REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA – Dichiarazioni politiche e programmatiche del Presidente on. avv. Mario Melis, Cagliari, 7 agosto 1985
Signor Presidente, Colleghi Consiglieri,
Il tema che nel corso delle consultazioni per la formazione della Giunta è emerso con maggior forza, ispirando indicazioni, obiettivi e strumenti per il suo superamento può riassumersi in un solo concetto: crisi.
Partiti politici e forze sociali, ne hanno riproposto interpretazioni che, pur preoccupate e – per alcuni aspetti diverse – esprimono un impegno fermo responsabile capace di fronteggiarne gli effetti,di aggredirne le cause e ridare impulso e prospettiva allo sviluppo.
La crisi è, in larga misura, conseguente, a vasti e difficili processi di riassestamento dell’economia mondiale, profondamente sconvolta nei suoi assetti sociali e produttivi dal naturale e irresistibile emergere dei popoli ex coloniali produttori di materie prime.
L’Italia, come peraltro l’Europa Occidentale, ha visto drasticamente ridursi i propri spazi commerciali in settori merceologici ed aree rilevanti dei mercati internazionali. Abbiamo così assistito negli anni scorsi alla parziale smobilitazione di importanti settori produttivi.
La Sardegna che di recente era stata investita da un diffuso processo di industrializzazione della chimica di base, è stata chiamata ai sacrifici più traumatici attraverso ad un vero e proprio processo di blocco degli impianti appena realizzati, alcuni dei quali neanche entrati in funzione e che erano e sono considerati fra i più moderni d’Europa.
La politica del Governo, delle Aziende a PP.SS, come dell’apparato finanziario italiano (si ricordi in proposito il ruolo devastante assolto da Medio-Banca), hanno sostanzialmente penalizzato la Sardegna a tutto vantaggio della chimica privata ma, sopratutto della Montedison.
Ancor oggi siano chiamati a fronteggiare gli ulteriori striscianti, mai abbandonati, tentativi di ulteriori disimpegni sopratutto in settori nei quali sono presenti le maggiori holding pubbliche operanti in Italia.
La crisi Europea ha negativamente influito in altri importanti settori dello sviluppo economico sardo rallentando, per esempio, molto pesantemente l’espansione e l’offerta turistica; al ritmo di sviluppo e di crescita occupativa derivante dall’edilizia residenziale registrata negli anni scorsi lungo le coste ha fatto riscontro un invenduto di seconde case di circa 30.000 alloggi.
Un’ampia fascia dell’imprenditoria edilizia appare quindi sottocapitalizzata ed anche pesantemente indebitata con il sistema bancario.
La politica dei collegamenti marittimi col suo ostinato rifiuto di ampliare adeguatamente l’offerta di trasporto turistico nel periodo estivo utilizzando la diffusa rete di agenzie di viaggio presente ormai in tutti i centri compresi i medio piccoli italiani ed europei, per i quali gli uffici della Società di Navigazione Tirrenia sono ostinatamente muti, impedisce a masse sempre più vaste degli amatori delle bellezze paesaggistiche sarde – attratti nella nostra isola anche in vista della naturale cortese ospitalità dei sardi, di giungere sino a noi e di arricchire così il nostro patrimonio d’umanità e di cultura e, nel contempo di sviluppare in termini vigorosi e diffusi un settore economico destinato a naturale espansione.
La crisi non si esaurisce però soltanto nei suoi, pur rilevanti aspetti economici ma investe, con effetti involutivi, l’intera organizzazione politico-amministrativa della nostra Regione.
A rendere la società sarda e la sua articolata componente produttiva tendenzialmente statica, ha indubbiamente contribuito il modello di organizzazione del potere autonomistico, nato vecchio di oltre 100 anni, strutturato com’è sugli schemi ormai superati di vecchie procedure statuali disegnate a loro volta nell’archeologia del codice Napoleonico.
L’acquisizione di moderne tecnologie, l’accelerazione della comunicazione come dei trasporti hanno impresso alla società del nostro tempo ritmi e cadenze di grande intensità.
Anche la Sardegna, seppur in misura minore, ha avvertito gli effetti benefici dell’innovazione. A questo vasto ed articolato fenomeno non si è accompagnato però l’adeguamento delle strutture di Governo. La produttività di questo appare ancorata ad una concezione del potere profondamente legata ad un sistema verticistico, quella dell’Assessore, lenta asfittica, intempestiva e sostanzialmente ingiusta.
Il Governo della Regione quindi ha cessato ci essere momento di guida, di propulsione e sostegno dello sviluppo, per diventare progressivamente un freno dell’iniziativa e delle azioni poste in essere dagli operatori nei campi più diversi, da quelli dell’economia produttiva a quella commerciale, dalle attività culturali a quelle sportive.
La crisi quindi appare un fenomeno complesso, variamente articolato, suscettibile di connessioni derivanti in larga misura dall’esterno ma che si esalta nei nostri ritardi, nella incapacità di promuovere non dico il nuovo, ma il semplice adeguamento necessario a garantire la gestione ordinaria del quotidiano.
Un quadro siffatto evidenzia un potere autonomistico sostanzialmente debole, incapace di reggere il duro confronto con i poteri esterni, da quelli politico-istituzionali degli organi centrali dello Stato a quelli economici variamente fra loro collegati nei diversi livelli nazionali ed internazionali secondo logiche ed interessi che trovano definizione in sedi lontane ed esterne alla nostra Isola sulla quale però ricadono gli effetti non sempre positivi di decisioni che ne condizionano sviluppo e prospettive.
Conseguenza ineluttabile di questo scompensato rapporto politico-istituzionale della Sardegna con gli organi
centrali dello Stato è il pesante riflusso antiregionalista attivamente praticato dalle gerarchie burocratiche romane in un quadro di iniziative che pur coinvolgendo un po’ tutte le Regioni, comprese quelle di diritto comune, ha sulla nostra un impatto ben più grave in conseguenza della sua intrinseca debolezza.
L’incoerenza di un siffatto atteggiamento sta nella diversa e più aperta disponibilità al dialogo ed al confronto da parte di certi settori della vita politica italiana e dello stesso Governo, dichiaratamente aperte, quanto meno nel formale impegno a negoziare lo Statuto.
Ebbene, Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, la Giunta fronteggerà la crisi in termini congiunturali mobilitando tutte le risorse utilizzabili, sia quelle del bilancio regionale che quelle dell’intervento straordinario come le molteplici forme di solidarietà comunitaria.
