Ora che il clamore suscitato dall’elezione di Efisio Serrenti a presidente del consiglio regionale si va spegnendo, dando spazio ai non pochi interrogativi sulla formazione della giunta, da militante sardista mi chiedo se il mio partito esiste ancora. Al quesito non si sfugge col silenzio o con l’inerzia. In politica nessun fatto suscettibile di mutarne il corso è indifferente. Con l’elezione, Serrenti ha spostato il quadro politico a destra proclamando per giunta d’essere erede di Anselmo Contu e di rappresentare la continuità politica del Sardismo. Se ha ragione lui non si capisce perché la direzione sardista e Meloni in particolare consideri l’elezione di Serrenti un affronto al Partito sardo e accusi di ciò, non solo Serrenti ma tutto il Polo che lo ha eletto. Se invece, come io credo Serrenti è il solito transfuga che tradendo il deliberato congressuale (che impegna il Partito a collocarsi nell’area nazionalitaria di centro sinistra, non solo ha oltraggiato tutto Partito sardo, ma se ne è messo fuori. Dicevano gli antichi latini: Tertium non datur non esiste altra possibile ipotesi: o ha ragione, o ha torto.
Se ha torto cosa aspetta direzione del Partito a prenderne atto? Meloni assume in sé tutti i poteri della segreteria e della direzione. Gli atti politici da lui compiuti dopo le dimissioni di Delitala si legittimano in base a tale criterio. Pur in assenza del segretario e della direzione ha continuato a deliberare e a decidere.
E decidere deve anche su caso Serrenti; sottrarvisi significa precipitare il Partito nel marasma e dire che ciascuno dei militanti è libero di assumere atteggiamenti contrari non solo critici (fatto del tutti legittimo) ma assumere comportamenti incompatibili con la linea del partito svolgendo ruolo di sostegno di altro partito, identificandosi con questo e rappresentandolo contro il proprio. Un tale andazzo comporterebbe la fine ingloriosa dei Partito sardo lasciando in vita gruppi e gruppetti aggregati intorno a capetti focali dispensatori di favori in un clima di diffuso clientelismo che proprio il nostro Partito ebbe il merito e onore di spazzare via – sin dal suo costituirsi negli anni 1920 – dallo scenario politico sardo.
Meloni ha esperienza politica e giuridica che gli consentono di adottare il provvedimento che ritiene più giusto: dalla sospensione all’espulsione. Il suo potere, in questa fase, non è collegiale ma monocratico; porta cioè da solo la responsabilità del decidere; ripeto: dalla sospensione all’espulsione. Il popolo sardista saprà così che all’interno de Partito vi è chiarezza, coerenza, fermezza di linea. Nessun limite al dibattito ma disciplina ferrea nei comportamenti. Io non so quanti hanno la possibilità di mandare dei fax, ma gli amici che sento esprimono con parole roventi viva reazione per l’offesa alla loro dignità sardista. Ignorarle sarebbe grave ingiustizia, favorendo il processo di disgregazione iniziatosi nella lotta tra bande scatenatasi nel partito dai primi anni ’90.
Sia chiaro l’inerzia della dirigenza metterebbe in crisi il Partito sardo, non i Sardismo. Questo è un valore che palpita nel cuore degli uomini, e attende solo il momento per diventare forza e guida dal nostro popolo. Non si compra né si vende; non è sul mercato. Scaturisce e si alimenta nell’acqua limpida di sorgenti che diventano poi i grandi fiumi della vita e quindi della storia dei popoli: libertà, giustizia, diritto all’identità. Sono valori che non hanno bisogno di etichette. Il Partito sardo li ha interpretati con dignità, forza morale, intelligenza politica per quasi ottant’anni di storia. Credo che i! suo ciclo non sia concluso e che i dirigenti sappiano assumere responsabilità di decisioni che si traducono per i militanti in certezza di comportamento. Sarà così scongiurato il pericolo di un Sardismo deluso che ricerca l’esaltante magia del Forza Paris attraverso nuove forme di aggregazione, di lotta e, perché no?, di apostolato.
La via al trionfo, sardista non è quella scelta da Serrenti. Visto poi, che ha citato Anselmo Contu affermandosene erede, voglio ricordargli che Anselmo venne eletto dalla grande maggioranza del consiglio regionale ma con il qualificante voto dei consiglieri sardisti e non contro di loro, come è accaduto a Serrenti. Anselmo Contu da quel seggio prestigioso ci ha dato un’altra grande lezione di sensibilità democratica che onora la storia autonomistica sarda. Quando i consiglieri sardisti uscirono dalla maggioranza che lo aveva eletto, pur non essendovi costretto da alcuna norma di regolamento e neppure sollecitato da alcuno della nuova maggioranza, si dimise dalla presidenza del Consiglio per non trovarsi in nessun caso in contrasto con il proprio gruppo.
Non per questo Serrenti deve sentire il peso della solitudine. Ha robuste radici storiche; altri prima di lui hanno voltato le spalle ai Partito per correre in aiuto del vincitore di turno. Tanti diventarono all’occorrenza fascisti. Berlusconi non è Mussolini ma l’aureola del vincente sembra essersela conquistata. Stia tranquillo altri sardisti lo seguiranno ma il «Sardismo», quello impegnato a costruire il nostro futuro, il popolo sardista, quello è tutto da questa parte e lotterà con coraggio generoso. Il futuro dei sardi non lo costruirà Berlusconi né il suo partito e meno che mai i cortigiani. Con sacrificio costante, molti sbagli, e tanta fede nel valore storico del proprio impegno, nonostante i piccoli tradimenti, saranno i sardi a progettare e costruire, giorno dopo giorno, il loro futuro.
Mario Melis: “Se non reagisce il Psd’Az rischia il marasma” – La Nuova Sardegna – 27 luglio 1999
8 Novembre 2024 by