Sull’Isola rischia di calare un grande silenzio- intervista di T. Piredda – L’Unione Sarda – 20 febbraio 1998

Nuoro. Il vecchio leone rug­gisce sempre, ogni volta che sente parlare di sardi­smo. E questa volta a Ma­rio Melis i messaggi gli ar­rivano da più parti. Da Oschiri, dove domenica scorsa con un gruppo di giovani è riuscito a far in­contrare, dopo anni di fu­ribondi contrasti, vecchi e nuovi sardisti con i diri­genti del Psd’Az. E gli ar­rivano anche da Nicola Grauso, creatore e leader del Nuovo Movimento, che ha raccolto il messaggio dello stesso Mario Melis sul “sardismo diffuso”. 
Definendolo una concreta ipotesi «di soggetto politico nuovo che non sia soltanto il Psd’Az».
Ieri mattina l’ex presidente della Regione era nel suo piccolo studio, al settimo piano del complesso di via Leonardo a Vinci, dividendo l’attenzione tra un saggio di Attilio Deffenu e una raccolta degli articoli scritti molti anni fa da Gonario Pinna e ora raccolto in un volume che Mario Melis dovrà presentare, tra qualche giorno.
Perché questo improvviso ritorno al sardismo?
«Nasce dalla constatazione che in questo momento la Sardegna è scomparsa dal dibattito nazionale ed europeo. Dei nostri problemi l’opinione pubblica italiana non sente più parlare».
E ora?
«Sulla Sardegna è calato un grande silenzio. La crisi dei partiti ha coin­volto anche la giunta re­gionale, che non ha più reale potere contrattuale nei confronti del governo centrale dello Stato e delle forze economiche che stanno smobilitando l’ap­parato industriale sardo».
Con responsabilità an­che del Psd’Az…
«È vero. Debbo però ag­giungere che in tempi di­versi e anche durante la mia presidenza, la giunta regionale è riuscita a im­porre al governo un conti­nuo confronto. Ottenendo in momenti significativi non solo rispetto, ma rico­noscimento e attuazione di importanti diritti della Sardegna».
Quando è incomincia­to il declino?
«Quando anche nel Psd’Az si è scatenata la corsa al potere. Purtroppo il successo elettorale ci ha colto con un gruppo diri­gente non adeguatamente preparato, finendo col diffondere un’immagine sostanzialmente analoga a quella degli altri partiti».
Mario Melis si è dichiarato sempre di sinistra. Lo è ancora, dopo e l’esperienza di governo dell’Ulivo, alla Regione?
«Certamente, ma bisogna intendere cosa significa essere di sinistra, alla vigilia del terzo millennio, visto che anche il PDS ora accetta il dinamismo imprenditoriale, le regole del mercato. Il vero problema è la riforma dello Stato, come organizzazione del potere: io dico no a uno Stato irraggiungibile per il cittadino».
Ci sono le condizioni, oggi in Sardegna, perché questo accada?
«Certo, anche se il discorso può sembrare utopistico. Del resto, un popolo che non ha speranze se non crede in se stesso, è battuto in partenza».
Ma occorrono i condottieri…
«Al momento non ne vedo: ma se riusciamo a mobilitare il “sardismo diffuso”, cioè la grande mag­gioranza dei sardi, sono convinto che fra i giovani oggi lontani perché delusi dalla politica, emergerà la nuova classe dirigente. I condottieri non si im­provvisano: crescono e si formano nella lotta».
Ora che il Psd’Az non è più in maggioranza, ci sono le condizioni per­ché il sardismo riconquisti l’attenzione della gen­te?
«Perso proprio di sì. Dobbiamo cogliere tutte le occasioni perché il popolo si riconosca in noi. In que­sti giorni siamo chiamati a respingere l’aggressione del ministro Visco e del segretario della Cisl D’Antoni sulla zona franca».
Aggressione?
«Entrambi respingono l’attuazione in Sardegna della zona franca. Visco perché preoccupato del calo delle entrate fiscali, D’Antoni perché vuole allinearci al resto del Mezzogiorno. Il ministro Visco non considera che per la Sardegna il problema è di creare condizioni favoli alla produzione della ricchezza, senza la quale non arrivano neppure le entrate fiscali. Mentre D’Antoni, come peraltro Palomba (che pensa di al­linearci alla Sicilia), non considera che la zona franca sarda nasce dall’esigenza di fronteggiare una situazione peculiare non riproponibile in alcuna altra regione italiana: l’insularità con le relative diseconomie. Visto che la Sicilia gode in effetti di continuità territoriale, sul piano economico e tariffaria».
Anche Nicola Grauso, con il suo Nuovo Movi­mento, parla di «sardi­smo» come fatto di liberazione dalla dipendenza a dei centri di decisione sardi dall’esterno». Ac­cetta questo messaggio di collaborazione?
«Il “sardismo diffuso” è un concetto che si sta fa­cendo strada. Tutti i contributi per potenziarlo, tutti i movimenti d’opinione in aggiunta a quelli che già esistono, compresa Sardigna Natzione e le altre formazioni politiche minori, non possono che essere guardati con gran­de interesse e attenzione. L’importante è che il “sardismo diffuso” sappia ela­borare una serie di obiet­tivi che tutte le componenti dovranno poi impegnarsi a difendere contro la potenziale opposizione esterna. Rispettando ov­viamente la matrice ideo­logica di ciascuno, come scriveva Attilio Deffenu.
“Gli interessi della regio­ne, del popolo sardo, devono costituire impegno di tutta la sua rappresentan­za parlamentare”. Si chie­deva Deffenu: “Ma un par­tito così fatto potrà mai esistere?».
E la risposta?
«Io, Mario Melis, dico sì: un partito dei partiti, una federazione dei partiti sarà nel complesso: il grande sardismo».