In vista di un tale obiettivo non si mancherà di intervenire sul sistema bancario isolano, con particolare riferimento alle Banche Tesoriere, mentre saranno messe allo studio nuove forme di intervento finanziario attraverso la creazione di speciali e moderni Istituti capaci di intervenire in forme più tempestive, dinamiche ed incisive nella formazione di un tessuto attivo ed operoso di piccoli e medi produttori capaci di interpretare il mercato, di coglierne – con sensibilità creativa – tutte le opportunità per dare così vita ad un’imprenditorialità nuova, giovane validamente inserita nel nostro tempo.
I temi dell’emergenza non potranno però esaurire l’impegno del Governo Regionale che nel fronteggiare la congiuntura avrà costantemente presenti ben più ampi sviluppi di prospettiva. Questa però potrà concretamente realizzarsi solo attraverso la profonda ed articolata riforma dell’Istituto regionale.
Un obiettivo tanto ambizioso non potrà certo affidarsi esclusivamente all’impegno, sia pur fattivo e fervido, del Governo Regionale e della sua maggioranza, ma dovrà arricchirsi dei contributi creativamente impegnati dell’intero Consiglio Regionale.
La Giunta guarda in questo senso alle opposizioni con rispetto e con democratica fiducia e rivolge un particolare invito al confronto lealmente critico, propositivamente fecondo al Partito di maggioranza relativa che per tanti anni ha avuto la responsabilità di guidare il Governo della Regione.
Voglio riconfermare quanto ebbi già a ribadire con profonda convinzione nel corso delle ultime consultazioni ai colleghi della D.C. Non è proponibile l’ipotesi di una Democrazia Cristiana sterilmente attestata in un’opposizione finalizzata a bloccare e paralizzare l’iniziativa del Governo attraverso il ricorso a forme procedurali di puro ostruzionismo nella logica disgregante del tanto peggio, tanto meglio.
Il patrimonio di tradizioni politiche e culturali in uno alle responsabilità e le esperienze di Governo maturate in tanti anni di lotta democratica chiamano la Democrazia Cristiana ad un impegno che ne esalti il ruolo e la testimonianza.
La protesta vana ed inutile, quasi una vocazione al vittimismo, per essere oggi estromessa dalla maggioranza e dalla responsabilità del potere, porterebbe ineluttabilmente allo scontro ed alla dequalificazione del dibattito. Questo non avrebbe riflessi solo sulla Democrazia Cristiana, inaridendone le fonti vive della sua capacità di proposta politica, ma finirebbe con l’impoverire tutti, la democrazia sarda nel suo complesso e quindi la società sarda.
Ecco perché noi sosteniamo che non basta per un disegno così ambizioso la maggioranza del Governo e neppure la forza propositiva dell’intero Consiglio Regionale se non saremo capaci di promuovere attraverso il dibattito dialetticamente aperto e fervidamente creativo, la partecipazione convinta di tutto il popolo sardo.
Allora potremo dire di avere finalmente sconfitto la nostra crisi perché avremo riconquistato i sardi operando non per loro ma con loro.
Certo la crisi ha cause esterne ma trova la sua genesi più profonda ed insidiosa in noi, nelle frustrazioni di chi dovesse, come nei decenni e nei secoli trascorsi considerare l’impegno superiore alle nostre forze e rinunziare perciò alla lotta.
Autonomia deve significare per tutti i sardi anzitutto riconquista di se stessi riscoperta della propria soggettività di popolo, titolare di diritti che vanno affermati e orgogliosamente riconquistati attraverso i fecondi e civili strumenti della democrazia.
Autonomia è forza di libertà ed insieme di responsabilità.
Autonomia è autogoverno ed insieme collaborazione ed insieme collaborazione ed integrazione.
Autonomia è cultura che trova nella memoria storica del popolo la sua legittimazione, ispirazione e fonte di elaborazione, e, forte di questa sua identità, si apre al dialogo partecipando alle correnti di pensiero del nostro tempo.
Autonomia è strumento ed insieme obiettivo della nostra politica.
Attestati su questi valori i partiti comunista, socialista, socialdemocratico, repubblicano liberale e sardista hanno dato vita all’odierna maggioranza non per chiudersi nell’angustia del potere, ma per dare al popolo sardo un Governo sufficientemente forte ed autorevole che trovi nell’adesione convinta dei cittadini la sua legittimazione democratica.
La formazione di questa Giunta si propone quindi come un fatto di grande rilevanza politica, per la sua vigorosa valenza autonomistica. Appena 10 mesi fa il coro allarmato e pressoché unanime delle segreterie politiche romane mulinava sui sardi veti incrociati volti a forzare ed impedire le libere espressioni e con esse l’assunzione di responsabilità decisionali di questa assemblea. La ferma determinazione delle forze politiche sarde, pur vincendo interni travagli, ha consentito il formarsi della precedente Giunta il cui positivo operare ha permesso di vincere le residue resistenze dei vertici. Oggi nessuno sa più contestare la legittimità politica delle nostre scelte e questo è un grande successo politico che non mancherà di produrre i suoi effetti largamente positivi al di là dell’impegno del Governo regionale, nell’operare fervido del Consiglio depositario e supremo garante dei valori, di autonomia ed unità del popolo sardo.
Noi siamo qui per coglierne le istanze profonde e dare risposta alle aspettative. Il cammino sarà aspro, difficile, lungo, ma non impossibile. Siamo consapevoli della severità dell’impegno e sappiamo che intorno a noi v’è tanta speranza. La nostra risposta non sarà lottizzazione, ma il suo superamento, in un empito di dedizione ed unità che dovrà restituire ai sardi la sicurezza delle sue istituzioni e con esse la forza dei suo domani.
Signor Presidente, Colleghi Consiglieri,
A quarant’anni di distanza dalla fondazione dell’ordinamento repubblicano l’attenzione delle forze politiche e del Parlamento ha cominciato a rivolgersi verso le questioni istituzionali con un’ottica di riforma e di adeguamento dell’impianto costituzionale nel suo complesso.
È evidente che in tale direzione ogni forza politica guarda e si muove con l’intero bagaglio della propria autonoma elaborazione culturale e con una propria strategia. Gli orientamenti politico ideologici generali di ciascun partito in ordine ai processi storici di evoluzione e di trasformazione dell’ordinamento giuridico fondamentale del Paese, del resto, non costituiscono – né potrebbero costituire – presupposti per la formazione di una maggioranza né tantomeno sono assunti quali obiettivi dell’azione del Governo regionale.
