Mi rammarico molto di non aver potuto seguire ieri i lavori ai quali gli interventi di oggi hanno fatto frequente riferimento, e che ho capito essere di alto livello: contributi importanti alla comprensione di un tema di grande attualità, di alto valore civile e di prospettiva non più ipotizzabile ma necessaria. Quanto ho ascoltato oggi come confronto sulle diverse tesi, problemi, convenienze, ostacoli, difficoltà, mi hanno confermato nel convincimento che la scelta del parco è una scelta necessaria, ineludibile, gratificante, stimolante lo sviluppo e non una cristallizzazione di questo, non una sorta di congelamento che minaccia i posti di lavoro ed accentua il fenomeno dello spopolamento che la montagna ha subito in questi ultimi decenni. Certo, la società è cambiata, sono cambiate, più le esigenze che i bisogni, intesi come fatto promosso da una sorta di immagine sociale che vuole il cittadino in possesso di tutta una serie di strumenti senza i quali si sente un emarginato, si sente una figura subalterna, per cui deve avere l’automobile, deve avere tutta una serie di strumenti di facile consumo che danno il senso del prestigio che il cittadino assume nella comunità. Sono bisogni che spesso hanno falsato il corretto rapporto fra risorse e consumi ed hanno portato la nostra comunità a spingersi drammaticamente verso quei fenomeni devastanti di disoccupazione che sono sempre conseguenti ad uno squilibrato rapporto fra produzione e consumo. Quando l’indebitamento del sistema e economi-sociale prevale sulla produzione, evidentemente si crea una situazione di sofferenza per cui le conseguenze diventano ineluttabili e noi dal 1970 ad oggi abbiamo pagato e stiamo pagando le più pesanti conseguenze di quel periodo della grande illusione di un’industrializzazione mitizzata, soprattutto nella Sardegna centrale, come la soluzione miracolistica di tutti i problemi di sottosviluppo delle zone interne, industrializzazione che, prima ancora che fossero attivati tutti gli impianti realizzati, (qualcuno di questi non è stato mai neppure attivato) ha imboccato il lungo, drammatico tunnel della crisi e prima ancora, dicevo, che si attivassero i processi produttivi, si è iniziata la smobilitazione.
Ma intanto un impatto psicologico enorme, devastante, si era realizzato attraverso una aggregazione crescente verso l’attività industriale che, non trovando soluzione qui, ha aperto le porte ad una emigrazione incontrollata che ha inferto colpi umani e sociali pesantissimi alla nostra comunità. Stiamo ancora pagando quelle conseguenze; la presidenza di questo convegno leggeva stamane un ennesimo documento di solidarietà per gli operai di Ottana messi in cassa integrazione a zero ore, nel numero piuttosto rilevante che è stato ricordato, che ha già provocato le reazioni della Giunta Regionale, perché quella ipotesi molto artificiosa, sta denunziando oggi tutta la sua inconsistenza. Ed allora, cari amici, a queste soluzioni che sono state pensate fuori dalla Sardegna, secondo una strategia che non ci riguardava, che non era destinata a servire la Sardegna, ma a servirsi della Sardegna, che non era finalizzata a una solidarietà operante verso la nostra gente, ma a dislocare in un’area di servizio industrie altamente inquinanti, non gradite nelle aree di già alta concentrazione occupativa e ad alto indice di sviluppo, di redditi e di consumi. Se tutto questo è già nel la nostra esperienza, dobbiamo convincerci che dobbiamo ritrovare in noi stessi le risposte al nostro domani. Ritrovarle in noi, nelle nostre risorse, nella nostra, unità, nella nostra capacità di fare politica, di uscire dalle rissosità sterili, laceranti, paralizzanti, per andare a costruire ipotesi vigorose, capaci di rompere il circolo vizioso del sottosviluppo. Ed oggi io credo che le condizioni esistano, che, certamente non non solo per merito della Giunta Regionale (troppo, come dire, rituale oramai sparare addosso sul pianista) ma certo si sono modificate, in parte, in questi ultimi anni. In questi anni, quelle condizioni di degrado economico e sociale che vedevano ogni anno aumentare di decine di migliaia le unità di disoccupati nel 1987 ha visto il blocco di questo fenomeno: ai nuovi 15.000 giovani in cerca di prima occupazione, ha corrisposto un aumento dell’offerta di lavoro di 15.000 unità, per cui nel 1986 non abbiamo avuto nessun incremento di disoccupazione. È la prima volta, da qualche decennio che si rallenta questo processo involutivo; siamo l’unica regione meridionale ad avere colto questo successo in un confronto durissimo con i poteri dello Stato, con i poteri della economia, con i poteri delle Partecipazioni Statali. È un impegno di allocazione delle risorse che sia sempre più coerente agli interessi della nostra gente in un confronto che vede la Giunta quotidianamente impegnata a contrastare le operazioni colonizzanti che il potere economico, (badate: anche quello pubblico) tende a praticare senza soluzione di continuità. Non è nata ieri questa esperienza nei confronti dell’imprenditoria sarda: dei grandi lavori pubblici che si realizzano in Sardegna.
