Caro Giorgio,
La partecipazione al dibattito televisivo dell’altra notte ha evidenziato alcune cose molto preoccupanti. Fra queste:
la netta discordanza di contenuto fra le interviste registrate dalla giornalista e le telefonate. Le prime evidenziavano disinteresse per i temi in discussione. Disinteresse motivato dalla più totale disistima nei confronti dei politici giudicati “tutti uguali” e quindi ugualmente responsabili.
Ciò che più allarma in quelle interviste è la grave disinformazione dei cittadini intervistati. Disinformazione che investe i temi più rilevanti ai fini dello sviluppo, dell’occupazione, del riequilibrio.
Le telefonate dimostravano invece vivo interesse per i temi trattati, giudizio chiaramente orientato su precise valutazioni, opinabili quanto si vuole, ma comunque espressione di un impegno che contraddice in modo inequivoco e definitivo l’attendibilità delle interviste.
Riflessione:
1 – Le interviste confermano in modo illuminante il tuo giudizio nei confronti dei politici (fatte salve, come dire?, le preferenze individuali).
Non è difficile ipotizzare che la giovane, brillante collaboratrice abbia avvertito il bisogno tacito di certe consonanze e, pur senza un preciso disegno, abbia evitato le sedi ove i cittadini sono protagonisti e coinvolti in attività produttive, culturali, organizzative (insomma le sedi ove la vita diviene impegno e responsabilità) per limitarsi alla marginalità qualunquista che pur abbonda nella frustrazione della piccola borghesia urbana.
2 – Se davvero in Sardegna dilagasse una disinformazione così generalizzata e sprezzante credo che l’interrogativo emergente dovrebbe essere: gli organi d’informazione assolvono compiutamente al loro ruolo? Danno al cittadino piena certezza della tesi e dell’antitesi sì da consentirgli un corretto giudizio fra le diverse ipotesi? Nella specie si scontrano due tesi:
– Propositiva quella della Giunta
– Negativa, senza alternativa, quella dell’opposizione.
È inutile ripetere a te che conosci la proposta della Giunta: proposta che, sviluppando un discorso vincente tanto nel suo realizzarsi che nel conseguimento degli obiettivi volti a bloccare la dilagante disoccupazione, ad aumentare il reddito, la produzione, l’esportazione ed i posti di lavoro, si propone di accelerare questi processi con un piano straordinario che abbia respiro triennale.
L’opposizione democristiana ha sino ad oggi – per due lunghi mesi – paralizzato questa iniziativa assumendo che la Giunta ha previsto gli stanziamenti finanziari di bilancio ma non li ha coordinati attraverso un organico programma che fissi gli obiettivi, gli strumenti e i settori d’intervento unitamente ai tempi.
Il che non assolutamente vero.
Allegate ai bilanci – annuale e triennale – esistono articolate relazioni programmatiche sulle cui basi la stessa Giunta ha ottenuto il consenso dei sindacati con i quali ha sottoscritto un protocollo d’intesa volto a dare attuazione al programma pluriennale che, ripeto, nei documenti della Giunta si definiscono relazioni programmatiche. Voglio aggiungere che al consenso dei sindacati si affianca quello dei datori di lavoro: industriali, commercianti, artigiani, operatori turistici, agricoltori, coltivatori diretti, allevatori.
La Giunta ha invitato l’opposizione DC a confrontarsi sulla base di tali proposte, sentendosi rispondere che queste non possono considerarsi tali perché non redatte ai sensi della cosiddetta legge 11 (che prevede l’approvazione del CIPE). Procedura del tutto inattuale, dilatoria, subalterna e politicamente suicida dell’autonomia istituzionale. Se infatti poteva giustificarsi con la programmazione del Piano di Rinascita che gestiva fondi dello Stato, non ha alcuna ragion d’essere in questo caso perché si ripartiscono fondi ordinari (regionali e statali) e straordinari (di provenienza esclusivamente regionale).
A questo punto, se l’informazione viene proposta con chiarezza, il cittadino è in grado di fare un’idea propria sul valore delle due tesi e giudicare ciò che a suo parere è giusto, opportuno, innovativo, o sbagliato, inopportuno, vecchio.
Tutto questo è mancato nelle interviste, né l’intervistatrice ha fatto nulla per aiutare i cittadini a capire e a giudicare.
Soprattutto ha confuso Cagliari – che è parte rilevante ed essenziale della Sardegna – con la Sardegna che è cosa non solo più ampia ma, altresì, parzialmente diversa.
Non ha così saputo individuare fra i cittadini quella parte ben più rilevante (così credo) rappresentata dagli elettori che hanno tempestato con le loro telefonate i selezionatori di queste.
Faccio però un’altra ipotesi: che i giornali abbiano correttamente informato delle reali motivazioni del contendere.
Riflessione:
se le interviste testimoniano la reale disinformazione dei cittadini l’unica spiegazione possibile è che essi non leggono le parte politica dei giornali.
Non è un bel successo per chi li scrive!
Sappiamo bene che la verità non è questa. O meglio: che lo è solo in parte. Il giornalista bravo sa dove trovarla.
Concludo: so che il mondo politico è contestato ed io stesso nella trasmissione ne ho dato una spiegazione. A quelle motivazioni di carattere generale se ne possono aggiungere alcune meno nobili: l’insufficiente preparazione di alcuni, le diffuse preoccupazioni elettorali che per molti fanno premio sul rigore dell’impegno, una certa piattezza nell’elaborazione della proposta politica.
Girati intorno a cominciare dal tuo ambiente professionale per continuare nell’ampio ventaglio in cui si articola la società.
V’è di tutto, dappertutto. È ingiusto, ingeneroso, senza senso atteggiarsi a sussiegoso giudice e lanciare strali sdegnosi su una componente della società e distruggerne l’immagine, la credibilità, il ruolo.
Soprattutto è ingiusto, ingeneroso e senza senso abbandonarsi ad una generica, accidiosa sentenza che facendo di ogni erba un fascio spara sul mucchio sicura, comunque, di non sbagliare.
Sai che ti dico?
Non rinnego neppure un momento della mia vita, dell’impegno politico, delle amarezze sofferte, delle intense esaltanti emozioni vissute, dell’incrollabile impegno a continuare, nella misura che le forze me lo consentiranno.
Ne conosco ben altri che nel mondo politico sanno soffrire e amare lottando, ma sempre e solo per dare se stessi.
Questi meritano rispetto. Non occasionale ma costante.
Per il resto, come amate ripetere, al giornalista non spetta giudicare, né tantomeno polemizzare, ma solo e compiutamente informare.
Lettera al giornalista Giorgio Melis – anni 1984-89
25 Maggio 2021 by