Siamo tuttavia consapevoli di trovarci in un momento particolarmente delicato per la vita istituzionale del nostro Paese, in cui le forze autonomistiche sono chiamate a dare un contributo più incisivo intorno ai problemi di riforma delle strutture dello Stato, perché dagli esiti del dibattito in corso dipenderà anche il ruolo futuro delle Regioni ed in particolare di quelle fornite di autonomia speciale.
Da tali considerazioni sorge l’auspicio che, superate le polemiche ideologiche, di natura sovente pretestuosa, che hanno caratterizzato fasi recenti della politica regionale i temi connessi al rapporto fra Stato e Regione sarda possano costituire oggetto di un confronto più sereno e costruttivo fra tutti i partiti autonomistici, nella comune aspirazione ad un rafforzamento del carattere regionalista dell’impianto costituzionale italiano.
Nel contempo la Giunta non si sottrarrà al compito di sostenere nelle sedi istituzionali a ciò deputate le linee di fondo e gli obiettivi concreti che hanno storicamente ispirato la politica complessiva dell’autonomia regionale sarda nel confronto con gli organi dello Stato.
In tale confronto è stato posto da tempo sul tappeto l’obiettivo di un rafforzamento dei poteri autonomistici attraverso la riforma dello Statuto speciale. Una riforma che, coerentemente con i principi sanciti dall’articolo 5 della Costituzione, provveda ad attribuire alla Regione, nelle diverse forme giuridiche possibili, l’esercizio di tutte quelle funzioni, e in particolare di quelle attinenti ai governo dell’economia, per le quali non sia indispensabile la riserva in capo allo Stato.
La Giunta regionale si impegna a sostenere in tal senso la attivazione della Commissione mista Stato-Regione proposta dal Governo per la ridefinizione dei poteri statutari, rivendicando che a questa Commissione sia attribuito il rilievo politico-istituzionale richiesto dal Consiglio regionale della Sardegna.
È comunque evidente che ogni ipotesi di definizione di nuove norme costituzionali che modifichino, integrino o sostituiscano disposizioni dell’attuale Statuto dovranno scaturire dalla ricerca del consenso più ampio tra tutte le forze politiche e dovranno essere conformi alla maturazione della coscienza culturale e sociale dei sardi.
La Giunta intende operare affinché i rapporti tra Stato e Regioni siano improntati alla salvaguardia in istanze di specialità che storicamente caratterizzano la questione sarda, al rispetto ed alla piena attuazione delle prerogative di autonomia riconosciute alla Regione dallo Statuto vigente, ed affinché, nel contempo, tali rapporti siano ispirati ai principi della solidarietà e della collaborazione tra i soggetti pubblici deputati al governo dello sviluppo nazionale e regionale.
La specialità regionale trova ancora la sua fondamentale giustificazione in un complesso di dati di carattere obiettivo ed inconfutabile espressi da una peculiare tradizione storica, giuridica, sociale e politica, nonché dalla sussistenza di presupposti di carattere materiale e territoriale che influenzano e condizionano i comportamenti individuali e collettivi delle popolazioni interessate. I fattori dell’etnia, della lingua, della posizione geografica, unitamente ad un tessuto autonomistico
consolidato da secoli, si ritrovano, con differenti accentuazioni, in tutte le regioni con speciale autonomia.
Per quanto riguarda la Sardegna, due elementi assumono tra gli altri importanza decisiva per giustificare il suo diverso regime istituzionale.
Il primo di tali elementi si fonda sulla particolare condizione fisico-territoriale dell’Isola e sulla sua
stessa posizione geografica rispetto ai paesi dell’area mediterranea: il secondo elemento attiene alla rilevanza della Sardegna come “popolo”, e cioè come soggetto provvisto di una sua peculiare personalità storico-politica, che necessariamente deve potersi erigere in ente autonomo e disporre di un’ampia ed irrevocabile sfera di autogoverno.
Da un lato vi è quindi una intrinseca coincidenza con le esigenze di un’organica politica del Mezzogiorno, che deve costituire parte integrante delle politiche di sviluppo dell’intero Paese. L’aspirazione generale cui intende attenersi l’azione della nuova Giunta regionale conduce a respingere “con fermezza il diffondersi di orientamenti culturali e politici tendenti a considerare ormai superata la questione meridionale o ad accettare come destino ineluttabile il divario storico tra le due tradizionali aree geografiche del nostro Paese.
La Giunta contrasterà nel contempo ogni impostazione volta a perpetuare la separatezza delle strutture di gestione dell’intervento meridionalistica, nella convinzione che la politica del Mezzogiorno debba vedere come protagoniste, accanto al Parlamento e al Governo, le Regioni, quali enti democratici costituzionalmente deputati al governo dello sviluppo delle aree interessate.
Dall’altro lato, il fatto che lo sviluppo economico regionale sia condizionato da fattori specifici oggettivi (ad esempio trasporti) e soggettivi (storia, cultura, tradizioni) non riscontrabili nelle altre regioni,, giustifica lo specifico richiamo alla solidarietà dello Stato prevista dallo Statuto e la necessità di una nuova legge di attuazione dell’articolo 13, inteso come fonte primaria del raccordo tra programmazione regionale e programmazione nazionale.
Va dunque ribadito che la Rinascita non è questione che riguardi la sola Sardegna: essa conserva la dimensione di un problema nazionale e continua a richiamare la necessità di invertire radicalmente la politica complessiva dello Stato, che ha finora costretto la Sardegna in una posizione marginale e subalterna.
Le ragioni storiche della nostra peculiarità restano tutt’ora confermate: non rinunceremo dunque a rivendicare – anche nel contesto dell’impegno meridionalista – il pieno rispetto e il rafforzamento del nostro ordinamento differenziato.
Colleghi Consiglieri!
Il rilancio di una politica di Rinascita ha come obiettivo prioritario un ampio adeguamento della legislazione autonomistica, sia sul versante dell’attuazione statutaria, sia su quello delle procedure della programmazione
nazionale e regionale.
Alla regione deve essere infatti consentito di acquisire e di esercitare effettivamente, secondo il principio del concorso con lo Stato, sancito dall’articolo 13 dello Statuto, maggiori ed effettivi poteri di partecipazione e di intervento nella definizione delle fondamentali politiche nazionali che la coinvolgono e la cui formazione avviene attualmente in sedi dalle quali essa è tagliata fuori.