Si è ricordato il tema delle strade, delle grandi strade, oltre 300 miliardi di nuovi lavori, neanche un’impresa sarda se li aggiudicherà. Perché li daranno in concessione all’ItalStat, alle Condotte d’Acqua, alla Di Penta, alle grandi strutture imprenditoriali che poi vengono in Sardegna e si rivolgono ai nostri imprenditori e offrono quegli stessi lavori in subappalto, guadagnandoci senza rischiare una lira, né un centesimo, dal 30 al 40%, e mettendo in crisi quel tanto di imprenditoria che è presente nel nostro territorio in virtù dell’esistenza di un albo nazionale che non ha operato per la Sardegna degli imprenditori e che adesso, che è stato finalmente istituito con una legge speciale, non è riuscita ad iscrivere un solo imprenditore sardo, in questo albo le cui pagine sono ancora bianche. Sono grosse battaglie che ci vedono in una posizione ormai sempre più consapevole di attacco per rompere una prigionia, ma guai a noi se non siamo capaci di esaltare anche le nostre risorse, se trascuriamo di rendere fertile quell’ambiente che certo, per tanti versi, sul piano fisico è ingrato, ma per tanti altri è capace e suscettibile di utilizzazioni particolarmente favorevoli.
Io non ho capito perché l’attivazione di un parco nell’ambito del Mandrolisai, debba creare la paralisi delle attività produttive, dell’occupazione, della utilizzazione del territorio perché si debba far conto soltanto dei posti di guardia parco o di ragionieri del parco, di vigilanti. Ma che significa? Non continuerà a produrre erba il nostro territorio? E che ne facciamo di questa erba, la teniamo a disposizione dei biologi e degli scienziati? O solo dei mufloni? L’ambiente continuerà a produrre quelle risorse che potranno essere utilizzate naturalmente con una disciplina diversa dal passato. Il parco non è altro che una forma di razionalizzazione nella gestione del territorio; una forma di gestione corretta, ottimale, volta a salvaguardarne i valori, le potenzialità, a restituire all’ambiente, a ripristinare nell’ambiente quelle risorse naturalistiche che un uso scorretto, di rapina del territorio, ha disintegrato, ha fatto scomparire, ma che possiamo recuperare, che dobbiamo recuperare, dobbiamo uscire dalla concezione che il parco sia una sorta di grande museo, che paralizza tutto, che tutto blocca. La natura è vita, il parco è espressione dell’ambiente naturale e non c’è’ nulla di più vitale della natura. Nell’uomo che opera nell’ambiente naturale deve necessariamente devastare, l’uomo è stato capace di migliorare l’ambiente, è stato capace di ingentilire l’ambiente, di trasformarlo migliorandolo. Basti pensare alle colline umbre: quale suggestione, quale bellezza, quale maggiore ricchezza nel paesaggio realizzato dal lavoro, dalla fantasia, dalla creatività dell’uomo. Perché noi dovremmo, sempre e solo, distruggere o devastare, perché guardare l’uomo come un elemento di inquinamento, di sconvolgimento; se l’uomo fa un uso corretto dei territorio, il territorio fiorisce e produce ricchezza, benessere, progresso, civiltà: si tratta di fruire del territorio nelle forme più corrette, più adeguate.
