Signor Presidente,
questa Amministrazione segue con viva preoccupazione le notizie riguardanti la possibile esclusione dell’Italia dai benefici della politica regionale europea a causa del suo Prodotto Interno Lordo (PIL) superiore al cento per cento della media comunitaria.
Se una tale ipotesi dovesse realizzarsi a sopportarne le conseguenze più devastanti saranno le Regioni del Mezzogiorno che vedrebbero aumentare pericolosamente il loro distacco dagli standard europei per essere risospinte in una spirale di sottosviluppo ben difficilmente fronteggiatile con le sole risorse dello Stato italiano.
L’esperienza dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno così come quella dei Piani di Rinascita – ispirati a criteri sostitutivi degli interventi ordinari – ha visto accentuarsi il differenziale negativo di sviluppo delle Regioni svantaggiate rispetto a quelle ad economia forte del Paese.
Il provvedimento, al di là dell’impatto che destinerà sulle attività produttive, commerciali, finanziarie e occupative delle nostre Regioni, si tradurrà in una vera e propria forma di ripulsa delle aree ricche d’Europa – comprese le Italiane – nei confronti di quelle che oggi ne costituiscono il Sud economico. Giova infatti ricordare che se l’Italia supera il cento per cento del P.I.L. medio registrato in Europa lo deve al fatto che alcune Regioni superano anche il centodieci – centoventi per cento mentre altre, come la Sardegna, non raggiungono il settanta per cento.
L’accentuarsi della divaricazioni delle Regioni emarginate dalla Mitteleuropea innescherà conseguenze che andranno ben al di là delle implicazioni economiche per configurarsi in termini di lacerazione politica.
Gli interessi forti, per reggere il confronto con la concorrenza americana e giapponese, si salderanno fra loro in un’alleanza dalla quale saranno escluse le aree deboli, riguardate tutt’al più quale mercato di consumo, aree di servizio per ubicarvi attività non gradite in quelle della concentrazione produttiva e, all’occorrenza, serbatoio di manodopera a basso costo.
Una tale lacerazione passerà all’interno degli Stati minacciando, in uno con la costituenda democrazia politica europea, la legittimazione unitaria degli Stati membri.
D’altra parte l’Italia non può rimproverare all’Europa inadempienze che sono alla base della sua responsabilità storica nei confronti del Mezzogiorno ove non modifichi nel concreto l’approccio all’insoluto problema meridionale.
L’appuntamento di Copenaghen si presenta in termini di severa verifica dell’ineluttabile fallimento delle politiche volte al riequilibrio, ma altresì al reale impegno che il nostro Paese intende assumere per difendere una concreta prospettiva di sviluppo del Mezzogiorno capace di colmare il divario che lo separa dalla media dei Paesi Europei.
La Sardegna non intende accettare passivamente un’ulteriore traumatica ripulsa che, oltreché europea, sarebbe – al di là delle proteste – anche italiana. Sollecita perciò dalla sua Rappresentanza istituzionale di Governo quella concreta solidarietà dal cui compiuto realizzarsi conseguirà il positivo definirsi del processo di unità statuale, ancora lontana nei fatti.
I molti riconoscimenti del debito storico dello Stato Italiano verso la nostra Regione, consacrato addirittura nella Costituzione, non possono esaurirsi con solenni affermazioni, leggi e stanziamenti inadeguati, peraltro contraddetti da comportamenti ed iniziative incompatibili.
La presente nota viene inviata per conoscenza ai Presidenti di tutte le Regioni Meridionali per le eventuali comuni iniziative che la Regione Sarda è disponibile a concordare per offrire supporto e legittimazione politica all’azione del Governo nel confronto cui è chiamato nel Vertice di Copenaghen.
Lettera all’on. Giovanni Goria – Presidente del Consiglio dei Ministri – 1986-’87
18 Maggio 2021 by