I temi della politica meridionalistica e della Rinascita troveranno specifica attenzione nella parte di queste dichiarazioni programmatiche concernente le politiche di sviluppo. Quel che preme sottolineare, in questa sede, è la necessità di superare – nel processo di consolidamento della realtà regionale – la fase di prevalente separazione e concorrenza tra Stato e Regione, per entrare invece in una nuova fase di cooperazione.
È la complessità della vita economica e sociale del Paese, del resto, che richiede un coordinamento efficace delle politiche pubbliche. Ma la realizzazione pratica di tale coordinamento non potrà avvenire senza il rispetto delle specificità autonomistiche e delle esigenze poste dalle realtà locali: le tradizionali impostazioni centralistiche che hanno da tempo dimostrato di costituire un reale fattore di ritardo e di inefficacia delle politiche di sviluppo. Di qui la necessità che avanzi un processo generale di riforma democratica e autonomistica dello Stato, che in questo quadro alla Regione sia riconosciuto un legittimo ruolo di “partner uguale” che l’azione di coordinamento statale non sia fondata sul comando e sul potere direttivo, ma sul rispetto pieno delle distinte competenze, sull’accordo fra le parti, sullo scambio di conoscenze, di esperienze e di servizi.
L’azione della Giunta sarà pertanto diretta con decisione a stabilire più intensi collegamenti con l’intero sistema regionale, ordinario e differenziato, al fine di proporre linee di rinnovamento nei rapporti fra poteri centrali e autonomie territoriali.
Nei confronti del Governo l’intero arco delle Regioni dovrebbe rivendicare innanzitutto il completamento del disegno di attuazione costituzionale avviato con il trasferimento di funzioni alle Regioni stabilito con la Legge n. 382 del 1975. Questo disegno rischia di restare inceppato se non si provvedere alla riforma degli apparati centrali dello Stato ed alla approvazione della nuova legge sulle autonomie locali.
Si dovrà inoltre realizzare un organico sistema di raccordi fra i diversi ambiti istituzionali, attraverso una precisa definizione dei rapporti e delle linee di confine tra legislazione statale e legislazione regionale e con la fissazione, di procedure e responsabilità certe nei diversi ambiti di competenza.
È necessaria infine, una profonda riforma dei meccanismi di attribuzione delle risorse; l’attuale settorialismo e il carattere vincolante della legislazione statale hanno di fatto annullato l’autonomia programmatoria delle Regioni, che rischiano dì ridursi a puri terminali amministrativi.
Definizione, quindi, di precise garanzie per l’autonomia legislativa, finanziaria e decisionale delle Regioni: questa direzione di marcia dovrà proporsi agli organi di collegamento interregionali, come le conferenze dei Presidenti, che, in stretto raccordo con gli organi di cui sono emanazione – Consigli e Giunte – dovranno appunto tutelare le prerogative regionali e insieme concorrere alla definizione della programmazione nazionale, in funzione di riequilibrio e di perequazione fra le diverse aree del Paese. Questa esigenza è tanto più fondata ed avvertita per le Regioni a Statuto speciale.
Il sostanziale “abbassamento” dei relativi ordinamenti materiali cioè effettivi, rispetto a quelli previsti statutariamente, l’annullamento pratico di gran parte degli istituti “speciali” (dalla competenza legislativa primaria al diritto di partecipare a funzioni di organi dello Stato) sono tendenze che occorre invertire.
La Giunta regionale intende promuovere in tempi brevi un convegno delle Regioni a Statuto speciale da tenersi in Sardegna. Esso costituirà un’occasione importante per approfondire la riflessione già in corso nelle cinque regioni ad autonomia differenziata allo scopo di individuare efficaci meccanismi di tutela delle rispettive specifiche competenze statutarie.
Uno sforzo comune, in definitiva, insieme alle Regioni – ordinarie e a quelle speciali, va operato per realizzare un diverso sistema dei rapporti tra Stato e Regioni, che superi il regime di ripartizione irrazionale delle funzioni e sia rigorosamente ispirato alla precisa individuazione dei rispettivi ruoli: questa è la premessa fondamentale per attuare i principi della collaborazione e del coordinamento.
Per quanto concerne la Sardegna questo modello di rapporti può essere avviato a realizzazione partendo dall’originario impianto statutario, con la ridefinizione dell’intera disciplina di attuazione e col suo completamento, e deve essere accompagnato da un ampio processo di trasferimenti e deleghe di funzioni statali alla Regione.
La Giunta ribadisce in tale prospettiva l’impegno a perseguire l’obiettivo della piena attuazione dello Statuto di autonomia, rivendicando l’emanazione delle norme di attuazione per tutte le materie in cui attualmente esse sono carenti in particolare per quanto concerne la partecipazione della Regione all’esercizio dì funzioni statali, secondo le previsioni del Titolo VI dello Statuto e per quanto concerne i poteri regionali in materia di credito.
Le norme di attuazione vigenti, adeguatamente revisionate ove necessario, e quelle ancora da emanare dovranno essere accorpate per settori organici e opportunamente coordinante, in base ad una precisa analisi delle funzioni, con le altre norme di trasferimento e di delega di competenze, onde realizzare un complesso normativo generale e non frammentario.
Nella prospettiva di un adeguamento dei poteri statutari la Giunta intende avviare una ricontrattazione con lo Stato delle stesse norme contenute nel titolo terzo dello Statuto, la cui recente riforma ha lasciato largamente insoddisfatte le esigenze della Regione.
Colleghi Consiglieri!
Il confronto con lo Stato deve essere impostato considerando nel loro complesso i poteri che esso esercita nella nostra Regione e che più direttamente interagiscono con i fatti economici e dello sviluppo e – dunque – con la linea strategica che la Giunta assume per governare la realtà regionale. Interlocutore diretto di tale confronto sarà il Governo nazionale, per la sua veste di responsabile dell’indirizzo politico, amministrativo ed economico generale del paese, per i compiti di direzione e di vigilanza che ad esso competono sui diversi enti e aziende pubbliche operanti in settori decisivi per l’economia della Sardegna, per i poteri che esso direttamente esercita sugli organi statali -civili e militari – presenti nell’Isola.
