Un’intervista? Certo,ho tante cose da dire. E ho documenti che dimostrano che se il governo avesse rispettato gli impegni e la Regione avesse fatto per intero il proprio dovere gran parte della tragedia degli incendi si sarebbe potuta sicuramente evitare».
Il neo deputato sardista Mario Melis è stato assessore alla difesa dell’Ambiente nell’anno e mezzo della giunta laica e di sinistra, sino al luglio 1982. Il suo primo atto da parlamentare è stato, una settimana fa, un’interpellanza-requisitoria rivolta ai ministri della Difesa e della Protezione civile.
— A quali documenti si riferisce, onorevole Melis?
«Guardi qui. Questo è il progetto di spesa per l’acquisto di mezzi speciali da parte della Regione. È del marzo dell’anno scorso. Non è stato fatto niente. Quest’altro è un documento politicamente più importante e decisivo anche sul piano operativo: è la convenzione speciale tra la Regione e la Protezione civile firmata più di un anno fa dall’allora ministro Zamberletti. Anche questa è rimasta lettera morta, totalmente inattuata».
— Iniziamo dal progetto regionale. Cosa prevedeva?
«Innanzitutto l’acquisto di dieci elicotteri. Ci volevano sette miliardi e mezzo in tutto. E l’intero progetto costava poco più di dodici miliardi: la Regione avrebbe dovuto acquistare anche benne per lo sgancio del ritardante chimico, cinquanta autocisterne, campagnole, apparati radio. Con tutto questo materiale le sei o sette basi antincendio sarebbero state perfettamente attrezzate».
— Ma forse si è preferito impiegare diversamente i fondi e chiedere i mezzi allo Stato. Per il 1983 la campagna antincendi ha avuto un finanziamento di nove miliardi.
«Sono troppi dodici miliardi? Per aver voluto risparmiare quella somma ci troviamo ora di fronte a danni di centinaia e centinaia di miliardi. E poi perché chiedere tutto allo Stato, anche quello che possiamo avere con i nostri mezzi? Sino a quando si dipende dagli altri si pagano gli scotti. È questo uno dei tanti aspetti della mancata autonomia. Potendo contare su elicotteri e automezzi regionali, il piano ha, in partenza, una base più solida, più certa».
— Cosa prevedeva, invece, la convenzione con Zamberletti?
«Era l’impegno del governo, non del solo Zamberletti, di collaborare attivamente alla lotta agli incendi in concorso con la Regione. Il servizio doveva durare dal 16 giugno al 15 ottobre: 120 giorni. Sarebbero dovuti entrare in campo i mezzi necessari per allestire sei basi dislocate in tutta l’isola e per interventi straordinari ed eccezionali. Il ruolo dei militari era essenziale, ma l’anno scorso il ministro della Difesa, Lagorio, inspiegabilmente non rispettò quest’impegno del governo. Ma si pensava che quest’anno non si aspettasse il dramma degli incendi per organizzare il tutto».
— Ma le basi sono state istituite. Gli aerei della penisola sono arrivati. Certo, ma quando però la tragedia si era già compiuta.
«Non c’è dubbio. Ma di basi ne hanno istituito cinque, una in meno. E con pochi mezzi. Nei giorni terribili che hanno i preceduto la tragedia di Tempio tutto l’apparato si è trovato ad operare con due o tre elicotteri.
Quando pensavamo a dieci elicotteri, non lo facemmo a caso: il nostro piano prevedeva sette basi in modo che qualsiasi punto della Sardegna fosse raggiungibile in non più di dieci minuti. Il fuoco diventa pericoloso dopo 15-20 minuti, va quindi controllato subito. Dieci elicotteri avrebbero consentito, considerando le manutenzioni, di averne a disposizione sempre almeno sette».
— Quest’anno, dicono all’assessorato e al centro operativo regionale, quello che ha sorpreso è stata la contemporaneità e l’ampiezza di tanti incendi. In più la siccità e il caldo afoso. La situazione era difficile da controllare anche con più mezzi a disposizione.
