da gente pensante».
Questo sciopero è nato anche contro di lei, contro una Re­gione che non sa darsi nemmeno un governo.
«Non c’è dubbio. La gente è giustamente su posizioni critiche con i partiti. Mi auguro che anche questa manifestazione serva a far capire che le divisioni non servo­no, che occorre stringere i tempi su cose reali».
Presidente quante colpe ha la Regione per lo sfascio della Sardegna?
«Moltissime, lo sappiamo tutti. Ma stare fermi non giova, anzi! Mi auguro che prevalgano vi­sioni generali, prendendo anche il buono del passato, ma andando avanti».
Arrivano altri assessori (Andrea Raggio, Emanuele Sanna, Antonio Sechi), consiglieri regionali, depu­tati (Giorgio Macciotta, Salvatore Mannuzzu, Francesco Macis, Ma­rio Pani). E si sente parlare an­cora del «logoramento dei rap­porti fra i partiti».
Dal «presidente» si avvicinano giovani di «Sardinna e libertade»: offrono il loro giornale.
A propo­ste assai drastiche Melis replica: «L’isolamento non ha mai crea­to progresso. Dobbiamo superare i particolarismi e puntare ad unità più vaste». Gli chiedono: «Ce la fa­rà a formare la giunta?». Mario Melis chiama l’autista e parte per Nuoro. Parlerà di parchi e di ver­de.