Documento di riflessione sul problema della rappresentanza delle Regioni in seno al Comitato previsto dall’Art. 198A del Trattato sull’Unione – 1993

In quali termini si pone il problema della rappresentanza delle regioni dopo la firma del trattato sull’Unione Europea?
1    – In primo luogo va rilevato che la Comunità e, indirettamente l’Unione, coinvolge finalmente “i rappresentanti delle collettività
regionali e locali” di tutti i paesi membri. Viene così riconosciuta
una rilevanza sovranazionale a entità sinora relegate nella dimensione
subnazionale.
Si tratta di un progresso considerevole rispetto alla situazione precedente in cui la dimensione “regionale” era riferita ad una accezione di tipo sostanzialmente economico(1*Questa accezione è del resto ancora lontana dall’essere…)
2 – In coerenza con tale scelta il trattato non dà perciò una definizione autonoma di “regioni” (il che sarebbe stato oltretutto la
negazione stessa del riconoscimento delle autonomie) ma si rifà alla
variegata situazione esistente negli stati membri.
3 – Questa scelta politicamente importante presenta però notevoli difficoltà in sede di attuazione poiché pone inevitabilmente fianco a fianco situazioni ed enti di struttura, dimensioni storia ed economia profondamente differenti.
Il nostro obbiettivo è perciò quello di individuare i principali problemi cercando (offrendo) i criteri interpretativi più adeguati a offrire una soluzione.
Composizione del Comitato
4- Il primo problema riguarda la composizione del nuovo organismo. La soluzione adottata dal Trattato di riprendere puramente e semplicemente la composizione del comitato economico e sociale anche se forse è la più comoda non appare certo la più appropriata. In realtà l’unico punto in comune che si potrebbe trovare tra questi due organismi è quello di essere ambedue comitati consultivi.
Al di là dello evidenti incongruenze (per le quali il Lussemburgo conterebbe quanto un terzo della Repubblica federale) questa soluzione appare ambigua anche perché non viene esplicitato il criterio di selezione delle “collettività”.
Il problema è quindi semplicemente rinviato (salvo per il numero dei rappresentanti) ad una decisione del Consiglio che delibera, all’unanimità “su proposta dei rispettivi Stati membri”. I membri, e un numero uguale di supplenti sono nominati per quattro anni (art.198A par.2.
Tale decisione dovrà intervenire al più presto poiché la consultazione del Comitato è prevista già per l’adozione del regolamento sul fondo di coesione e per la riforma dei fondi strutturali. Ora se si vuole che il fondo di coesione sia operativo per l’inizio del 1993 il consiglio deve costituire il Comitato già entro la fine dell’anno (diversamente è facile prevedere che le regioni eventualmente interessate potrebbero impugnare, a torto o a ragione, il provvedimento per violazione delle forme sostanziali) (2* Alcuni distratti lettori potrebbero eccepire che il fondo di coesione non riguarda le regioni ma gli stati. Orbene la sistematica e la lettera del trattato sono invece inequivocabili: il fondo di coesione è un nuovo fondo strutturale destinato alle regioni e il riferimento agli stati (ripreso nel Protocollo) è soltanto un criterio di riferimento (oltretutto, si spera, soggetto ad evoluzione).
Sarebbe poi anacronistico che nel momento stesso in cui la comunità e l’Unione si accingono a rafforzare la propria politica di coesione economica e sociale a favore delle regioni queste vengano escluse dal processo decisionale.

5 – Per questa ragione una tempestiva presa di posizione del Parlamento è indispensabile ad un tempo:
– per confermare e sviluppare le nostre proposte (l’ultima presa di posizione ufficiale del Parlamento risale alla risoluzione Martin del…(3* secondo la quale il Comitato delle regioni avrebbe dovuto essere composto di rappresentanti diretti delle regioni…
– per dare un eco alla Seconda Conferenza Parlamento europeo/regioni recentemente tenutasi a Strasburgo
– per invitare le collettività regionali negli stati membri a difendere un approccio comune nella designazione dei rappresentanti in seno al comitato.
Rappresentanti regionali e locali…
6- Il Trattato costituisce un “Comitato delle regioni” ma composto da rappresentanti sia regionali che locali; quale interpretazione dare di questa apparente contraddizione?
