Non c’è dubbio che il problema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi sia un problema nuovo, così come si va definendo.
È un problema della società industrializzata che ha visto crescere i consumi, il tenore di vita, i conforts, tutta una serie di valori materiali, ma con questi anche la produzione di residui abbandonati, che costituiscono, nella loro massa, quelli che solitamente si ricomprendono nella categoria dei rifiuti solidi urbani. È con la crescita dei consumi, del tenore di vita, con la crescita globale della società che cresce anche il problema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti.
È un problema nuovo nella sua dimensione, nella sua tecnologia, nei suoi costi, nella sua stessa filosofia.
I consumi hanno aumentato a dismisura i volumi dei materiali cosiddetti residuali e dobbiamo fare ricorso alle tecnologie oggi disponibili, che mutano e crescono ogni giorno con ritmi, costi, professionalità le più diverse e complesse perché a loro volta i consumi sono resi possibili da nuove tecnologie che mettono a disposizione dei fornitori prodotti per 1’innanzi impensabili: forme di conservazione, contenitori dalle plastiche alle lattine, a tutte le diverse forme di veicolazione dei prodotti che vanno a costituire i residui che bisogna poi eliminare. Quindi più consumo più residui.
A questo punto si pone il ribaltamento della questione: sono residui o sono risorse?
Lo smaltimento va visto in questa prospettiva. Naturalmente i problemi sono diversi a seconda che si debbano affrontare quelli di una grande città come Cagliari (che poi è una grande città per la realtà sarda, ma è solo una medio-piccola città se vista in una prospettiva di più ampio contesto), o quelli di Torpè, Posada, Siniscola, Budoni, San Teodoro, per indicare un bacino di raccolta ben identificato nel territorio. Altro è raccogliere rifiuti solidi urbani che si concentrano in grande quantità e volume in un piccolo spazio; altro è raccogliere piccole quantità in un vasto spazio.
Sono costi, forme organizzative diverse, esigenze di consorzi, quindi esigenze giuridiche, tecniche, operative che si diversificano e che chiamano i poteri pubblici ad uno sforzo elaborativo, ad un impegno normativo e finanziario al quale, diciamolo francamente, non siamo preparati.
Non siamo in grado di far fronte da soli a questo impegno, perché questa è un’ipotesi che parla il linguaggio dei miliardi, delle decine di miliardi, che diventano, nel loro sommarsi, oltre i 300, 350 e che non sono presenti nel firmamento finanziario del nostro bilancio, tant’è che questo sforzo era stato previsto in uno con la Cassa per il Mezzogiorno, che aveva contribuito alla elaborazione del Piano Regionale per lo smaltimento dei rifiuti e, attraverso alcune norme previste dal Governo e dal CIPE, aveva anche stanziato o indicato la spesa di 150 miliardi, con un primo stralcio di 45 miliardi.
Si sono dissolti con il dissolversi della Cassa per il Mezzogiorno. Tutti i tentativi di recupero e di riciclaggio sono stati vani.
Incombe sulla Regione, che può, a buon diritto, vantare la primogenitura di un Piano regionale che ha riscosso l’apprezzamento a livello tecnico scientifico di valore internazionale, nonché su tutte le altre istituzioni, sulle forze politiche, sull’intera società sarda l’obbligo di recuperare una capacità di confronto e di proposta politica perché l’attuazione di questa complessa opera possa avere pienamente luogo.
L’Assessore della Difesa dell’Ambiente illustrerà sicuramente le iniziative assunte in proposito dalla Regione nello scorso biennio, sia direttamente, con gli stanziamenti del cosiddetto FIO regionale e del titolo IV° della L.R. Ab/76 (Contributi di gestione per i servizi di smaltimento dei rifiuti: 1,8 miliardi nel bilancio 1985 /3 miliardi nel bilancio 1986), sia attraverso molteplici canali di finanziamento esterni quali l’agenzia per il Mezzogiorno (Impianti nei bacini di smaltimento di Tempio, Villacidro e Cagliari, già finanziati per un totale
di circa 120 miliardi), il FIO nazionale (Impianti di Macomer e Olbia, in ccrsc di finanziamento per un totale di circa 52 miliardi), la CEE, per un com plesso di oltre 150 miliardi.
