Giornata di studio: La politica industriale: il caso Sardegna – Cagliari, 14 gennaio 1985

Purtroppo non ho avuto l’opportunità di ascoltare la relazione introduttiva a causa dei tempi tecnici di arrivo da Nuoro sin qui che mi hanno costretto ad una certa prudenza durante il tragitto, quindi la mia presenza è più un significato politico, che non un contributo concrete all’elaborazione di quelle conclusioni per le quali interverrà l’Assessore all’Industria e che in ogni caso la Giunta valuterà con estrema attenzione, con tutto il rispetto all’impegno che il sindacato sta profondendo nell’acquisire e nel formulare proposte che serviranno indubbiamente alla Giunta come punto di riferimento e come elemento di valutazione del suo responsabile studio.
Io che posso aggiungere? Se non che la mia presenza significa proprio queste attenzioni, queste valutazioni altamente positive del ruolo che il sindacato sta svolgendo in Sardegna, del suo essenziale ruolo di proposta, di stimolo e di impulso, in particolare sul tema specifico che oggi viene trattato anche in relazione a quel confronto che la Giunta Regionale si appresta ad avere nei prossimi giorni con il Governo dello Stato.
In relazione alla presenza delle Partecipazioni Statali in Sardegna, per le quali molti dei riferimenti che sono emersi oggi negli interventi saranno da noi tenuti in considerazione grazie alle relazioni, certo la Giunta è oggi impegnata proprio in questo ambito nel tentativo, diciamo pure piuttosto difficile, di salvare l’esistente non in funzione certo di una conservazione statica dell’esistente ma per promuovere lo sviluppo attraverso quell’esistente che siamo chiamati a tutelare ed a salvaguardare.
La Regione si trova molto spesso ad assolvere ruoli di supplenza per quelle diserzioni che troppo spesso registriamo nell’impegno dello Stato, nell’impegno delle aziende pubbliche, nell’impegno delle articolazioni che il potere dello Stato ha in Sardegna e che spesso non assolve ai suoi compiti istituzionali in forma compiuta, lasciando vasti spazi inadempiuti e quindi costringendo le legislazioni regionali e le scarsissime risorse ad un ruolo di supplenza che ormai deve essere evidenziato. Come non è più accettabile che le aziende a Partecipazione Statale si muovano nella nostra isola con una imprevedibilità decisionale che ignora il potere autonomistico, che rende ben difficile quella programmazione cui tutti si fa riferimento sempre costantemente, ma che viene loro consentita di fronte alla mancanza di capacità di controllo e di governo di quelle iniziative e di quelle decisioni.
Noi dobbiamo riuscire a partecipare ai processi decisionali che investono le aziende a Partecipazione Statale, dobbiamo avere poteri concreti operativi nella gestione, e nelle scelte che altrimenti dobbiamo subire, decisioni che scoordinano e sconvolgono in modo talvolta traumatico, quel tessuto di strutture sociale che è già così fragile, già così vulnerato, già così precario, per cui si mette in discussione quell’equilibrio sociale e civile, oltre che economico e produttivo, sui quali si fonda la nostra convivenza. Quindi si pone il rapporto fra Istituzioni autonomistiche e le Partecipazioni Statali in termini sempre più ineluttabili, il bisogno di definirlo in termini tali per cui il potere autonomistico sia messo in grado di esercitare contributi reali. Altrimenti noi riceviamo i messaggi del signor x o del signor y, prestigiosi presidenti di altrettante prestigiose aziende e, naturalmente quando le abbiamo ricevute noi, sia pure nella forma cortese di “ambasciatori” altrettanto importanti, però hanno quelle stesse comunicazioni, con cortese discreto anticipo, le redazioni dei giornali, i sindacati. Dunque, voler essere in qualche modo informati di queste cose è un modo per il quale il presidente della Regione proprio nei giorni scorsi stava per non ricevere quel foglio di carta, perché lo considerava un forma irriguardosa nei confronti delle istituzioni rappresentate in quel momento, dalla persona che vi sta parlando.