Verso il Governo la Giunta si impegna ad assumere le iniziative più efficaci affinché l’intera azione dei poteri statali sia conforme alle esigenze di sviluppo dell’Isola. L’interlocutore della Giunta e degli altri organi regionali nel corpo centrale dello Stato non sarà, tuttavia il solo Governo: dovrà realizzarsi un collegamento costante con le attività del Parlamento, per garantire tanto il rispetto delle competenze legislative regionali, quanto l’efficacia delle proposte di legge e dei voti regionali alle Camere, ed in definitiva un controllo complessivo sui rapporti fra Stato e Regioni, anche attraverso una più intensa partecipazione di queste alla formazione del bilancio dello Stato. È poi con tutta l’articolazione delle Amministrazioni statali che la Regione dovrà stabilire forme intense di collegamento, per determinare ogni scambio di conoscenze e ogni coordinamento possibile nell’esercizio delle rispettive funzioni: con la Magistratura ordinaria ed amministrativa, con le strutture militari, con quelle deputate all’ordine pubblico, con quelle della pubblica istruzione, con quelle operanti nei settori dell’energia, dei trasporti, del credito.
La Giunta assume l’impegno di sollecitare l’adeguamento degli organici e della qualità dei servizi pubblici direttamente dipendenti dalle diverse amministrazioni dello Stato. La Giunta non mancherà di rilanciare il confronto con lo Stato per una più equa ripartizione dei gravami territoriali ed economici connessi con le esigenze della difesa del Paese.
La Giunta sì impegna a stimolare l’intervento riformatore dello Stato, promuovendo il suo coordinamento con le competenze regionali e con le funzioni degli Enti locali secondo le previsioni normative contenute anche nel D.P.R n. 348. Occorre in particolare assumere consistenti iniziative coordinate al fine di prevenire l’insorgere dei fenomeni criminali e di venire incontro ai problemi delle fasce di popolazione più emarginate.
Occorre, infine, sottolineare che la Giunta non intende intensificare i rapporti della Regione soltanto con i principali organi dello Stato, per sollecitarne l’iniziativa nei confronti dei problemi della Sardegna: è sempre più pressante l’esigenza di costruire un rapporto fra Regione e Comunità Europee più intenso e, soprattutto, più costante e consapevole.
Ciò potrà innanzitutto avvenire attraverso la definizione di una norma di attuazione dell’articolo 52 dello Statuto e quindi assicurando una partecipazione della Regione anche nella definizione delle politiche comunitarie, superando i limiti contenuti nelle norme di attuazione attualmente vigenti.
Sarà opportuno riproporre, con le altre Regioni, la definizione di un ruolo più preciso della conferenza Stato-Regioni sui rapporti comunitari. Occorrerà poi garantire una presenza attiva dell’Istituto regionale nel Comitato consultivo delle istituzioni regionali e locali; per ampliarne i poteri e il grado di rappresentatività nei confronti degli organi comunitari.
La Giunta intende inoltre assicurare la partecipazione costante della Regione alle iniziative del Consiglio d’Europa per la cooperazione fra le regioni europee e quella della Conferenza delle regioni periferiche marittime e insulari. A livello regionale sarà avviata l’attività della Consulta regionale per i problemi comunitari, e saranno create particolari strutture conoscitive e di gestione all’interno dell’Amministrazione regionale, nel quadro della sua complessiva riforma.
Signor Presidente, Colleghi consiglieri!
La Giunta regionale intende perseguire con decisione un disegno organico di riforma degli istituti autonomistici, traducendo in iniziative concrete il consistente patrimonio di elaborazione nel campo istituzionale che è venuto diffondendosi e consolidandosi in questi anni nel mondo politico, tra gli studiosi e nell’opinione pubblica della Sardegna.
I criteri ispiratori di tale disegno sono essenzialmente due. Da un lato procedere ad una riforma dell’apparato istituzionale (normativo, amministrativo, tecnico e organizzativo) della Regione, attraverso una ridefinizione dei ruoli e delle funzioni di suoi organi e delle sue strutture operative, qualificando prevalentemente l’istituto regionale come ente generale di governo, programmazione, indirizzo e coordinamento dello sviluppo dell’Isola.
Dall’altro avviare contemporaneamente il pieno coinvolgimento delle autonomie locali nei processi di sviluppo economico e di crescita civile, valorizzandone le potenzialità, conformemente alla loro natura di enti rappresentativi delle rispettive comunità.
Si tratta di una prospettiva volta a realizzare compiutamente la specialità autonomistica nel suo significato più alto, di ordinamento complessivo capace di esprimere adeguatamente le istanze democratiche di una matura comunità regionale.
Nell’avvio di tale processo di riforma la Giunta è fermamente convinta della necessità di operare rapidamente attraverso i poteri che la Regione sarda attualmente detiene, senza che questo significhi, peraltro, l’abbandono di prospettive più ampie, che si continua a ritenere debbano costituire le sbocco naturale di tale processo, quali l’elaborazione dello Statuto interno di autonomia previsto dall’articolo 54 dello Statuto o le stesse modificazioni del quadro statutario che si rivelassero necessarie.
L’opera di riforma dovrà anzitutto interessare la Regione, avviandone un profondo rinnovamento politico ed amministrativo, ridefinendo il ruolo dei suoi massimi organi, riconducendo le strutture burocratiche ad un quadro di efficenza e di funzionalità rispetto agli indirizzi e ai programmi regionali, semplificando e democratizzando le procedure amministrative, riformando gli enti strumentali.
Occorrerà a tal fine procedere ad una generale opera di revisione della vigente legislazione regionale, riordinando e completando le leggi fondamentali nei principali settori di attività della Regione, ricorrendo in modo organico alla delegificazione e alla delega di funzioni agli enti locali, introducendo procedure amministrative uniformi e razionali.
La Giunta si impegna ad investire il Consiglio regionale dell’esame di specifici disegni di legge volti a concretizzare questo disegno. Particolare importanza viene attribuita dalla Giunta, sul piano legislativo, alla definizione di alcune leggi necessarie per rendere effettivo l’esercizio, da parte della Regione e degli enti locali, di funzioni trasferite col D.P.R. 348, tra esse le funzioni tuttora esercitate dalle Camere di commercio e quelle in materia di assistenza. La nuova configurazione della organizzazione regionale dovrà essere realizzata procedendo ad una radicale revisione della legge numero 1 del 1977, della legge 33 del 1975, della legge 51 del 1978.-
Colleghi consiglieri!
