Le contraddizioni della politica agricola comune sfociano poi anche nelle relazioni tra le Comunità e i Paesi terzi, in particolare quelli dell’Europa orientale. È stato il caso dell’accordo con la Bulgaria all’interno del quale si è determinata una situazione – puntualmente rilevata doll’on. Melis dal suo intervento del 26 ottobre 1993 – per la quale il formaggio con denominazione controllata “Fiore Sardo “, poteva essere prodotto anche il Bulgaria.
Sull’accordo europeo con la Bulgaria
Il dibattito sullo schema di accordo commerciale CEE/Stato Bulgaro, propone al Parlamento una seria riflessione critica sulla politica comunitaria nei confronti dei paesi dell’Est europeo. Secondo l’assunto dei governi tale politica è ispirata ai princìpi di solidarietà nell’intento di offrire a popoli stremati da decenni di oppressione sovietica, risorse e strumenti capaci di farli uscire dalla crisi che ne ha compromesso le capacità di sviluppo.
Istituzioni Bancarie, accordi commerciali, investimenti per nuove attività produttive sono stati attivati da governi ed operatori privati in uno spirito innovatore che, per la verità, non convince pienamente.
Parallelamente all’empito solidaristico ed all’enfatizzato desiderio di recuperare alla civiltà democratica le popolazioni dell’Est europeo emerge la vocazione di occupare e sfruttare nuovi promettenti mercati in vista dei buoni affari che già oggi vi si possono lucrosamente concludere.
L’acquistare in quelle aree economiche grandi quantità di prodotti agro-alimentari in aperta concorrenza con i produttori comunitari realizza due obiettivi: praticare da un lato speculazioni di coloniale memoria (rese possibili dal basso costo del lavoro) e ridurre nel contempo, nell’area comunitaria, il costo della vita per favorire il raffreddamento e, magari, la riduzione dei livelli salariali nei settori industriali. Poco importa se così operando si assesta un ulteriore durissimo colpo alle produzioni agricole comunitarie aprendo nuove pericolose crisi di mercato in aree economico-sociali già pesantemente indebolite dalla politica agricola della comunità.
E ciò che sta per abbattersi sull’economia sarda che ha nell’allevamento della pecora da latte un pilastro portante della sua residua capacità produttiva in campo agricolo.
Attualmente da quest’Isola, da questa nostra Isola, esportiamo in Europa e negli Stati Uniti 21.000 tonnellate di formaggi pecorini e molte migliaia di tonnellate di carni ovi-caprine.
Con l’accordo che ci si propone di definire con la Bulgaria tutto questo minaccia di essere travolto per le concordate importazioni dalla Bulgaria di produzioni lattiero casearie e di carni ovi-caprine ottenute in virtù di salari inferiori ad un 1/6 di quelli praticati nella comunità e quindi in Sardegna; si giunge all’assurdo d’importare dalla Bulgaria formaggi che appartengono alla grande tradizione casearia sarda sfruttandone le formule ed il nome commerciale: “Fiore Sardo” pur protetto dalla denominazione di origine controllata.
Ci si dovrà difendere dalla politica comunitaria ricorrendo ai tribunali?
Il mio voto, non favorevole, non sarà però contrario, perché confido che la commissione voglia riesaminare criticamente la proposta prima di sottoporla al Consiglio.
NOTA STAMPA DELL’INTERVENTO DELL’EURODEPUTATO ON. MARIO MELIS SULL’ACCORDO CHE COMUNITÀ E STATI MEMBRI CONCLUDERANNO CON LA BULGARIA.
L’ON. MELIS, COME SEMPRE ATTENTO DIFENSORE E PROPOSITIVO SOSTENITORE DELL’ECONOMIA SARDA, HA DENUNCIATO IL GRAVE PERICOLO AL QUALE SI STANNO ES- PONENDO ALCUNI TIPICI PRODOTTI LATTIERO CASEARI DELLA NOSTRA REGIONE. INFATTI, LA COMUNITÀ EUROPEA È IN PROCINTO DI CONCLUDERE UN ACCORDO CON LA BULGARIA, NEL QUALE SONO PREVISTI, FRA L’ALTRO, ACCORDI COMMERCIALI CHE PERMETTERANNO ALLA BULGARIA DI ENTRARE NEL MERCATO COMUNITARIO CON LA PROPRIA PRODUZIONE OVI-CAPRINA CHE NON SOLO È SIMILE ALLA NOSTRA, MA IN ALCUNI CASI , ADDIRITTURA EMULATIVA DELLA NOSTRA, NON SOLO NELLA COMPOSIZIONE MA ANCHE NEL NOME COMMERCIALE DI ALCUNI PRODOTTI. NEL CONCLUDERE L’ON. MELIS HA SOLLECITATO LA MODIFICA DELL’ACCORDO PER QUELLA PARTE CHE RISCHIA DI TRAVOLGERE LA GIÀ FRAGILE ECONOMIA SARDA IN UNO DEI SETTORI PORTANTI DELLA SUA CAPACITA’ PRODUTTIVA.