Non si vogliono lacerazioni, non si vogliono momenti di conflittualità, di contrapposizione; si va cercando, come dire, nel dialogo energie sinergiche che creino nel loro incontro azioni di rafforzamento e di crescita. Ma non si può fare la sottovalutazione di un’istituzione che, pur sempre sul piano costituzionale è l’espressione politica della nostra comunità. L’attività produttiva delle aziende a Partecipazione Statale deve entrare nel quadro della programmazione regionale e la programmazione regionale deve essere rispettata dalle aziende a Partecipazione Statale e non solo per gestire, perché il loro ruolo non è solo questo. È stato detto e sottolineato da voi, dagli industriali, che ci dobbiamo mobilitare in qualche ruolo per affermare ruoli diversi che sono rappresentati dalla ricerca, dai servizi, dalle informazioni, che sono tutto un complesso di attività che debbono stimolare il complesso delle attività produttive commerciali, economiche nella nostra isola. Devono poter operare con interazioni che nella loro sintesi, attraverso l’operatività dei privati e delle aziende pubbliche e del potere pubblico regionale, debbono poter creare quei momenti promozionali che sino ad oggi tutto sommato sono mancati.
È un’osservazione che io faccio per quanto riguarda le finanziarie della Cassa del Mezzogiorno, le varie Finam, Insud e così via; aziende che dispongono di decine e decine di miliardi e con i quali operano, del tutto scoordinate, anche all’interno della nostra economia, di quella che è la programmazione regionale, rischiando di mettersi talvolta in rotta di collisione con quelle che sono le decisioni dell’Amministrazione Regionale, con quelle che sono le indicazioni degli imprenditori privati, perché l’Italtrade dispone di 35 miliardi per commercializzare il pecorino sardo. Se mi arriva in America dove invece ci sono gli imprenditori privati che stanno assolvendo con grande impegno, ma con grande rischio, al ruolo di collocare su quel mercato una produzione che è in ascesa rispetto alle domande, finisce col farci ridurre i prezzi e col mettere in ginocchio l’economia regionale. Ed allora ecco che una finanziaria della Cassa per il Mezzogiorno, che opera al di là ed al di fuori della programmazione regionale, del coordinamento del potere autonomistico, finisce col tradursi in uno strumento pericolosamente negativo e contrario a quel processo di sviluppo che invece si pretenderebbe di poter esercitare.
Ecco poi quelle cose sottolineate, molto acute, molto serie della programmazione come punto di riferimento per le azioni di tutti i soggetti. Sono riferimenti che trovano l’amministrazione regionale non solo attenta, ma concorde come soggetto maggiormente interessate. Perché questo obiettivo si realizzi nella politica regionale, noi dobbiamo tener conto qual’è l’assetto industriale della nostra regione. Certo di quelle 400, 500 o 550 grandi aziende importanti, ma anche di quel tessuto artigianale e di quella grande massa di operatori e di coraggiosi che sfidane veramente in condizioni di estrema difficoltà il momento economico, soprattutto con quel quadro di sistema bancario cui faceva riferimento Carrus poco fa. È veramente un elemento di rallentamento dello sviluppo che va riesaminato perché ognuno deve assolvere il proprio ruolo. Ma il sistema bancario, deve riscoprire tutto il valere del rischio d’impresa, non può scaricarlo soltanto sul l’ente pubblico o sull’imprenditore che se non offre tutte le possibili garanzie viene abbandonato a sé stesso, quindi messo nell’impossibilità di operare. Noi dobbiamo riuscire a diventare un mercato perché altrimenti siamo emarginati, siamo subalterni, non vi sarà alcuna possibilità per i nostri imprenditori di sviluppare una managerialità ed una capacità organizzativa e distributiva delle loro produzioni. Dobbiamo diventare mercato, dobbiamo inventare il nuovo, dobbiamo veramente operare come istituzione pubblica con il fine specifico di creare attraverso le nuove tecnologie, anziché vederle come un pericolo, come un elemento che creerà disoccupazione, dobbiamo invece utilizzare tutte le forze dirompenti, tutte le forze innovative, tutte le forze di crescita, di sviluppo, che possono determinare, coordinando ovviamente nell’ambito e nei limiti del possibile, perché altrimenti restiamo tagliati fuori, altrimenti veniamo progressivamente, ma inesorabilmente, sospinti fuori dai mercati, sospinti fuori dalle produzioni, altrimenti non c’è speranza, non c’è domani, non c’è prospettiva. Di queste prospettive ci dobbiamo impadronire con le forze accettando il nuovo, diventando noi stessi antesignani del nuovo, diffondendo la cultura del nuovo, e dobbiamo ritrovarci su questi temi, dobbiamo confrontarci, perché sono i temi d ella vita nel suo divenire, nel suo crescere, nelle nuove professionalità, nei nuovi spazi.
