Convegno CISAL sull’Energia – 18 dicembre 1992

Il mio saluto va agli intervenuti ed espressamente all’organizzazione di questo Convegno, che sì propone di approfondire l’articolazione così panoramica della vasta tematica dell’Energia.
Le personalità coinvolte in questo Convegno sono sicuramente di notevole livello professionale e scientifico, con alcune delle quali mi onoro di aver collaborato in alcune circostanze.
Il problema Energia è di grande attualità e con esso si scrive la storia del futuro.
L’Energia è forza vitale, indispensabile per l’evolversi della società in tutte le sue espressioni e per lo stesso modello di vita di una Comunità.
Proprio facendomi carico di questo problema, da Presidente della Regione Sardegna, ci siamo battuti, e non solo come amministrazione Regionale ma con le popolazioni che vi erano particolarmente coinvolte e con le Organizzazioni relative, con i Sindacati, con le Istituzioni, le Amministrazioni Comunali, le forze politiche, per rilanciare e riattivare una delle componenti essenziali per questo tipo di sviluppo: il Bacino Carbonifero del Sulcis che rappresenta circa il 70% del potenziale Energetico Nazionale. Altro che soffioni boraciferi di Lardarello!
Il potenziale maggiore è qui in Sardegna!
Il carbone è molto importante ed è presente in Europa in modo diffuso; in un’Europa che non dispone di petrolio, salvo nei Mari del Nord, in quantità non certo rilevanti, per cui sul piano dell’energia dipende dalla politica di altri Paesi, di altri Continenti.
L’Europa non ha autonomia energetica se non nel carbone, e noi sappiamo come la politica degli Stati possa determinare in qualunque momento tensioni, contrapposizioni, conflitti in virtù dei quali il petrolio non è più disponibile, o disponibile a prezzi altissimi.
Dovevamo quindi studiare il modo di rendere questo carbone utilizzabile, superando il problema dell’impatto ambientale.
Questo fu fatto, affidando gli studi ad una Istituzione specializzata che ha sperimentato questo carbone secondo le metodologie più diverse, dal metodo Texaco, della Shell e di tutta una serie di nomi che appartengono a coloro che hanno messo a punto queste metodiche.
Accertarono che il carbone Sulcis sembrerebbe predisposto dalla natura e dal buon Dio per essere gassificato, perché ha in se qualità specifiche che lo rendono facilmente e utilmente gassificato, con impatto ambientale praticamente zero.
Allora il problema è economico?!
Ebbene, dal momento che l’ENEL ha predisposto o sta predisponendo centrali per la utilizzazione di combustibili diversi (centrali policombustibili), e fra questi figura il carbone, e il carbone viene portato dall’estero, non si vede perché non si debba utilizzare il carbone sardo.
È previsto, dai Piano di rilancio del Bacino Carbonifero dei Sulcis, che nel 1995 si debbano estrarre 1.700.000 Tn. annue di carbone grezzo e che deve essere portato nelle centrali.
Per essere portato in Centrale non possiamo che predisporre e prefigurare la gassificazione. Trasportarlo nella Centrale policombustibile allo stato normale, con desolforazione dei fumi, cioè la storia dei letti fluidi e cose di questo genere, siamo già nel blocco giuridico predisposto dalla CEE che non tollera l’immissione in caldaia di carbone con % di zolfo superiore ad uno.
Quindi questo carbone noi lo stiamo estraendo per non poterlo utilizzare!
Allora il problema si risolve gassificando!
Gli studi che abbiamo fatto, lo dicevo prima, hanno dimostrato non solo la compatibilità, l’utilità, la vocazione naturale di questo carbone alla gassificazione e di questo abbiano fatto partecipe l’ENEL, l’ENI e il Ministero dell’Industria.
Dai primi ho avuto successivamente lettere risentite.
Il presidente dell’ENEL ing. Viezzoli ci ha eccepito difficoltà, dal punto di vista scientifico, che sono risultate delle banalità.
Non possiamo consentire a nessuno di venire a dire delle stupidità quali il fatto che la presenza di calcare genera nella gassificazione uno sviluppo di idrogeno che essendo un gas instabile determina esplosione, per cui il gas ottenuto dal carbone Sulcis non può che essere utilizzato a bocca di miniera perché trasportarlo significa esporre la collettività ad esplosioni lungo il percorso.
Queste cose sono state dette alla Giunta Regionale dal rappresentante ufficiale dell’ENI, ma le abbiamo diffuse tramite la stampa proprio per svergognare istituzioni che dovevano essere i nostri consulenti e che ci traevano invece in inganno; così come quando ci dicevano che la presenza dello zolfo rappresentava un costo aggiuntivo talmente alto da rendere ingestibile la gassificazione.
La presenza dello zolfo rappresenta invece una sopravvenienza attiva nel processo produttivo del gas perché quello zolfo, in presenza dell’umido, si trasforma in un liquido che si solidifica e diventa zolfo primario; di questa qualità di zolfo l’Italia ne importa 300.000 Tn. annue, per cui avrebbe anche un mercato.
Non vi è quindi costo aggiuntivo, ma queste banalità sono state dette per scoraggiare i nostri studi.
Ma noi, che non siamo dipendenti sul piano intellettuale, la cultura è un patrimonio di tutti, la cultura è un patrimonio che circola e non è riservato alle segrete stanze del potere ma è disponibile per la umanità che voglia conoscere, siamo andati per il mondo.
Da Dusseldorf agli Stati Uniti, imprese che hanno esperienza in questo specifico compito, hanno esaminato il nostro carbone, garantendo ottimi risultati con la gassificazione.
