Corte di giustizia e sviluppo del sistema costituzionale – Parlamento europeo – settembre 1993

 

Signor Presidente, vorrei poter esprimere piena adesione alle illustrazioni che l’onorevole Rothley ha fatto stamane delle sue tesi. Debbo però esprimere le preoccupazioni nascenti dalla lettura del teso della sua relazione dove cogliamo, nello spirito che la informa e nell’articolazione che ne cadenza le scelte organizzative, una vocazione centralistica che limita ed oscura, in parte quanto meno, la forza creativa della proposta politica, prefigurando preoccupanti spazi di denegata giustizia che se accolti da quest’Aula, costituiranno sicuro focolaio di tensioni e fonte d’ansiose forme d’oppressione e reazioni non risolte e anzi inasprite dagli atti di imperio di gestori del potere.
Non trova alcuna accettabile giustificazione denegare al potere regionale il diritto di ricorso contro atti di Consiglio e Commissione che ne violino la sfera giuridica e le specifiche competenze acquisiti attraverso l’istituzione del Comitato delle regioni. Si prefigura così una reformatio in peius dello status giuridico delle istituzioni democratiche, esasperando proprio quel deficit che il Parlamento europeo assume di voler colmare.
Il ragionamento posto dal relatore a base del suo assunto si fonda sulla considerazione che l’eventuale tutela del diritto attribuito alle regioni dall’articolo 138C, costituirebbe un aggravio così pesante al lavoro della Corte da rischiare di paralizzarla.
È di tutta evidenza l’aberrazione giuridica che inficia tali proposizioni. Anziché la previsione di numerosi ricorsi regionali alla mancata consultazione prevista dall’articolo 138C comporta sistematica violazione da parte di Consiglio e Commissione del preciso obbligo previsto dal Trattato.
Ecco, l’incoerenza della relazione, almeno su questo punto, si evidenzia laddove si reclama, giustamente, per il Parlamento una par conditio con le altre istituzioni comunitarie, dimenticando che non si può avere al vertice ciò che si nega alla base.