Si pone ormai da diverso tempo la necessità di provvedere ad un adeguamento dell’assetto della Giunta regionale e delle sue funzioni: occorre rafforzarne il ruolo di coordinamento e di elaborazione dell’indirizzo politico di governo; occorre assicurare la massima unitarietà dell’attività della Giunta e dei singoli Assessorati nell’attuazione dell’indirizzo politico. Sono, queste, condizioni inderogabili se si vuole dare reale incisività all’azione complessiva del governo regionale di fronte ai crescenti e complessi problemi dell’Isola.
Siamo consapevoli che tali obiettivi si pongono anzitutto come questioni eminentemente politiche, in quanto concernono il corretto rapporto tra le forze che compongono la maggioranza di governo: ciò nondimeno appare sempre più necessario realizzare momenti più definiti di raccordo e di sintesi politico-istituzionale, procedendo ai necessari adeguamenti normativi e operativi.
Occorre infatti assicurare concretamente l’affermazione del principio di collegialità nell’esercizio delle attività e delle competenze attribuite alla Giunta, nella deliberazione degli indirizzi, dei programmi e delle scelte di maggior rilevanza politica, onde superare la frammentazione assessoriale e favorire l’iniziativa propria dell’esecutivo.
La modifica della legge numero 1, in tale contesto, dovrà preliminarmente tenere conto della necessità di pervenire ad una netta distinzione tra le funzioni politiche, programmatiche e di alta amministrazione, che vanno concretamente esercitate dall’organo collegiale e quelle esecutive e d’amministrazione ordinaria, che possono essere ricondotte alla competenza di organi diversi, quando non delegate direttamente agli enti locali. Si tratta dunque di compiere un inventario delle funzioni e delle procedure attuali dell’amministrazione regionale, per poter definire in modo più efficiente una loro redistribuzione attraverso una razionale ripartizione di competenze tra Giunta, Assessorati, organi burocratici regionali.
Solo liberando gli organi statutari di governo della Regione da un carico di funzioni amministrative di carattere non discrezionale e di valore prettamente esecutivo sarà possibile che essi possano concentrare la loro iniziativa sulle funzioni politiche, programmatiche e di indirizzo. Una scelta siffatta non potrà che contribuire a snellire i tempi, attualmente troppo lenti, per l’attuazione degli atti e delle decisioni della Regione.
I criteri sopraindicati dovranno ispirare – a parere della Giunta – le modifiche da apportare alla legge numero 1, per quel che concerne in particolare le competenze della Giunta, quelle degli Assessorati, quelle della Presidenza della Giunta stessa.
Occorrerà anzitutto realizzare un nuovo assetto degli Assessorati, sia nel senso di accorpare più razionalmente funzioni oggi frammentate in diversi Assessorati, sia per meglio assolvere ad alcune funzioni e materie diventate ormai di grande rilievo ma tutt’ora sottovalutate, quali il raccordo con il complesso delle politiche comunitarie in continua evoluzione, o la politica attiva del lavoro e per l’occupazione.
Per una più efficace azione collegiale della Giunta, va prevista l’adozione di un suo regolamento interno, e la costituzione di comitati inter-assessoriali quando si imponga la necessità di assolvere questioni che interessino la competenza di più assessorati.
Il raccordo tra gli assessori, nel rispetto delle direttive della Giunta, dovrà ordinariamente avvenire nei settori dell’assetto del territorio, delle attività produttive e delle attività sociali.
Dovrà essere potenziato il ruolo del Presidente della Giunta regionale nelle sue funzioni di coordinamento, direzione ed impulso delle attività della Giunta e degli Assessori, volte ad assicurare l’attuazione dell’indirizzo politico dell’esecutivo.
Si pone in questo quadro anche la necessità di assicurare l’adeguamento -delle strutture operative più direttamente connesse alla attività dell’esecutivo stesso, in particolare attraverso il potenziamento degli Uffici della Presidenza e la costituzione di una equipe multidisciplinare capace di assicurare elevati apporti tecnici e conoscitivi sulle materie connesse all’attività di governo.
Signor Presidente, colleghi consiglieri!
Credo vi sia unanime consapevolezza della necessità di procedere ad una ridefinizione dei rapporti tra la Giunta e il Consigliò regionale, allo scopo di rafforzare i rispettivi ruoli, precisandone gli ambiti di competenza, ed operando una chiara definizione dei diversi livelli di responsabilità.
In particolare, la distinzione dei ruoli fra Giunta e Consiglio deve passare per l’attribuzione all’Esecutivo dei compiti di iniziativa e di attuazione, per l’eliminazione dei compiti di co-amministrazione attribuiti dalla, legislazione regionale al Consiglio e alle Commissioni permanenti, ai quali competono invece la determinazione dell’indirizzo, politico generale, l’approvazione delle leggi e degli atti di programmazione, l’esercizio del controllo sull’attività dell’Esecutivo e sui risultati conseguiti.
La ridefinizione dei rapporti tra Giunta e Consiglio deve avvenire sia con provvedimenti di revisione legislativa, sia con modifiche del regolamento consiliare: la Giunta è consapevole che la complessità e la portata di tali problemi richiedono che ciò avvenga col più ampio concorso di forze rappresentate nel Consiglio regionale ed opererà per favorire, intorno a tali questioni, il confronto più sereno e più costruttivo.
La Giunta sottolinea l’urgenza di introdurre istituti volti a rendere più spedito l’iter delle decisioni consiliari, anche attraverso la previsione di una corsia preferenziale per i disegni di legge della Giunta, e di valutare altresì l’opportunità di una revisione della disciplina di altri istituti regolamentari quali il voto segreto, sia per quanto riguarda l’espressione di fiducia sia per quanto concerne il processo legislativo.
Una più chiara disciplina degli atti deliberativi del Consiglio deve inoltre accompagnarsi alla definizione di nuove norme sulla promulgazione delle leggi e sulla emanazione dei regolamenti.
Colleghi consiglieri!
Il disegno di rinnovamento istituzionale deve caratterizzarsi anche per una nuova politica dell’organizzazione degli uffici e del personale.
Si pone l’esigenza di un adeguamento della disciplina, prevista dalla legge regionale N.51, definendo un assetto degli uffici che corrisponda al meglio ai compiti di governo e di programmazione della Regione, valorizzando al massimo la responsabilità della dirigenza e la professionalità di tutto il personale, semplificando le procedure con criteri di speditezza, certezza, democraticità, introducendo metodologie di lavoro improntate alla attiva collaborazione tra gli uffici.
