“Uomo contro” dentro fuori il suo partito dopo cinque anni alla testa della Regione, Mario Melis approfitta di una pausa sarda fra il Parlamento di Strasburgo e le Repubbliche baltiche per rilanciare il verbo federalista strappandolo all’abbraccio inquietante delle Leghe. Gran nemico dello Stato nazionale («è in crisi irreversibile e la sua fine rischia di trascinare l’Europa a nuove guerre»), l’eurodeputato sardista respinge le posizioni del senatore Bossi e dell’ideologo del leghismo, il costituzionalista Gian Franco Miglio. E rilancia un’idea del federalismo fondata sulla solidarietà, e non sul separatismo dei ricchi contro i poveri.
Eppure nel convegno organizzato dal Psd’Az a Cagliari il professor Miglio ha svolto la parte del leone. Al punto che tanti hanno pensato a una conversione dei sardisti all’idea dell’Italia divisa nelle tre Repubbliche del Nord, del Centro e del Sud.
«È un’interpretazione fantasiosa, perché noi non abbiamo niente a che fare con chi punta a una Repubblica del Nord che unisce le aree forti dell’Italia per allearsi con le regioni ricche della Mitteleuropa e scarica le aree povere del sud, lasciandole in preda al loro sottosviluppo. Noi sardisti puntiamo a un federalismo della solidarietà dei popoli, fondato sul consenso e non sulla gerarchia dei potenti contro gli emarginati».
È un no anche a chi nel Psd’Az guarda alle Leghe come interlocutori privilegiati, soprattutto se passerà la tesi craxiana dello sbarramento elettorale al 5 per cento?
«È un no a chi pensa alla secessione delle regioni forti. Il nostro federalismo è l’antitesi dell’egoismo. Non è lamentazione né localismo, è apertura dei popoli l’uno all’altro, per costruire un’Europa che superi gli Stati centralisti senza finire nella tragedie delle guerre. È la federazione delle diversità, non il dominio della forza del denaro e del mercato al quale pensa Bossi. E stiano attenti i sostenitori della legge del più forte, perché rischiano di creare nuovi scontri e tensioni non solo fra gli Stati, ma anche fra popoli. La Lega e Miglio hanno una visione contrattualistica: si sta insieme fino a quando c’è interesse, poi ognuno per la sua strada. Ma così non si supera lo Stato centralistico. Si creano nuove divisioni, si consolida l’egemonia dei ricchi e la subalternità dei poveri, si producono squilibri forieri di tempeste sociali ed etniche. Si rischia di attuare una versione moderna del colonialismo, basato sulla brutalità dei rapporti economici».
Se questo è il quadro, perché mai il Psd’Az dialoga con le Leghe?
«La contestazione dello Stato centralista ci unisce. Ma gli esiti sono diversi. Miglio ha sconsigliato a Bossi di superare la linea gotica, perché così si tengono i loro denari al Nord e magari si alleano con i tedeschi. A me come sardo, egoisticamente, la cosa può andar bene, perché penso a un’Isola che, autonoma da Roma, sia in grado di sviluppare grazie alla centralità mediterranea un ruolo da protagonista nell’economia marittima internazionale, un ruolo che romperà la dipendenza e la solitudine della Sardegna. Ma l’egoismo non fa la storia. Il regionalismo del Psd’Az, dal 1921 a oggi, ha un respiro internazionale, vuole aprirsi al mondo, non chiudersi. Non ci interessa la logica dei mercanti che vogliono fare l’Europa del marco e della grande finanza. Il nostro federalismo è solidarietà, con l’Europa, con l’Africa del Nord, con i baltici che ricevono una delegazione del Parlamento europeo (siamo in quindici, sono l’unico eletto in Italia) alla ricerca di contatti, non di chiusure».
Se passa lo sbarramento elettorale, addio Psd’Az in Parlamento.
«Ci batteremo con durezza contro questa ipotesi antidemocratica. Chi pensa a queste scelte autoritarie non vuol rendersi conto che lo Stato centralistico è in agonia, ha i giorni contati. I partiti devono smetterla di soffocare la democrazia. Hanno impedito alle regioni di esercitare un ruolo di governo attraverso i viceré: questi ministri per il Mezzogiorno che ci impediscono di trattare direttamente, da protagonisti, con l’Europa. Le segreterie nazionali mettono il naso dapertutto, avocano a tutti i poteri, con l’intermediazione parassitaria del clientelismo. Hanno smantellato lo stato di diritto, distruggendo il potere legislativo del Parlamento, quello esecutivo del Governo, quello giudiziario della magistratura. Contano solo loro, segretari. Povero Montesquieu, altro che divisione dei poteri. Soltanto popoli, diventando protagonisti, potranno rompere questa cappa soffocante di regime».
Lei teorizza un Psd’Az all’opposizione. Ma intanto il segretario de suo partito chiede addirittura di entrare nella maggioranza di governo alla Regione, in cambio di un sì dei partiti a pacchetto autonomistico. Non è d’accordo?
«Neanche per idea, perché misuro la politica da fatti, non dalle intenzioni. Non ho nessuna preclusione ideologica verso la Dc o altri partiti, resto ai fatti. Questa maggioranza che si sta ricostituendo soltanto attraverso uno scambio di poltrone, nel segno del potere, è nata ed è cresciuta all’insegna della subalternità a questo Stato centralistico occupato dal sistema dei partiti. I dirigenti sardi hanno teorizzato la dipendenza, il servilismo verso i governi omogenei. Hanno vissuto attendendo che venissero elargiti graziosamente provvedimenti mai arrivati. Mi dispiace, ma tutte questo è il contrario dei sardismo».
Il segretario Giorgio Ladu sembra pensarla diversamente.
«Ha sbagliato a muoversi sulla base di una sua posizione personale. Un cambiamento di linea politica va discusso dal consiglio nazionale del partito. Un segretario, e persino una direzione, non possono arrogarsi un potere di questo genere. Se davvero, come ho letto, ha offerto un appoggio esterno al quadripartito omologato è stato davvero imprudente».
Leghe? No grazie – Mettono i ricchi contro i poveri – intervista di G. Ghirra – L’Unione Sarda – 3 novembre 1991
31 Ottobre 2024 by