Signor Presidente, colleghi, nel prendere la parola a proposito di eventi così gravi, che vedono il Paese ritenuto la potenza più grande del mondo schierare su un fronte di guerra il suo potenziale militare e scatenarlo contro le popolazioni libiche, avverto tutta l’angoscia di chi ha vissuto le esperienze di guerra e porta nel suo ricordo le giornate amare, sacrificate, precarie, senza un domani, di madri, di spose, di giovani senza lavoro, coinvolti nella logica feroce di annientamento che toglieva il pane quotidiano alle famiglie ridotte a contingentamenti umilianti; che toglieva la sicurezza della vita ad intere citta esposte ai bombardamenti, quale quello che ieri ha fatto avvampare di fuoco due città della costa mediterranea. La guerra, che imponeva grandi interrogativi su un domani aperto sul nulla, su una pace di cui si parlava, ma che non sembrava definirsi in alcun modo ha avviato un processo che solo la sconfitta drammatica, pagata con milioni e milioni di vite umane, con la distruzione di un’intera civiltà, ha potuto concludere.
Ebbene, altre guerre sono cominciate senza motivazioni così drammatiche come quella che ieri abbiamo vissuto; si è configurata come una motivazione del tutto incidentale, l’iniziativa di un esaltato che ha tolto la vita ad un principe ereditario in terra straniera e che, per tutta una serie di cause scatenanti altre cause, ha determinato l’esplodere della prima guerra mondiale.
Certo, la Giunta vive con profonda ed intensa preoccupazione questa giornata, anche in virtù di una vocazione di pace che e nel nostro popolo, che è nel popolo italiano, che è nella Costituzione, la quale assume la pace come strumento essenziale di civiltà e rifiuta la guerra come metodo per la soluzione dei contenziosi internazionali.
Noi non possiamo accettare il fatto compiuto della violenza; non possiamo accettare che si aprano fronti di guerra senza che il nostro Paese sia stato consenziente. Noi abbiamo avuto modo di esprimere, attraverso le istituzioni parlamentari e democratiche, un contesto che, al di là delle motivazioni, coinvolga la volontà del popolo e lo faccia protagonista e responsabile di decisioni di questo rilievo.
Ecco perché riteniamo di assolvere ad un preciso dovere levando la nostra voce per respingere la violenza del terrorismo, così torbida, così proteiforme che nel momento stesso in cui si evidenzia scompare per assumere altre forme ancora; che colpisce in genere innocenti estranei al prodursi di eventi politici che si vogliono contrastare, diffondendo così il terrore nei momenti fondamentali della vita sociale, economica e civile, tentando di paralizzarne gli empiti creativi.
Il terrorismo: un mostro che sta minacciando la società del nostro tempo, ma che in nessun caso può giustificare una vera e propria dichiarazione di guerra.
Le guerre si possono fare previo invio degli ambasciatori recanti la formale dichiarazione di guerra, ma si possono anche determinare di fatto. Ieri si è iniziata una guerra tra gli Stati Uniti e la Libia, due stati sovrani, uno dei quali ha occupato il cielo e gli spazi assoggettati al controllo e al potere dell’altro e, attraverso atti successivi di guerra, vi ha scaricato morte e devastazione. Certo, forse la legge del taglione qualche secolo fa consentiva queste cose: tanti morti per effetto terroristico, tanti morti per dichiarazione di guerra non formalizzata. La nostra civiltà, se così fosse, se si riafferma la vigenza di questa legge, si avvia verso giornate motto oscure. Ecco perché la Giunta regionale esprime piena solidarietà col Governo dello Stato per le iniziative che sono state assunte, per la collocazione motto nitida e precisa che l’Italia si è assegnata nel consesso internazionale; nel rifiuto di uno schieramento aprioristico il Governo, mentre legittimamente reclama la condanna del terrorismo, non autorizza che il contenzioso si definisca con atti di guerra. E, per parte nostra, anche noi respingiamo gli atti di guerra, non perché abbiamo poteri o capacità di determinare conseguenze di alcun genere, ma perché è importante che un popolo abbia modo di esprimere i suoi orientamenti.
La Sardegna è terra ad alto indice di rischio militare e chiunque voglia utilizzare il nostro territorio deve sapere che qui esiste un popolo che è titolare di precise volontà politiche e che esse saranno fatte sentire nelle forme che la Costituzione a noi consente. Ecco perché noi chiediamo che il Governo assuma tutte le iniziative che potranno rendersi necessarie perché dal nostro territorio non abbiano a partire, neppure in ipotesi, minacce di offesa verso chicchessia, ma si attivi tutta la nostra diplomazia per conseguire atti di intermediazione a scopi di pace: che la Sardegna comunque non sia coinvolta nel suo territorio, nelle logiche della guerra.
Noi rifiutiamo la violenza comunque motivata. Oggi si uccide in nome di Dio, il Dio islamico di Khomeini; altre motivazioni riscontrabili anche negli indirizzi politici di Gheddafi si connotano di momenti mistici trascendentali che legittimano la violenza contro coloro i quali non sono all’interno di quella famiglia religiosa. Oggi la violenza e a tutto campo, e in tutto il mondo. Noi siamo stati prescelti, nella modestia estrema della nostra testimonianza, allorquando l’America ha messo il lutto insieme al mondo per i morti del Challanger, e siamo stati solidali come Giunta regionale perché abbiamo sentito che questi morti erano i pionieri di un domani di civiltà e di progresso volto come messaggio a tutto il mondo.
Oggi siamo altrettanto fermi nel rifiutare questa giornata così minacciosa e diciamo che it Consiglio regionale, nella sua unanimità (mi pare di aver così colto, salvo le motivazioni che accentuano certe angolazioni rispetto ad altre), esprime una volontà di pace per la quale continuerà ad assumere tutte le iniziative perché il Governo le porti avanti in tutte le sedi nazionali ed internazionali perché la pace avanzi ed arretri la violenza.
La nostra voce contro il terrorismo – Sul conflitto Libia-USA – Consiglio regionale – 15 aprile 1984
19 Marzo 2024 by