Caro Direttore,
ritengo doveroso procedere ad una rettifica della cronaca pubblicata a pag. 2 della “Nuova Sardegna” del 3 corrente sul dibattito svoltosi in Consiglio Regionale – sui temi dell’ordine pubblico con particolare riferimento agli attentati subiti dagli amministratori comunali.
Le critiche da me formulate, e sinteticamente riportate nella cronaca di Peretti, erano rivolte non già ai sindaci e agli amministratori comunali, vittime sacrificate degli ignoti attentatori, ma al clima di precarietà, insicurezza, sospetto creato dalla politica largamente praticata dalla classe dirigente regionale e nazionale.
In particolare: l’affievolirsi progressivo dei valori della politica, dei suoi motivi ideali, ormai sostituiti dalla mera pratica del potere e della sua mercanteggiata operazione (testimonianza nello stesso numero del giornale delle “contropartite” richiesta dalla D.C. per lasciare la Presidenza della Giunta) hanno determinato una pesante perdita di credibilità delle istituzioni per cui a pagare le conseguenze sono proprio gli amministratori che operano in prima linea: gli Amministratori comunali.
Nel clima di sospetto qualunque richiesta inappagata può essere interpretata come un sopruso. Ho pure parlato delle relazioni dei gruppi di potere spodestati dal voto popolare che vogliono riconquistarlo con il terrore.
La cronaca necessariamente sintetica, pur esatta nei contorni, lascia, a mio avviso, varco al dubbio sul destinatario principale delle critiche che, ripeto, è la classe dirigente sia per gli inadempimenti e le debolezza dell’azione della Giunta sul problema specifico, sia riguardo alla grave e più generale crisi che sta attraversando la Sardegna.
È questa una mia posizione costante, convinto come sono, che la prima rinascita comincia non per azione esterna, ma da noi. Noi tutti, ma soprattutto quanti sono gravati di doveri di rappresentanza.
Ed il discorso in questo senso non vuole essere il lancio della prima ed ultima pietra, ma un messaggio volto a richiamare tutti noi a far cessare le sterili conflittualità interne per ritrovare nella solidarietà la forza, la dignità e quindi il futuro del popolo sardo.