Melis (ARC). – Signor Presidente vorrei rapidissimamente dire che, affrontando un tema di così rilevante attualità, non si riesce a sfuggire al dubbio che la motivazione di fondo della proposta, nonostante le parole incoraggianti del rappresentante della Commissione che ho appena udito e che sono alla base del progetto Rechar, vada individuata in una politica che accetta le cause della crisi dell’industria mineraria tentando di attenuarne soltanto le conseguenze sociali ed economiche. Si accetta cioè il progressivo abbandono dei bacini minerari in vista di considerazioni che io ritengo più speculative che economiche, sacrificando a queste la strategia dell’indipendenza energetica o, quanto meno, la riduzione della dipendenza energetica del Continente europeo.
Le esperienze del recente passato – dalla crisi di Suez a quella dell’Iran, dell’Irak, al rifiuto-ribellione dei popoli colonizzati per secoli di continuare a fornire materie prime ai paesi industrializzati – dovrebbero insegnarci come tutta questa politica si fondi sulla precarietà dei fattori internazionali, per cui le certezze delle società industriali vengono messe costantemente in dubbio. D’altra parte, il minor costo del carbone d’importazione deriva in larghissima misura dallo sfruttamento disumano del lavoro operaio in vaste aree del mondo, non escluse alcune aree della nostra Europea che, proprio di recente, rompendo gli argini dell’oppressione, stanno chiedendo democrazia anche sul piano sociale.
Peraltro, anche la bilancia dei pagamenti nel suo complesso va tenuta presente ai fini di una valutazione sull’opportunità della ricerca, che potrebbe in larga misura consentire di ridurre i costi di produzione, tenuto conto dei progressi enormi che sul piano delle tecnologie si vanno registrando.
Voglio infine suggerire – in questo contesto e laddove si accetti questa linea, sia pure non in termini di smobilitazione né in termini di condizione per impedire il rilancio della ripresa delle aree di sviluppo dei bacini carboniferi – di tener conto che, fra questi, anche l’Italia dispone di un importante bacino carbonifero. Nell’elenco allegato alla relazione Rechar l’Italia non figura, e in Italia esiste la Sardegna, che dispone di questo enorme patrimonio, che ha visto crollare le produzioni da oltre un milione di tonnellate l’anno a meno di 50 mila, da oltre 20 mila operai a meno di 900, e che, figurando nell’obiettivo n. 1, ha sofferto più di altre della crisi di questo importante settore; per questo chiedo che venga ricompresa fra le regioni da riconvertire per quella parte di smobilitazione che ha già subito.
Programma Rechar – Interrogazione scritta n.2301-90 – Parlamento Europeo – 21.11.89
29 Gennaio 2020 by