Riaprire il dialogo – La Nuova Sardegna – 21 maggio 1982

Il primo pre­sidente sardista della Regio­ne è atteso da un compito molto difficile. Repubblicani e liberali, ai quali dovrebbe rivolgersi per allargare la maggioranza, hanno già defi­nito il suo tentativo una rie­dizione della giunta di sini­stra e laica; il segretario della Dc, Angelo Roich, ha parlato di «ulteriore perdita di tem­po». Come intende agire Ma­rio Melis, è scoraggiato oppu­re ritiene che vi siano margi­ni di trattativa? Il presidente della Regione risponde in questa intervista.
– Le è stato affidato un mandato che corrisponde ad una formula già sperimen­tata negativamente da Rais: giunta autonomistica di sinistra e laica, aperta ad un accordo programmatico con la Dc. Pensa di avere delle possibilità di successo?
«Il mandato, è vero, è abbastanza ristretto, ma credo chi sia giusto interpretarlo con una certa fantasia, perché senza spazi di mediazione questa crisi non si può risolvere».
– Le rigidità manifestate da alcuni partiti subito dopo la sua elezione non la scoraggiano?
«Credo che sia nell’interesse di tutte le forze politiche impedire l’ulteriore deterioramento della situazione. Perciò bisogna creare innanzitutto un clima di comunicabilità che sia premessa di intese e di possibilità di accordo. In questo campo non si può improvvisare niente, ma è certo che penso a una giunta volta al superamento delle contrapposizioni attuali».
– Ma basterà la buona vo­lontà, sia pure unita alle garanzie personali offerte la da un presidente della giun­ta sardista?
«Ciascun partito partecipa al confronto politico con il peso della propria tradizione e della propria cultura. Il Psd’Az ha una costante nella sua linea, quella dell’unità di popolo — di tutti i sardi — e credo che questa spinta uni­taria non possa essere perse­guita senza riscontri in campo politico. Perciò, al di là degli unanimismi che talvolta possono essere strumentali, i sardisti hanno sempre sottoli­neato il valore della politica di unità autonomistica. Ciononostante, in questo momento anche il Psd’Az ha do­vuto prendere atto dell’im­praticabilità della formula di governo unitaria».
– Che cosa dunque è possibile fare, sia pure nell’ambito del suo mandato, per abbattere gli steccati che sono stati eretti?
«Sarebbe utile riaprire il dialogo, porre le premesse per facilitare, in una prospet­tiva che sia la meno lontana possibile, l’incontro delle for­ze autonomistiche».
– In concreto, pensa a qual­che iniziativa che possa sbloccare la situazione di stallo fra le forze politiche?
«Penso di privilegiare il te­ma della solidarietà autono­mistica, come valore che tem­poraneamente può far aggre­gare un vasto fronte intorno a temi di grande rilievo per la Sardegna. Su alcuni, gravi ed essenziali problemi, occor­re la mobilitazione di tutte le forze politiche autonomisti­che».
– Lei ritiene che questa pos­sa essere una delle chiavi per avviare il dialogo fra gli schieramenti contrappo­sti?
«Io credo che da questa si­tuazione si debba uscire sen­za vincitori né vinti. Vincere non serve a niente, perché il vincitore, chiunque sia, si tro­verebbe alle spalle il deserto. Ciò che conta è l’unità del popolo sardo, che è indispen­sabile per superare la crisi e per riaffermare i valori del­l’autonomia, per difendere la Sardegna».