Io non lo so, avantieri ero ospite del sindaco di Milano che mi proponeva nell’incontro, che purtroppo non ha potuto avere possibilità di largo margine di tempo, mi proponeva tutta una serie di iniziative, che andranno approfondite, sulle quali sentirò le componenti della cultura sarda, perché sono diverse, molteplici. Ma veramente si possono percorrere, sperimentare tante possibili vie che oggi sono inesplorate; da quelle del turismo: metteteci a disposizione una catena di alberghi che noi non sappiamo dove mandare i nostri anziani per il loro tempo libero, dateci la sicurezza che la catena di alberghi in Sardegna sia disposta, durante l’inverno, durante la primavera, a ricevere le migliaia e migliaia di persone che noi dobbiamo mandare, che noi siamo in grado di mandare: sono certo quelle forme nuove di allungamento della stagione turistica, di utilizzazione di investimento, di occupazione che può proiettarsi e prolungarsi nel tempo. Ma questa cosa significa che dobbiamo studiare i mercati, che dobbiamo andare alla ricerca del nuovo laddove il nuove di realizza. Non è che il nuovo debba realizzarsi qui, perché qui ne possiamo avere benefici. In effetti dobbiamo coglierlo dove si realizza laddove si crea la domanda, l’esigenza, e noi dobbiamo riuscire a produrre per soddisfare quella domanda se ci vogliamo inserire. Allora i servizi reali, le infrastrutture, come ricordava il rappresentante degli industriali, la dorsale ferroviaria, i porti, che siano finalmente adeguati ad un costo di gestione del porto, in evoluzione al bacino portuale (i servizi interni della Sardegna, Arbatax, Porto Torres ed Olbia). Ovviamente tutto un sistema globale di servizi e di infrastrutture che certo non si esauriscono a Cagliari, ci mancherebbe altro che si esauriscano nell’orlatura marina; la Sardegna è anche, soprattutto quella delle zone interne, è quella dell’emarginazione, delle sacche di sottosviluppo dell’isola.
Non sta a me soffermarmici, anche perché io devo soltanto portarvi il saluto, e concludo perché non voglio entrare nei particolari tecnici, e nei particolari che non appartengono neanche fra l’altro alla mia specifica competenza. Noi in materia di servizio reale, siamo disponibili solo per finanziare i servizi reali.
Vi saranno delle organizzazioni private disponibili a realizzare ad altissimo livello, è ovvio, purché gli imprenditori abbiano la formazione che è necessaria perché si raggiungano tutte quelle conoscenze che sono essenziali ai fini di un corretto programma, perché possa concorrere anche la programmazione pubblica. Così come dobbiamo saperci avvalere anche di quegli strumenti che esistono, che sono presenti nell’organizzazione dello Stato, quali il Formez e lo Iasm, che sono in grado di poter dare servizi reali e importanti così come avviene per l’intervento straordinario dello Stato.
Certo, cose molto giuste, molto serie e molto acute sono state dette da Carrus e dal rappresentante degli industriali; mi dispiace di non aver avuto la possibilità di sentire la relazione introduttiva, ma certamente deve aver costituito l’oggetto di analisi e di indicazione. Ma io continuo a dire che l’intervento straordinario non è di per sé sufficiente a risolvere i problemi del sottosviluppo, i problemi del sud, ma noi siamo il sud, se non solo per certe implicazioni economiche e per certe sfasature nel nostro sviluppo. Ma non è con l’intervento straordinario, che raramente è aggiuntivo, in genere è sostitutivo, ma in ogni caso e un intervento straordinario che tende a compensare, ma sono le politiche dello stato che devono essere finalizzate al Mezzogiorno, e la politica del Ministero dei trasporti che deve essere finalizzata, ma non con l’intervento straordinario, ma con un intervento organico permanente volto a superare la crisi infrastrutturale del trasporto nel Mezzogiorno e nelle isole.
