In Sardegna è iniziato il dibattito politico sui riflessi delle elezioni a livello regionale e in particolare sul significato del voto sardista. Mentre il PCI insiste sulla necessità che «La DC lasci la guida della Regione in quanto questa giunta non rappresenta la realtà isolana», le forze del pentapartito fanno quadrato e la DC passa al contrattacco nei confronti del PCI.
Il voto al Psd’Az è una semplice protesta nei confronti degli altri partiti o contiene una precisa proposta politica? Le valutazioni sono differenti. Secondo alcuni il Psd’Az ha raccolto la protesta di chi, nel resto dell’Italia, ha scelto la scheda bianca o nulla, secondo altri il voto indica una precisa linea autonomistica. In una intervista Mario Melis, neo deputato sardista, nega che il successo dei quattro morì sia solo una protesta. «I sardi si sono sentiti truffati dai partiti italiani — ha spiegato — ed hanno scelto l’unica forza che interpreta i loro problemi». Melis ha preannunciato quali saranno le battaglie sardiste in parlamento: la zona franca doganale, il problema dei trasporti e la continuità territoriale, il controllo del credito da parte della Regione per impedire l’esportazione di capitali in continente, una «vera» riforma del titolo terzo dello statuto per dare alla Sardegna una reale autonomia finanziaria, e il bilinguismo. «È stato un successo per il quale abbiamo lavorato tutta una vita».
Nel suo studio nuorese il neodeputato dei quattro mori Mario Melis non fa che ricevere visite e rispondere al telefono. È stanco e ancora emozionato. Il trionfo del Psd’Az ha premiato la tenacia dei dirigenti sardisti.»
C’è chi dice che il vostro è solo un voto di protesta.
«Lo nego. Il nostro non è soltanto un partito di opposizione, ma anche di governo e di proposta politica. Noi siamo interpreti dei problemi reali. Per questo la gente ci ha votato. I sardi hanno capito che i loro problemi vanno risolti con scelte autonome e che gli altri partiti, con un bilinguismo micidiale, sinora li hanno truffati dicendo una cosa a Cagliari e facendone un’altra a Roma, visto che dipendono dalle centrali italiane».
Dopo l’avanzata sardista, cosa cambierà alla Regione?
«Sbaglia chi crede che la nostra crescita si sia conclusa o sia solo un fatto episodico. Non siamo alla semplice ricerca di voti, ma chiediamo consensi per fare una vera politica regionalistica. Questa è l’indicazione che ha dato l’elettorato. Bisogna spazzare via il ritualismo politico, la finzione dalla politica che danneggia la Sardegna. Ci sono assessori che non fanno niente per i sardi, il loro unico compito è quello di aumentare le clientele per assicurarsi la rielezione e per aiutare il proprio partito. Noi abbiamo fatto anche scelte impopolari in giunta, come per la campagna antincendi, contro la caccia. Invece questo gruppo dirigente della Regione ha fallito e non può continuare a giocherellare con la tragedia di un popolo che sta affondando».
Lei va alla Camera, Giovanni Battista Loi al Senato. Quale sarà l’attività parlamentare del Psd’Az?
«Abbiamo dei progetti precisi. Innanzitutto riproporremo la legge per la zona franca doganale, chiedendo la solidarietà degli altri parlamentari, primi fra tutti quelli sardi».
La legge già discussa dalla commissione parlamentare era stata presentata proprio da lei al Senato. Ripresenterà lo stesso testo?
«I contenuti saranno quelli. Bisognerà vedere se altri vorranno arricchirla con proposte in positivo. C’è forse da studiare meglio, per renderlo più agile e funzionale, il governo della zona franca. È la parte più difficile, perché l’esecuzione doganale può dare uno sviluppo tumultuoso e non corretto se non lo si fa rientrare in un ambito di programmazione».
La zona franca, resta quindi, in parlamento, la vostra bandiera. Quali le altre proposte?
«Una proposta di legge sulla continuità territoriale, che sul piano politico va intesa come contiguità territoriale, cioè una distanza virtuale che ponga la Sardegna sullo stesso piano di tutte le altre regioni. Questo per garantire costi di trasporto competitivi. Il trasporto ora incide da noi per l’ottanta per cento sul costo finale del prodotto. La distanza virtuale Golfo Aranci-Civitavecchia dovrà essere applicata a tutte le linee tra la Sardegna e il continente».
Il problema delle tariffe non esaurisce, però, tutta la questione dei trasporti.
«E infatti la proposta di legge investirà tutto il sistema dei trasporti: potenziamento dei porti, dei collegamenti aerei, delle ferrovie statali e complementari, della rete viaria per togliere dall’isolamento le zone più svantaggiate. Questa legge sui trasporti dovrà essere concepita come un piano di rinascita, per superare il grave ritardo della Sardegna in questo campo. Non un fatto tecnico e tariffario, ma un fatto politico fondamentale».
In passato ha rivolto pesanti accuse per la gestione della Tirrenia. Chi gestirebbe la contiguità territoriale?
«Una compagnia di navigazione, che potrà essere anche la stessa Tirrenia, ma con sede in Sardegna, col 90 per cento del consiglio di amministrazione eletto in Sardegna, e con il personale assunto in Sardegna e non a Napoli o a Palermo. La copertura finanziaria, se le tariffe non bastassero la garantirebbe lo Stato. Non sono utopie, non sono proposte che provengono dalla mia fantasia».
Un altro problema dell’economia isolana è quello delle risorse finanziarie. Avete proposte anche in questo campo?
«Due. Una per il credito, l’altra per la riforma del titolo terzo dello statuto. La prima proposta di legge riguarda il controllo e il governo del credito in Sardegna, per impedire l’esportazione di capitali verso il continente, e l’estero. La maggior parte dei risparmi isolani, circa tremila miliardi, finiscono altrove per investimenti che non riguardano la Sardegna. La Regione deve avere la possibilità di indirizzare quei fondi verso attività produttive che garantiscono l’occupazione».
Quali richieste per il titolo terzo? Non è sufficiente la recente riforma?
«Il governo ha compiuto nei confronti dell’isola l’ennesima rapina; restituendoci solo una minima parte di quello che ci era dovuto. La Regione, secondo noi, deve avere il potere di decidere quali imposte imporre in Sardegna. Questo per programmare lo sviluppo dell’economia: solo così si possono colpire i consumi che servono a sottrarre risorse agli investimenti e si possono incoraggiare quelle attività che possono dare benefici all’occupazione».
Nei vostri programmi avete inserito le riforme istituzionali. Cosa proponete?
«Innanzitutto la trasformazione del Senato in camera delle Regioni, con lo stesso numero di rappresentanti per ogni regione, in modo da togliere il predominio alle zone più forti e ricche. Inoltre la corte costituzionale, quando si occupa di conflitti Stato-Regione, deve essere integrata da giudici rappresentanti delle Regioni nello stesso numero di quelli dello Stato ».
Per concludere lasciamo i problemi istituzionali ed economici per passare ad un tema politico, sociale e culturale, che vi è caro: il bilinguismo. Cosa farete?
«Riprenderemo questa battaglia, non c’è dubbio. Tenteremo di avere una linea in comune con altri partiti. Altrimenti porteremo avanti, con gli aggiustamenti richiesti dal tempo trascorso, la proposta di iniziativa popolare».
Non è solo una protesta – intervista di F. Peretti – La Nuova Sardegna – 30 giugno 1983
15 Gennaio 2025 by