Il mio Partito vi ringrazia di averci offerto la facoltà di portarvi il saluto dei sardisti. Non è la prima volta che io stesso ho avuto l’occasione di parlare fra voi in rappresentanza del Partito Sardo d’Azione; ma oggi io intervengo con un senso nuovo di soddisfazione, perché ho idea, e spero, che il prossimo congresso regionale sardo del PCI abbia un grande significato.
Un sardista non può che rallegrarsi sinceramente che i compagni comunisti abbiano voluto sottolineare il proprio sentimento dell’autonomia con questo congresso sardo, strettamente collegato alla logica dell’intesa. Ci auguriamo che anche gli altri partiti italiani aderenti al patto autonomistico seguano presto il vostro esempio; credo che in tal modo anche l’intesa assumerà un senso più chiaro e più credibile.
Noi sardisti abbiamo sempre voluto un’intesa interpartitica in Sardegna e per la Sardegna. La proponemmo fin dal tempo della Consulta Regionale e in difesa di quel progetto di Statuto speciale che fu poi mutilato in sede di iter di approvazione; lo proponemmo in altre occasioni: resta memorabile l’ordine del giorno che venne approvato all’unanimità dal Consiglio regionale, anche se poi risultò inutile; rimane storicamente importante la nascita dell’ARPAS – a cui aderiranno tutti i partiti democratici – anche se poi l’ARPAS non resse alle invidie e ai sospetti di alcune forze politiche.
Ora, ecco, alla fine del 1975, in tempi certamente più maturi, si affaccia la proposta di un’intesa autonomistica che il PCI ha difeso forse più di tutti, con grande pazienza e intelligenza, quando sembrava che i contrasti interni dovessero infrangerla sul nascere.
Il PSd’Az vi aderì, nell’autunno del ’75 con un suo documento critico che voleva richiamare l’attenzione dei diversi partiti sul fatto che è difficile intendersi sulle parole ma è molto più difficile andare d’accordo nel momento dell’attuazione dei programmi.
Il nostro documento, ovviamente, non era contro l’intesa; intendevamo solo suggerire un approfondimento del patto interpartitico in termini operativi, chiedevamo chiarezza e impegni seri e realistici, perché l’esperienza della politica di programmazione, non bisogna dimenticarlo, è stata deludente e piena di amarezze.
L’intesa ha spostato qualcosa, positivamente, per quanto riguarda il quadro politico. È un patto nuovo, l’avvicinamento del PCI all’area di governo. Su questo avvicinamento – che non è solo sardo, e può diventare più stretto – fondiamo tante speranze noi sardisti, voi comunisti e tutti i sardi.
Ma finora le novità, peraltro non eventuali, si limitano al coinvolgimento del PCI in talune responsabilità politiche e amministrative. Nella politica delle cose, nell’azione concreta sul campo, come suol dirsi, non è dato di rilevare, finora, interventi produttivi e destinati a modificare – in tempi brevi – la realtà economica, sociale e culturale dell’Isola.
Qualche giorno fa la radio, per iniziativa di non so chi, ha trasmesso un servizio sull’agricoltura in Sardegna: molto si lodava l’ETFAS, la Regione, l’Assessorato all’Agricoltura, l’Ente Autonomo del Flumendosa. Ho sentito il servizio e mi sembrava di riascoltare l’esaltazione delle opere del regime fascista coi suoi ponti, i treni in orario, la vittoria del grano, le paludi prosciugate.
La verità, compagni, è che un programma ventennale di irrigazione per centomila ettari è fermo a ventisettesima ettari. Senza giustificazioni di sorta. E non parliamo del triste destino del nostro grano duro, dell’olio, del vino e dei contributi AIMA che arrivano dopo tre o quattro anni, quando arrivano; né del fatto che in Sardegna, con tanto bestiame da latte, si importano una grande quantità di latte alimentare dall’Italia, anzi dalla Germania e dall’Olanda attraverso quel vergognoso imbroglio che è il latte a lunga conservazione, né della totale carenza di una politica della carne. Soprattutto non parliamo del piano della pastorizia che è il capolavoro regionale a rovescio, un piano che (..)e ci sono i miliardi e non si riesce a spendere una lira. Noi sardisti proponemmo e difendemmo a suo tempo il demanio regionale dei pascoli, poi tradotto in legge come Monte terre; ma è passato troppo tempo, la situazione è mutata profondamente, il costo della terra è salito alle stelle; oggi consideriamo il Monte terre troppo dispendioso e superato.
Se volete avere un’idea della confusione e del disordine che regna nelle leggi che riguardano il settore della pastorizia, provate a leggere la legge 44 all’art. 41, primo comma, che riguarda la costituzione di aziende speciali. Sfido i letterati più sottili, i filosofi, i giuristi, sfido qualunque filosofo a darne un’interpretazione. Eppure è una legge elaborata e approvata nel 1976, dopo l’intesa dei partiti dell’arco costituzionale, ecc. La conclusione è che aziende speciali non se ne fanno perché non basta apprestare le macchine e gli strumenti se questi non si muovono; anche quando i motori ronzano e consumano carburante, come avviene in Sardegna, non si decolla finché si provano le eliche.
Scusatemi per il tempo che tolgo al vostro dibattito; concludo subito senza fare il minimo cenno al dissesto, ai guasti di tutti gli altri settori: scuola, sanità, turismo, industrie, miniere e trasporti. Esaminerete voi, in questo vostro impegnatissimo congresso, e dibatterete responsabilmente ogni aspetto della questione sarda nel 1977, a trent’anni dall’autonomia. A noi sardisti pare che l’intesa come sforzo comune e concorde di affrontare i problemi che travagliano il popolo sardo, sia un’ottima cosa, purché resti salda quella che si chiama la decisione autonomistica (…) a causa delle illusioni autodeterminate da troppa fiducia nell’intesa. Il mio Partito, pur essendo autonomista (non vi pare?) pur facendo parte dell’intesa, è rimasto fatalmente escluso da ogni occasione di offrire un suo contributo dentro il rinnovato quadro politico. Si direbbe che l’intesa ha voluto punire il vecchio Partito Sardo d’Azione. Non importa, non per questo, per ora, romperemo il patto autonomistico: anche perché abbiamo un patto di solidarietà con voi e abbiamo ancora fiducia. Non si può aspettare stupidamente per secoli. Voi non allentate mai la vostra vigilanza, compagni siate coraggiosi, siate attenti a portare avanti i programmi. Viva dunque l’intesa, o meglio, questa prova di intesa, viva l’unità delle forze democratiche, viva il PCI, viva la Sardegna, viva il PSd’Az. Forza Paris
Intervento di saluto al Congresso del PCI – 1977
24 Giugno 2016 by