La risposta è nelle motivazioni che sono alla base della costituzione di questo organismo. Il Comitato è istituto evidentemente per affrontare problemi di interesse comune alla comunità ed ai rappresentanti delle collettività. Tali problemi come emerge dai pareri richiesti dal trattato riguardano essenzialmente il processo legislativo. Appare infatti ragionevole e conforme al principio di sussidiarietà (criterio essenziale per la definizione dei rapporti fra i livelli comunitari, nazionale e regionale) che le autorità che saranno chiamate ad attuare la legislazione comunitaria (4* Per gli aspetti amministrativi sono le singole misure comunitarie che definiscono il modello di cooperazione più adeguato in funzione del risultato perseguito. Sarebbe quindi ragionevole ed opportuno che, ad esempio, le autorità locali o i rappresentanti delle città venissero coinvolti nei comitati consultivi o di gestione che Operano presso la commissione.)vengano coinvolte già al momento della sua definizione.
In altre parole gli interessi che devono essere rappresentati in seno al Comitato debbono riferirsi ad un solo livello di governo subnazionale ed essere “qualificati”. Se si prevedesse invece una rappresentanza indifferenziata di interessi locali, regionali e, perché no? associativi si creerebbe in questo comitato una moltiplicazione di rappresentanti per lo stesso territorio e per la stessa politica con evidenti rischi di conflitti interni (del resto già manifesti ancor prima che il Comitato sia costituito)(5* Prevedere la rappresentanza di interessi non omologhi nello stesso organismo in luogo della “partecipazione” favorirebbe solo la divisione fra i suoi componenti (facendo quindi delle regioni paradossalmente uno strumento delle politiche (…)
Le collettività rappresentate nel comitato devono perciò essere a nostro avviso solo le collettività “regionali”; il riferimento alle “collettività locali” si giustifica per l’evidente ragione che negli stati in cui non esiste una struttura su base regionale debbono essere coinvolte le collettività locali esistenti. Ma, se si vuole essere coerenti con quanto sopra affermato, anche in questi casi i rappresentanti delle collettività “locali” dovranno operare in quanto livello di governo “subanzionale” alla stregua di quanto fatto dai rappresentanti regionali nei paesi in cui queste esistono.
Rappresentanza diretta per collettività comparabili….
7 – Nella risoluzione Martin il Parlamento europeo si era già espresso a favore della rappresentanza “diretta” delle regioni. In altre parole si voleva e si vuole che ciascuna regione sia rappresentata in seno al Comitato. Tale esigenza intrinseca ed elementare per le regioni riconosciute a livello costituzionale è pero’ di difficile applicazione nei paesi in cui non esistono strutture di livello “comparabile” (vuoi per la dimensione del paese vuoi per la frammentazione dell’ordinamento locale).
In queste ipotesi (e in queste sole) si potrebbe pensare ad un ruolo suppletivo da parte delle autorità comunitarie (non fosse altro perché il comitato è istituito anche in funzione di interessi comunitari). Si tratta evidentemente di una scelta innanzitutto politica e sarebbe perciò deviante ed illusorio rifarsi a criteri di natura eminentemente statistica o burocratica quali i famigerati livelli “NUTS” (niveaux des Unités territoriales statistiques). È forse invece opportuno trovare, almeno sino alla futura integrazione di questo trattato, una soluzione di compromesso tra il numero di voti riconosciuti allo stato in questione e la realtà delle collettività esistenti sul suo territorio.(6* Il Parlamento europeo potrebbe organizzare una consultazione mirata su questo tema (coinvolgendo le associazioni rappresentative a livello nazionale) ed offrire al Consiglio le necessarie indicazioni in merito).
7 – Il rispetto degli ordinamenti costituzionali esistenti….
La seconda conferenza Parlamento europeo regioni aveva introdotto anche un ulteriore elemento di valutazione nella definizione della rappresentanza delle regioni: vale a dire il rispetto delle disposizioni costituzionali esistenti.
Questo riferimento è di grande importanza per la procedura di scelta dei rappresentanti delle regioni (7* In Italia, ad esempio è la stessa Costituzione ad attribuire…). È infatti a nostro avviso ovvio che la designazione dei rappresentanti delle regioni deve tenere conto delle disposizioni costituzionali e statutarie di questi enti (se esse esistono). Il rappresentante designato dovrà evidentemente informare la propria assemblea del proprio operato così come dovrà farsi interprete delle volontà di quest’ultima nella fase “ascendente del processo decisionale.
8    – Per quattro anni….
I criteri sopra enunciati aiutano anche a risolvere alcuni altri problemi di interpretazione del testo di Maastricht.
– Senza vincolo di mandato imperativo….
Ad alcuni questa potrebbe apparire in qualche modo un tentativo di introdurre una eccezione al generale principio più volte affermato dalla Corte di Giustizia secondo la quale gli stati non possono opporre al mancato rispetto di disposizioni comunitarie ragioni di diritto interno.