Cari amici, l’allevamento del bestiame non si fa più così come il poeta desulese e sardo Montanaru raccontava. Le grandi transumanze non hanno più grande attualità, un tempo si acquistavano i mangimi per integrare la produzione dell’erba quando questa era scarsa, oggi l’alimentazione del bestiale è garantita sopratutto dai mangimi con un’integrazione di erba. È cambiata l’economia dell’allevamento. Si dice: dalle nostre montagne i pastori stanno migrando, stanno andando via. Ma la verità è che le produzioni lattiero-casearie sono aumentate, sono aumentate quasi del 50%. Il che significa che vanno cercando allocazioni economicamente più redditizie, che vanno cercando soluzioni al problema di produrre, ma non significa che il parco debba sospingere fuori e cacciare coloro che vi vivono, se nell’operarvi non creano danno. Certo, ci saranno alcune zone di riserva integrale, vi saranno alcune zone nelle quali non sarà possibile alcuna utilizzazione, ma, nella gran parte delle zone questo sarà possibile. Io, mentre venivo guardavo affascinato il bosco e i suoi colori, mi pareva di attraversare una zona,lo dicevo agli amici che ho raggiunto qui, dell’Alta Savoia in autunno; una delle zone più prestigiose per il turismo internazionale. Questi sono luoghi di una bellezza incomparabile, sono luoghi che hanno una vocazione turistica poderosa, che va recuperata in pieno. Il turismo è una grande risorsa, è una grande potenzialità, il turismo è un fenomeno in crescente espansione. Si prevede che, entro il 2000, i turisti nel Mediterraneo aumenteranno nell’ordine di qualche centinaio di milioni; è un fenomeno di massa che sta esplodendo su un piano mondiale, perché le tecnologie stanno liberando le energie del lavoro e rendendo il tempo libero sempre più ampio e mobilitando masse e fasce sociali sempre più vaste, sul piano della fruizione del turismo. E dobbiamo prepararci adeguatamente e culturalmente a questo appuntamento. Quando la Presidente della Comunità’ Montana n.9, , che ricomprende la Marina di Dorgali, parla della possibilità di un rapporto tra “mare e montagna” afferma che questa è la vera prospettiva.
Vi sono delle possibilità, ma non lo dice solo per solidarietà della marina verso la montagna, ma direi contando molto sulla montagna per la marina, perché l’unica possibilità che ha la marina di prolungare la sua stagione turistica nell’autunno, quando le acque del mare sono fredde, e nella primavera è che la montagna diventi la meta e la sede di un turismo attivo, diffuso, organizzato. Ed è un turismo che si avvale delle bellezze delle suggestioni paesaggistiche della montagna, del patrimonio naturalistico della montagna, del patrimonio culturale, del mondo pastorale, di questa civiltà pastorale che è unica, irripetibile nel contesto mediterraneo e che richiama, per questo messaggio di simpatia e di solidarietà che si raccoglie intorno ai sardi, l’interesse sempre più vasto in sede internazionale. Esistono grandi possibilità però questa gemma preziosa dell’ambiente noi la dobbiamo far risplendere in tutta la sua luce. Badate, gli uomini, nei millenni, hanno scritto le loro civiltà nell’ambiente; noi sappiamo leggere la storia ricercando nell’ambiente le testimonianze che i popoli che si sono susseguiti vi hanno lasciato. Certo, noi possiamo parlare dei nuragici, perché una civiltà nuragica ha lasciato la sua testimonianza nel nostro territorio, ma, badate, non sono solo i nuraghi che testimoniano la civiltà nuragica, non solo i dolmen, sas domus de janas, i rettili. Vi è tutta l’organizzazione del territorio. Ma dobbiamo creare queste nuove professionalità, preparare i giovani che sappiano reinterpretrare il loro ambiente e riproporlo all’interesse e alla curiosità dei turisti e degli studiosi; vi sono potenzialità che vanno in tante direzioni, come opportunità’ di lavoro. Ho letto con piacere, nella relazione introduttiva dell’Assessore Ferrari, degli apprezzamenti negativi sull’uso delle coste e il bisogno di recuperare un certo patrimonio abitativo nei centri abitati. Si, questa è la nuova forma di offerta turistica; non c’è’ bisogno delle seconde case, esistono le case dei cittadini, la Regione dovrebbe finanziare la razionalizzazione di queste abitazioni nei nostri paesi; l’aumento di uno o due vani che possono essere messi a disposizione dei turisti; abbattere i costi del turismo interno, fare in modo che la gente entri nelle nostre famiglie, nella nostra cultura, entri nel rapporto umano che i Sardi sono capaci di esprimere; adoperarsi che i soldi non vadano alle grandi organizzazioni esterne che incanalano, inalveano il turismo, ma perché il turismo si diffonda in questo tessuto urbano che dobbiamo recuperare per farlo rendere, non solo per restituire condizioni di vivibilità ai nostri paesi, la perché diventi un investimento produttivo. Ho visto nell’Oristanese un gruppo di casalinghe che si è organizzato per fare questo lavoro e fatturano 10 miliardi all’anno. La Signora Pontis presiede questo gruppo di cooperative che non hanno un albergo, non hanno una trattoria, non hanno una struttura di offerta pubblica, eppure fatturano 10 miliardi all’anno queste casalinghe. Ricevono la gente a Bauladu, a San Vero Milis, in questi paesini che sono anche lontani dal mare, però poi la gente si prende l’automobile e in 20 minuti è al mare. Oppure risale la montagna. Queste sono iniziative concrete, però dobbiamo avere qualcosa di bello da mostrare; qualcosa di bello da conservare, qualcosa di bello da difendere.