Ebbene, tutte queste cose non le posso valutare certo da tecnico e tanto meno da scienziato, ma le devo valutare sul piano politico e, in particolare, quando mi si dice che la desolforazione dei fumi, oltre a non garantire dal punto di vista ambientale, fa perdere una percentuale del potenziale energetico di quel carbone, mentre tutto questo non avviene con la gassificazione.
Ecco, quando si dice che sì ha un’utilizzazione enormemente maggiore a parità di materiale utilizzato nel processo produttivo energetico, quando si ha un potenziale energetico superiore, quando i costi degli investimenti per la realizzazione delle Centrali è di ca. il 50% in meno, quando con i costi di gestione si risparmia tra gli 80 e i 100 Mild, annui, allora ci si chiede perché non si fa, perché si insiste sulle Centrali policombustibili ricorrendo a metodologie che sono superate. Perché non lo si fa??!!
O vi è inettitudine, o vi sono grossi interessi che confliggono e frenano lo sviluppo!! Siamo in un clima di “Tangentopoli” e sinceramente c’è da chiedersi tante cose. Dopo aver vissuto la esperienza di Presidente della Regione sto vivendo quella di Parlamentare Europeo.
Gli studi fatti dalla Regione Sardegna mi sono fatto carico di portarli alla Commissione Energia del Parlamento Europeo la quale si è fatta carico di questi temi.
Di questa Commissione fa parte Con. Virginio Bettini che è uno studioso di queste tematiche, ha scritto anche un libro su carbone Sulcis, un libro che, anche se datato, esprime la cultura e le valutazioni dell’epoca. Esprimeva pareri negativi per quanto riguarda la possibile utilizzazione del carbone Sulcis.
Dopo aver letto gli studi fatti dall’Amministrazione regionale è diventato uno dei maggiori sostenitori della politica di gassificazione.
Quello studio ha circolato in sede Europea!
È stato fatto un seminario di audizioni per le Energie Alternative, dall’Eolico alle Biomasse, alle teorie del Sole, alla gassificazione del carbone.
Mentre per le altre materie sono stati chiamati Danesi Canadesi, ecc., per quanto riguarda la gassificazione i maggiori esperti in Europa sono stati considerati quelli che hanno studiato i temi del carbone Sulcis.
In quella occasione sono venuti i sindacati Inglesi, Francesi, Spagnoli, Olandesi, Belgi. Ebbene gli Spagnoli hanno capito e hanno assunto iniziative; hanno chiesto e ottenuto dall’Amministrazione della CEE il finanziamento per la realizzazione di una Centrale Termoelettrica alimentata a gas di carbone.
La Spagna che non ha studi in materia ma dispone di carbone sia nell’Andalusia che nelle Asturie e in altre diverse zone, la Spagna che aveva in quella Commissione Energia la presidente delle Regioni Minerarie d’Europa Garcia Alias, ha assunto immediatamente l’iniziativa di sperimentare.
E noi, che avevamo la disposizione del CIP, per iniziativa del Ministro Battaglia, che accogliendo i nostri studi e le nostre istanze aveva disposto la realizzazione nel Sulcis di una Centrale Termoelettrica di 135MW alimentata da gas di carbone, noi siamo stati silenti ed assenti; e quando l’ENEL ha deciso di passare alla parte esecutiva di quel progetto, non è seguita alcun altra iniziativa.
Questo è stato un tradimento nei confronti del popolo sardo, un attentato alla sua autonomia energetica! Un attentato al suo sviluppo!
Si vanno a creare sconvolgimenti nell’economia, crisi profonde, situazioni tali per cui si armano gli eserciti, si creano situazioni di dramma quale ultimamente la guerra del Golfo; la stessa guerra nasce non da principi ideologici o da grandi temi di libertà, ma dalla necessità di assicurarsi fonti di energia da sottrarre ai produttori che su quelle fonti basano la loro sopravvivenza.
Ebbene, per un’isola quale è la Sardegna, l’autonomia energetica è un fatto essenziale!
In qualunque momento noi possiamo essere tagliati fuori dai flussi di rifornimento poiché dipendiamo, attualmente e totalmente, da apporti esterni e quindi in qualunque momento essere messi in ginocchio da decisioni che non dipendono da noi.
In questa situazione dobbiamo farci carico di studiare opportunità strategiche che consentano all’isola di guardare con serenità al suo futuro.
Quindi bisogna diversificare le fonti di energia, non essere totalmente dipendenti da una sola fonte ma assicurarsi quelle disponibilità che rientrano nelle nostre capacità naturali, ed in questo spirito che, dicevo, l’Amministrazione Regionale, le forze politiche, il mondo del lavoro, le Istituzioni della democrazia di base si sono mossi nel 1985 par ottenere, dal Governo dello Stato, una legge di finanziamento, pari ad oltre 500 miliardi, per la riattivazione del Bacino Carbonifero del Sulcis.
Ma, evidentemente, non si doveva estrarre questo carbone solo per metterlo a “cielo aperto” sottraendolo alle profondità del sottosuolo; doveva avere una sua destinazione!
Bisogna però ricordare che la presenza dello zolfo incorporato nello sterile supera in larga misura gli indici di tollerabilità fissati dalla CEE, che si attestano sull’1%, mentre nel carbone Sulcis siamo intorno al 7%; ciò rende tutta l’area del Sulcis, non solo in termini di fatto ma anche per questioni giuridiche, zona a rischio per l’alto indice di inquinamento che si registra.
Io plaudo alla vostra iniziativa, plaudo all’interrogarsi su questi temi, il renderli sempre più attuali e non lasciar cadere nel dimenticatoio un discorso di questa rilevanza.