Situazione dell’URSS – Parlamento europeo – 11 settembre 1991

Lo Stato, colleghi, costituito per garantire certezza e tutela dei diritti giuridico-patrimoniali dei cittadini, si è trasformato di norma in opache strutture oppressive, con sacrificio dei più ad iniquo beneficio di pochi.
Ed è questo il destino dei russi che si affacciano per la prima volta nell’evo moderno ad esaltante ma difficile confronto con se stessi, con la libertà di singola, libertà di popoli.
Ed in questa rivoluzionaria esperienza va riconosciuto alto merito al grande e saggio statista Michail Gorbaciov ed al suo stato.
Ma il passaggio dalla dittatura plurimillenaria alla democrazia scatena contraddizioni, incoerenze, conflittualità e illusioni, resistenze di difficile governo, che debbano essere però ricondotte al più presto ad unità di obiettivi.
Ed è in questo contesto storico che emerge il ruolo essenziale e determinante della Comunità europea. Il nostro impegno deve essere volto a salvaguardare la riconquistata libertà dei popoli e poi di persone, perché se è condizionata la libertà di un popolo, a maggior ragione lo è quella dei cittadini.
La composizione dell’Unione Sovietica, per le grandi diversità che la caratterizzano, impone il ricorso all’autodeterminazione, resa più facile e praticabile per l’esistenza istituzionale degli stati repubblicani nei quali l’Unione si articola.
Autodeterminazione piena, senza riserve, che si legittima nel ricordo della violenza oppressiva esercitata dai governi centrali, qualunque ne fosse l’ispirazione: politica, zarista o comunista.
Questo significa che Comunità deve offrire un valido aiuto per favorire il ricostituirsi di una nuova democratica e vitale unione dei popoli di tutte le Russie, fondata sul principio non dell’autorità, ma del consenso esercitato su basi paritarie.
Un aiuto che dovrà comportare, certo, sacrifici per la Comunità ma tradursi in apporto di capitali, aperture di credito, linee multisettoriali negli scambi commerciali, joint-venture, ricerca, formazione professionale e così via. Il nostro non sarà un aiuto solo generoso verso chi oggi ha bisogno, ma un contributo sereno convivere fra le grandi comunità intercontinentali. In mancanza di ciò, si scatenerà un’emigrazione di massa dai paesi dell’est verso i paesi industrializzati, di tali proporzioni da stremare le più grandi potenzialità dei paesi dell’Est e rendere governabili i futuri equilibri della nostra Comunità.
Questa drammatica ma esaltante esperienza diviene peraltro un severo monito e dovrà essere insegnamento e monito per gli Stati della Comunità, affinché essa ritrovi elle sue articolazioni e nei suoi popoli la forza per una nuova democrazia che si esprima in quest’aula.
Questa deve aprirsi finalmente ai popoli, alle loro istituzioni e chiamarli in questa sede a costituire per tutti un futuro di civiltà e di pace fondato sulla solidarietà ed il consenso e non sulle decisioni delle multinazionali.