Certo, sì, errori ne abbiamo commessi, tanti, io sarei meno severo verso la cosiddetta “Classe politica”, ma esiste una classe politica? Da quale pianeta proviene la classe politica? È chiusa in uno scompartimento particolare per cui da una parte escono cittadini e dall’altra i politici? I politici sono espressione della comunità, sono il ragioniere, il medico, l’avvocato, l’artigiano che si impegnano in una militanza o politica o, più genericamente, civile e vengono chiamati dalla fiducia dei cittadini a rappresentarli e assolvono a questo compito secondo una cultura, una sensibilità, una mentalità e una tensione morale che sono quelle della società e non della classe politica, che, come tale, non esiste. È tempo di identificarci con chi noi stessi troviamo modo di investire di una certa responsabilità, ma ciò che voglio dire è che effettivamente sono stati commessi errori nella valorizzazione delle nostre coste. Ci siamo trovati, io non contavo niente allora però mi assumo una responsabilità storica perché chi mi ha preceduto si è trovato di fronte ad un’esperienza nuova, il turismo di massa, la sottovalutazione dei valori ambientali.
La sensibilità civile come elemento condizionante della vita è un elemento abbastanza recente e i politici lo hanno respirato e vissuto assieme alla società. Quelle che prima sembravano campagne di nessun rilievo economico perché non avevano suscettibilità di far vivere due capre, sembrava un grande affare vederle per tre milioni ad ettaro anziché per duecento mila lire ad ettaro. Oggi si scopre che valgono, se non milioni a metro quadro, certo centinaia di migliaia di lire a metro quadro. Centinaia e centinaia di milioni ad ettaro, ma allora, nel primo impatto, quando gli spazi e i grandi silenzi della nostra costa erano rotti solo dalle onde che si infrangevano sulle scogliere, cari amici, chi è che capiva il significato reale di una prospettiva, ma soprattutto chi lo fermava il pastore al quale dicevano: “Ti compro il tuo pascolo che non ti rende niente, che non riesci neanche a ricavanti i soldi delle imposte, te lo pago tre milioni ad ettaro. Cinquanta tilioni, Gesù mio, cinquanta milioni, era un firmamento, un cielo stellato, pieno di gemme. Non li fermava nessuno. Avrebbero venduto anche il letto di casa. Ebbene, abbiano pagato lo scotto dell’inesperienza, anche le stesse progettazioni non tenevano conto dei valori che invece oggi si riscoprono. Prima di attivare un porticciolo turistico oggi si aprirebbe un dibattito in tutto il paese e tutti si sentono coinvolti, ecco il fatto nuovo. Non più una delega a rappresentarci, generica: una volta eletto il rappresentante, si arrangi lui. No, vi è una viva partecipazione della gente per cui la rappresentanza tradizionale è entrata quasi in crisi per essere sostituita da questa forma di democrazia partecipata. Io guardo con entusiasmo a questo convegno per il grande numero di persone, di giovani che sono presenti, che si sentono protagonisti, che si sentono responsabili, che si riappropriano del loro territorio, si riappropriano delle loro responsabilità. Questo è il punto, cari amici. E allora è inutile chiamare a rispondere chissà quali colpevoli; voi oggi avete dato una lezione di grande serietà, avete chiamato esperti che hanno vissuto esperienze diverse; mi pare di aver visto nel programma che avete chiamato gente dalle Alpi, dal Gran Paradiso, dalla vicina Corsica, avete chiamato esperti e altri sono venuti spontaneamente. Esperti e studiosi di discipline diverse ma tutte in qualche modo correlate tra loro. Dall’antropologo all’urbanista, al sociologo, allo studioso di scienze forestali, ai funzionari, ai politici; avete saputo raccogliere intorno a questo tema un interesse vivo, profondo, reale, costruttivo. Questa è la Sardegna che va crescendo, questa è la Sardegna che finalmente prenderle coscienza della soggettività politica, che crea rinascita, non come fatto esterno, ma come fatto interno a noi stessi. Io non so darvi né tempi, né indicazioni precise perché queste cose non si risolvono nel Palazzo, si risolvono nella società, si risolvono con la partecipazione della comunità, quindi le risolviate insieme. Quello che voi certamente otterrete è quello di avere le risposte da chi ha la responsabilità di governo della cosa pubblica, perché con una comunità così intensamente presente e partecipe non è più’ possibile ricorrere a risposte evasive. Il confronto è ravvicinato, alla luce del sole, conclusivo. Ecco, io credo che con queste premesse le iniziative potranno definirsi e realizzarsi: L’ipotesi del parco è importante non per creare mummificazioni, non per fermare la vita, ma per esaltarla e guardare con maggiore certezza all’avvenire.
Convegno sul Parco per la Barbagia-Mandrolisai- Tonara – 5/6 dicembre 1987
27 Gennaio 2020 by