Economia, programmazione, informatica, tecniche dell’organizzazione del lavoro devono costituire le basi della preparazione professionale. Corsi di qualificazione, riqualificazione ed aggiornamento devono diventare metodo usuale per far risaltare ed insieme accrescere le potenzialità sicuramente presenti. Indispensabile per la modernizzazione dell’amministrazione è la creazione di un moderno sistema informativo regionale, che raccordi anche Regione e autonomie locali, e che costituisca perciò uno sbocco unitario al proliferare disomogeneo dei processi di automazione in diversi enti locali. La costruzione di un rapporto democratico profondamente nuovo tra i cittadini e l’Amministrazione regionale è uno degli obiettivi politici qualificanti dell’azione di riforma.
Nel quadro di una semplificazione ed unificazione delle procedure amministrative occorrerà introdurre nuove, forme di controllo democratico, attraverso una normativa che preveda il diritto di accesso di cittadini ai documenti amministrativi, la pubblicità degli atti regionali, la garanzia del contraddittorio con gli interessati, che inoltre istituisca forme di consultazione e di intervento dei soggetti portatori di interessi collettivi e diffusi.
In questo ambito dovrà essere valutata l’opportunità di disciplinare istituti specifici di tutela dei diritti del cittadino e di controllo sociale sul buon andamento della pubblica amministrazione, a cominciare dai servizi essenziali: ci si riferisce tra l’altro alla figura del “difensore civico”.
Il riassetto dell’Amministrazione regionale dovrà investire anche gli uffici periferici della Regione, dovendosi in particolare prevedere, coerentemente con il processo di attribuzione e di delega di funzioni alle autonomie locali, la configurazione di alcuni di essi quali organi tecnici al servizio degli enti locali.
Parte rilevante della riforma della Regione è costituita dalla ormai non procrastinabile riforma degli enti strumentali.
È andata progressivamente maturando la convinzione che occorra anzitutto contenere al massimo e, ove necessario, sopprimere, tutte le strutture amministrative separate e non direttamente governate dagli organi ordinari dei soggetti istituzionali rappresentativi.
In tale prospettiva dovrà procedersi ad una verifica delle competenze da riassorbire all’interno delle normali strutture regionali e di quelle da attribuire agli enti locali, procedendo alle opportune soppressioni ed accorpamenti.
La Giunta, nel breve periodo, individua i seguenti criteri di intervento sulla questione degli enti. Si ritiene che alcuni di essi debbano essere mantenuti, restituendo loro operatività e procedendo al rinnovo dei consigli di amministrazione da lungo tempo scaduti: si tratta in particolare dell’ARST, dell’EMSA, dell’ISOLA.
Gli enti di sperimentazione operanti nel settore agricolo e zootecnico (Centro regionale agrario sperimentale, Istituto zootecnico e caseario, Istituto di incremento ippico, Stazione sperimentale del sughero) andrebbero preferibilmente accorpati in un unico ente di sperimentazione, oppure trasformati in sezioni specializzate di ricerca e di sperimentazione all’interno dell’ERSAT.
Per quanto riguarda l’ESAF e l’Ente Flumendosa, il problema prioritario che si pone è quello di assicurare un momento politico efficace di governo delle acque in Sardegna all’interno di un Assessorato, prevedendo poi uno strumento operativo che può configurarsi in un’agenzia tecnica delle acque o in un unico ente nel settore.
In campo turistico, accanto ad una presenza riformata dell’ESIT, sarebbe utile l’attuazione delle Aziende di promozione turistica, procedendo invece allo scioglimento degli enti provinciali turismo.
Va infine confermata la funzione culturale dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico, puntando ad una sua più elevata qualificazione scientifica. La Giunta sottolinea l’urgenza di provvedere rapidamente, in coerenza con tali obiettivi, ad una complessiva revisione della legislazione sugli enti regionali, sia per sancire le soppressioni e gli accorpamenti di certi enti, sia per rinnovare ed adeguare le funzioni e l’organizzazione degli enti da mantenere, riconducendoli pienamente nel quadro della programmazione e delle politiche di sviluppo della Regione.
Occorre porre fine intanto ad una fase ormai lunghissima di “prorogatio” e di commissariamento di tali enti, ricostituendo i loro organismi democratici di gestione. Questa è condizione decisiva sia per riportare a normalità istituzionale gli enti stessi, sia per rivitalizzarne il ruolo e l’iniziativa. Per quanto riguarda le nomine nei citati organismi occorrerà ispirarsi a criteri di competenza, di professionalità, di coerenza con le linee e gli obiettivi della programmazione regionale. Occorrerà verificare, per ciascuna nomina, i requisiti di esperienza e di competenza già maturati nel settore in cui è chiamato ad operare l’ente regionale interessato. Esperienza e competenza che dovranno essere vagliate alla luce delle attività di studio e di ricerca già svolte, delle rilevanti responsabilità ricoperte in organizzazioni professionali operanti nel settore; dei compiti rilevanti già assolti, in questo settore, all’interno di altre sedi e associazioni pubbliche o private.
Per quanto riguarda le presidenze degli enti, a tali esperienze e competenze deve possibilmente aggiungersi un elevato titolo di studio che abbia diretta attinenza con il settore nel quale opera l’ente cui si è preposti.
L’illustrazione e la documentazione di tali requisiti deve tradursi in un “curriculum” di accompagnamento per ciascuna proposta nominativa. Il curriculum andrà portato anche all’esame e alla valutazione della Commissione consiliare competente chiamata ad esprimere il suo parere su tutte le proposte di nomina di competenza della Giunta, ai sensi dell’art.4, punto r) della L.R. n.1/77.
Signor Presidente, colleghi consiglieri!
La riforma democratica della Regione trova un suo specifico e decisivo banco di prova nel riconoscimento e nel rafforzamento del ruolo delle autonomie locali. Occorre superare ogni visione centralistica dell’istituto autonomistico, ogni tendenza alla esclusione dai processi decisionali di quella ampia articolazione democratica costituita principalmente dai comuni dell’isola e dalle istanze popolari che essi rappresentano. Senza la realizzazione di un ordinamento regionale delle autonomie il disegno statutario rimarrebbe inattuato e la specialità sarda resterebbe incompleta e monca in quello che deve esserne il tratto fondamentale: il legame tra la comunità regionale e le sue istituzioni.