Quando dico dei trasporti parlo di tutte le politiche comprese quelle della sanità.
A noi sono stati scippati 70 miliardi con un ultimo piccolo provvedimento: ritornando dal sistema capitario, al più antico sistema della spesa storica, alla Sardegna sono stati sottratti 70 miliardi nella spesa sanitaria. Voi intendete che con questo sistema si lavora verso l’esistente, si va a privilegiare le aree forti, ed allora sono le politiche dello Stato, le grandi scelte dello Stato che devono essere finalizzate al riequilibrio territoriale, al riequilibrio delle economie perché realizzi un paese civile che abbia nella sua giustizia distributiva interna la capacità del suo sviluppo globale.
Io ho sentito intelligenti ed acute cose, non voglio ulteriormente approfittare del vostro tempo. Specifico, nel concludere, un’accusa alla Regione per i suoi silenzi in materia del porto-canale, e può darsi che all’esterno non sia uscita la posizione della Regione, anche per il naturale riserbo dell’Assessore ai trasporti, che forse per il suo temperamento, lo porta ad essere meno estroverso.
Analizzo tutta questa tematica che vede finalmente la Regione entrare nella gestione del problema che sino ad oggi è stato gestito onorevolmente per la parte che hanno potuto assolvere dal Casic e dalla Camera di Commercio grosso modo mi pare d’aver capito. Ma la Regione ne è rimasta assente, non è stata mai interlocutore, non è stata mai soggetto dinamicamente propositivo. Sono stati spesi 400 miliardi ce ne vorranno almeno altrettanti per finire il I° lotto; la Regione a questo punto deve porsi come soggetto con capacità e decisione contrattuale per dialogare con le istituzioni, con la Cassa per il Mezzogiorno e con tutti gli altri soggetti che hanno così potere decisionale in materia.
Vi chiedo scusa se l’ho fatta un po’ lunga, mi rendo conto che sto abusando della vostra cortesia, della vostra pazienza. Non su tutto sono d’accordo nelle cose che ho sentito; questa del contributo regionale al trasporto è la cosa che mi fa un po’ paura perché l’attività di supplenza e del trasporto è un compito dello Stato; è un’attività di supplenza questa che sostituisce la Regione allo Stato in un suo compito istituzionale come contributo aggiuntivo.
Ho visto, chiedo scusa se spesso torno ad esperienze, ad una che non ho fatto a titolo personale ma come rappresentante del Consiglio Regionale della Sardegna, nel rapporto “Isole di Gotland ed economia dell’isola di Gotland con il territorio metropolitano svedese”, che lo stato interviene in esportazione con un contributo pari al 70% delle merci prodotte nell’isola di Gotland ed esportate nel territorio metropolitano svedese, perché è compito dello stato.
Non si vede in che misura la regione Emilia Romagna contribuisca al bilancio delle Ferrovie dello stato che transitano nel suo territorio, o in quale misura si interviene da parte di quali regioni. Saremmo l’unica regione costretta a sovvenzionare lo Stato in un settore nel quale è lo Stato che è chiamato a quella solidarietà che deve assicurare gli operatori economici sardi, perché l’art. 3 della Costituzione si realizzi finalmente come fattore unificante e non discriminante, qual’è oggi fra le popolazioni residenti nello Stato.
Io non posso che ringraziarvi di avermi invitato, di aver valutato la Regione interlocutore privilegiato, sia pure nelle critiche che mi pare di aver sentita avete mosso, ma sono critiche tutto sommato positive perché stimolano, richiamano, sospingono nella ricerca di soluzioni sempre più adeguate.
Vi faccio tanti auguri e, ripeto, noi siamo disponibili perché sentito il dibattito di oggi ed il dialogo che si svilupperà domani, siano sempre più fecondi nell’interesse della collettività.