«Se fossi stato al campanile di Venezia durante l’atto dimostrativo avrei detto a quei ragazzi: non fatelo più e quando scendete spegnete la luce». Mario Melis ex presidente della Giunta regionale e leader storico del Psd’Az, sdrammatizza, anche dopo la sentenza di condanna agli otto assaltatori. «Era un episodio da ridicolizzare, un “gigionismo” politico, che non doveva essere enfatizzato né assumere grande rilevanza politica. Ora gli assaltatori rischiano di diventare dei miti». Melis, tuttavia, condivide in parte le ragioni che sono alla base della protesta «Cercavano un federalismo che gli è stato negato da uno Stato centralista che ha prodotto solo danni e ha servito solo gli interessi forti del paese. L’esperienza del dopoguerra dimostra che tutto questo è fallito, che ha creato distacco tra il cittadino e le istituzioni ed ha generato i proclami secessionisti. I giovani veneziai sono espressione di un nordismo becero che fa grandi proclami ma, in realtà, cerca solo il federalismo fiscale per tenersi suoi soldi dopo aver sfruttato il sud, dimenticando che il vero federalismo è basato sulla solidarietà e non sul secessionismo».
Insomma, l’assalto al campanile di Venezia è stato solo un banale episodio, una ragazzata, ma è anche il sintomo di un malessere che non va sottovalutato. Sorrido quando sento paragonare questa gente a Menotti, Confalonieri e altri combattenti. Quelli erano eroi, questi sono solo ragazzi che hanno preso un trattore e lo hanno fatto diventare un carro armato. Le rivoluzioni si fanno in un altro modo».
Mario Melis: “Non facciamoli diventare degli eroi” – L’Unione Sarda – 10 luglio 1997
7 Novembre 2024 by