Riforma dei fondi strutturali – Parlamento Europeo – 26 ottobre 1993

Signor Presidente, un giudizio globale sulla riforma dei fondi strutturali evidenzia il contrasto tra finalità e strumenti: accanto ai valori positivi che ne costituiscono le luci, si proiettano sul quadro ombre che ne oscurano la prospettiva.

L’intera manovra riformatrice perde vigore e credibilità laddove s’impaluda nei compromessi intervenuti per mantenere tra le regioni dell’obiettivo 1, aree che hanno superato la soglia del 75 per cento del reddito comunitario, o per inserirne di nuove – non è comunque il caso delle Highlands – di irrilevante estensione, ma ricomprese in territori tra i più ricchi della Comunità.
Tutto ciò è sbagliato e smentisce l’impegno alla concentrazione degli interventi e al riequilibrio fra le aree svantaggiate e quelle in ritardo di sviluppo.
Delude e preoccupa il disposto dell’articolo 3 del regolamento che dal processo decisionale sui piani di sviluppo regionale esclude proprio le regioni: solo Stati e Comunità concertano e decidono; alle regioni è lasciata unicamente la facoltà di presentare delle proposte. Esse sono perciò espropriate del diritto-dovere di assumere responsabilità di governo in materia riconosciuta di loro esclusiva competenza; si instaura così un processo involutivo che inaridisce le fonti vive della democrazia e il rispetto delle diversità, allontana l’Europa dai cittadini, consolida la sudditanza delle grandi comunità dal potere central-burocratico dei governi, sviluppa la mala pianta del localismo sterile, postulante e protestatario, sommerso nel soffocante clima dell’assistenzialismo.
Per concludere denunzio il pericolo, minacciato, di far calare la scure punitiva della Comunità sulle incolpevoli popolazioni dell’Italia meridionale ed insulare, a causa dei ritardi del governo italiano e delle stesse regioni nel proporre progetti per l’impiego dei fondi strutturali e la spendita di essi per il periodo 1989-1993.
È nota al mondo la crisi paralizzante della democrazia italiana, crisi che ha invaso i gangli vitali dello Stato. A sopportarne il peso sono stati proprio i più deboli, singoli e comunità, ma giustizia vuole che alle incolpevoli popolazioni giunga ora rigeneratrice la solidarietà operante della Comunità e non la burocratica sanzione per inosservanza dei termini.