«Bisogna dare atto, certo, che quest’anno la situazione ambientale e le condizioni meteorologiche hanno fatto sì che per alcuni giorni qualche incendio fosse difficile da controllare. Ma la verità è che ci si è mossi costantemente in ritardo perché non c’erano gli elicotteri e perché non arrivavano i mezzi dal continente. Quanto alla contemporaneità e alla rilevanza degli incendi, non è vero che sono fatti nuovi. Due anni fa ricordo che venivano segnalati, ai primi di agosto, più di cento incendi al giorno».
— Ma c’è chi parla, partendo proprio dall’eccezionalità degli incendi di quest’anno, di un piano eversivo, di un disegno criminoso. Lo ha detto anche il presidente della giunta Roich.
«Mi sembra che sia una fuga in avanti. E poi, tradizionalmente, tutti i delitti eversivi vengono rivendicati. Non credo neppure a quello che ha detto il ministro Fortuna, ripetendo luoghi comuni sbagliati e dimostrando così molta superficialità e assoluta non conoscenza dei problemi. Fortuna ha dato le colpe ai pastori e ai contadini per le loro pratiche tradizionali di pulizia dei terreni e dei pascoli. C’è anche questa componente tradizionale, non c’è dubbio, ma siamo di fronte a fatti ben più ampi che escludono questa ipotesi così semplicistica».
— Quali sono, allora, le cause degli incendi?
«Sono molteplici, difficilmente riconducibili a una sola genesi. Chi ne sceglie una e basta pecca di semplicismo o compie fughe in avanti. Delle pratiche colturali sbagliate di pastori e contadini ho già detto. Spesso si tratta, inoltre, di forme di protesta individuali, irrazionali e profondamente stupide e ingiuste, quali quelle del cacciatore che viene escluso da una riserva e che così brucia una zona che egli considera del privilegio, dell’operaio non assunto nella forestale o nella squadra antincendi, dell’affittuario scacciato dal terreno o del proprietario che vuole scacciare l’affittuario. E non è escluso che qualche protesta vi sia contro il filo spinato e il cemento che privatizzano le coste. E non escludo la componente maniacale del piromane: più incendi vi sono e più cresce la suggestione emulativa. E non dimentichiamo, infine, che in passato dipendenti delle squadra antincendio sono stati sorpresi ad appiccare il fuoco perché avevano paura di non essere riassunti per la mancanza di incendi».
— Cosa rimprovera maggiormente alla giunta regionale?
«A parte il ritardo con cui ci si è mossi e le cose non fatte di cui abbiamo già parlato, la colpa principale mi sembra che sia il non aver esaltato il ruolo degli enti locali, che devono essere i veri protagonisti. Ed è stato un errore non aver sviluppato il discorso iniziato due anni fa — con le associazioni di categoria, le cooperative di pastori e contadini, con gli ecologisti, con i giovani, con la Chiesa. Certo, anche con la Chiesa, così importante e influente nella società sarda. Sa quanto mi avevano aiutato i vescovi? La mobilitazione, invece, non c’è stata. E la gente scarica allora tutte le responsabilità d’intervento sulle squadre antincendio. Che secondo me vanno abolite, non potenziate. Perché deresponsabilizzano le popolazioni e non hanno professionalità. Basterebbero, se ben impiegati, gli operai forestali e i dipendenti del corpo forestale. E bisogna anche approvare al più presto la legge sul corpo di vigilanza territoriale, che è bloccata da tanti anni mentre è urgentissima».
— Nella sua interpellanza ha però detto che il vero responsabile è il governo centrale.
«E lo ribadisco. È il governo ad avere le colpe maggiori, perché ha mandato i mezzi con grande ritardo senza rispettare gli impegni sottoscritti da un suo ministro. Quando gli aerei sono arrivati la tragedia era ormai avvenuta. Hanno dimostrato di essere in grado di fronteggiare benissimo il fuoco. È stato un ritardo, quindi, ancora più colpevole».
Aboliamo le squadre anti-incendio – La Nuova Sardegna – 7 agosto 1983
14 Ottobre 2024 by