Ma questo non è sufficiente perché i problemi sono enormi e noi dobbiamo uscire da questo contesto che è mortificante e anche pericoloso.
Gli immondezzai ai margini dei centri abitati sono focolai per la diffusione di gravi malattie, che non solo mettono in pericolo la salute delle persone, ma anche l’economia della nostra regione, messa a repentaglio dall’echinococcosi, facilmente diffusa dalle discariche a cielo libero, per la frequentazione di animali più diversi, che poi divengono un veicolo di diffusione pericolosissimo, per non parlare della peste suina africana, che proprio negli immondezzai ha trovato una delle più potenti, persistenti fonti del suo diffondersi. La peste suina africana ha costituito un danno di centinaia e centinaia di miliardi nell’economia già povera della nostra regione.
Ma ci sono altre malattie e c’è il pericolo del degrado del territorio, perché le infiltrazioni nel suolo di tutti i materiali inquinanti, che sono contenuti nei rifiuti solidi, inquinano le falde, con le piogge ruscellano e arrivano ai fiumi, per essere poi trasportati e diffusi nel territorio.
Un’altra possibilità di inquinamento è la combustione che spesso si verifica in questi immondezzai, origine di incendi che poi devastano ricchezze naturali irripetibili, formatesi nel corso dei secoli. Secoli di storia che vengono cancellati, inceneriti perché non riusciamo ad organizzare ed attrezzare il territorio,
Dobbiamo pianificare in modo che nell’articolazione delle strade, delle stesse ferrovie, possiamo canalizzare i flussi di questi materiali, per concentrarli in determinati punti di raccolta, perché non possiamo farne in ogni paese.
Dobbiamo raccoglierli in determinati punti e far sì che questo renda economicamente compatibile il loro smaltimento e la loro riutilizzazione.
Solo la disponibilità di una grande massa di rifiuti consente il riciclaggio degli stessi: sarà il vetro, saranno i metalli, saranno i compost per l’agricoltura, le forme più diverse.
Ma tutto questo significa normativa, poteri giuridicamente fissati nella certezza dei soggetti che devono operare, ma anche certezze finanziarie, perché altrimenti tutto il resto é vano disquisire, frustrazione, sconfitta.
Assume dunque fondamentale importanza il ruolo della Regione nella definizione, con il Governo centrale, nell’ambito celle rispettive competenze, delle normative di attuazione, dei finanziamenti delle opere, etc.
Ma il ruolo della Regione, come peraltro quello degli Enti Locali, ancor prima che nell’ordinamento giuridico dello Stato, trova la sua naturale legittimazione nel rapporto diretto e creativo delle popolazioni con il loro territorio e nell’esigenza primaria di governarlo. Rapporto non surrogabile da poteri esterni senza alterare, violentandola, la sintonia spirituale che definisce il grado di progresso, di produttività, di storia che un popolo scrive nell’ambiente di cui è prima e più autentica espressione.
La Regione sarda avverte questi valori e da tempo è impegnata a fronteggiare sia i gravi problemi prodotti da un’industrializzazione di base trionfalmente insediatasi senza alcuna preventiva valutazione dell’impatto ambientale, sia gli altrettanto gravi e diffusi problemi derivanti dall’indiscriminato e incontrollato smaltimento dei rifiuti urbani.
Ed in questa sua azione è ben consapevole che lo smaltimento dei rifiuti non è un servizio a domanda individuale.
Ed è per questo che il concetto, peraltro nella legislazione molto diffuso, per cui questi servizi devono trovare il loro equilibrio nelle somme pagate dagli utilizzatori, dai cittadini, può e deve essere riaffermato solo a condizione che l’ossatura portante del sistema, gli impianti, le infrastrutture, siano un problema di cui si fa carico la collettività nel suo insieme.
Ecco perché non si tratta solo di un problema di organizzazione o di efficienza ma, prima di tutto, di un problema di cultura.
Questo simposio internazionale ha certamente il merito di arricchirci tutti sotto questo punto di vista.
Intervento al Simposio internazionale – Processi Tecnologie ed Impatto ambientale dello Scarico controllato – Cagliari – 19-23 ottobre 1987
23 Gennaio 2020 by