Il primo compito cui la Regione deve assolvere è, in questa prospettiva, quello di attuare rapidamente il DPR 348 del 1979, varando le leggi a tal fine necessarie. Occorre prendere spunto dall’attuazione del DPR 348 per realizzare un reale ampliamento delle competenze degli enti locali, attraverso un corretto utilizzo della delega di funzioni amministrative regionali secondo la previsione dell’articolo 44 dello statuto.
I provvedimenti legislativi di delega dovranno definire le diverse funzioni per settori organici,
ripartendo con precisione i rispettivi livelli di esercizio delle competenze: quello regionale, quello dell’ente intermedio, quello dei comuni e delle loro associazioni.
L’attribuzione e la delega di funzioni agli enti locali dovranno, da un lato, costituire oggetto di specifici provvedimenti organici; dall’altro dovrà esserne normalmente valutata l’opportunità all’interno delle singole leggi settoriali e in tutta l’attività legislativa ordinaria.
È tuttavia necessario, ancora una volta, ribadire che la delega agli enti locali non dovrà essere concepita e utilizzata in modo generico e disorganico, né come strumento per decongestionare gli uffici dell’amministrazione regionale, bensì come lo strumento attraverso cui realizzare una coerente programmazione regionale e una ripartizione razionale delle funzioni.
Una attenzione particolare dovrà essere dedicata ai problemi dell’ente fondamentale di base: il Comune. Valorizzare il ruolo dei Comuni sardi comporta prendere adeguata conoscenza della diversificazione delle funzioni che essi esercitano a seconda delle rispettive dimensioni. Funzioni sicuramente appartenenti all’area di competenze comunali non possono tuttavia che essere esercitate a livello sovracomunale per le loro caratteristiche materiali, tecniche ed economiche: solo così sarà infatti possibile garantire ed assicurare prestazioni e servizi immediatamente apprezzabili dagli utenti.
La Regione dovrà dunque incoraggiare, attraverso le leggi di delega e utilizzando i poteri ad essa attribuiti dal D.P.R. 348, la costituzione di Associazioni intercomunali a carattere polifunzionale, per la gestione di servizi d’interesse zonale.
In tale quadro una particolare strumentazione istituzionale dovrà essere studiata per quanto concerne le due maggiori aree urbane dell’Isola, Cagliari, e Sassari, valutando l’opportunità di attribuire alle corrispettive Associazioni anche funzioni connesse alla pianificazione urbanistica e territoriale.
In attuazione dell’art.45 dello Statuto, e urgente una normativa che introduca indirizzi nuovi, che tendano – da un lato – a frenare la proliferazione di nuove entità comunali che accentuerebbero il “pulviscolo” municipale purtroppo esistente nell’Isola e – dall’altro lato – a incentivare un graduale processo di fusione di piccolissimi Comuni, che sono sempre più attanagliati da strutturali debolezze che ne annullano ogni capacità di funzionamento.
Questa nuova organizzazione istituzionale comporta necessariamente la revisione e la ristrutturazione dei servizi comunali; a tal fine la Giunta si impegna a promuovere – insieme agli organismi rappresentativi delle autonomie locali – un confronto con il potere centrale al fine di rimuovere i condizionamenti che impediscono ai Comuni una migliore definizione del loro assetto organizzativo.
La prospettiva indicata tende a ricondurre le funzioni oggi esercitate da entità organizzative non rappresentative (enti settoriali, consorzi monofunzionali, camere di commercio) o rivelatesi inadeguate (come i Comprensori) in capo agli enti locali territoriali ed alle loro strutture associative.
In tale ambito si colloca la questione dell’ente intermedio. Bisogna giungere rapidamente ad un unico ente intermedio che accorpi funzioni amministrative attualmente assegnate alla competenza di svariati organismi operanti a livello sub-regionale. La tendenza prevalente sul piano politico e culturale è quella di puntare al rilancio della Provincia (onde evitare la revisione costituzionale), facendo rifluire in essa le innovazioni che il dibattito e l’esperienza dei comprensori e delle comunità montane hanno positivamente evidenziato.
Questa ipotesi presuppone una Provincia elettiva, con funzioni di programmazione sovracomunale e di raccordo con i comuni, da un lato, e con la Regione dall’altro, nonché funzioni amministrative e di gestione relativamente ai servizi di area vasta. Muoversi in questa direzione significa riformare la legge regionale n.33/1975 attivando contestualmente la legislazione regionale e quella nazionale. Si tratta, infatti, anzitutto di ampliare il numero delle province, portandole a sette; e ciò può farsi solo con legge statale.
L’ampliamento del numero delle province potrebbe essere un obiettivo da inserire nel pacchetto delle richieste connesse alla approvazione della nuova legge della rinascita, che dovrà investire non solo i temi economici, ma anche quelli istituzionali. Una volta approvata tale legge nazionale, la Regione sarda potrà, in forza dell’art.43 dello Statuto, modellare circoscrizioni e funzioni provinciali secondo le esigenze e le particolarità emergenti dalla nostra realtà regionale e locale.
Un esame a sé richiedono, in tale prospettiva, la possibilità di non far coincidere l’aumento del numero delle Province con quello delle circoscrizioni di decentramento statale e la eventuale ridefinizione dei collegi elettorali regionali.
Nel frattempo la Regione dovrà, in tempi rapidi, sopprimere i Comprensori, facendo rifluire alcune loro funzioni sulle associazioni intercomunali ed altre sulle Province esistenti, dovrà, in tale ambito, essere valutata attentamente la opportunità di prefigurare le nuove circoscrizioni provinciali, istituendovi organismi provvisori; collegati alle attuali Province, per l’esercizio delle nuove funzioni, coinvolgendo nella configurazione gestionale di questi organismi anche i Comuni.
Il rafforzamento delle autonomie locali dovrà avvenire contestualmente alla revisione delle procedure della programmazione regionale, cui gli enti locali dovranno attivamente concorrere.
Le modifiche dell’assetto programmatolo attualmente disciplinato dalla legge numero 33, devono coinvolgere ad un tempo la Regione e gli enti territoriali secondo gli indirizzi fin qui esposti, che dovranno ispirare anche le specifiche disposizioni della legge di rifinanziamento del Piano di rinascita. Dovranno essere abrogate le vigenti norme che prevedono il Comitato per la programmazione, in vista della costituzione dell’Ufficio regionale del Piano.
La partecipazione alla programmazione dovrà avvenire, per quanto riguarda le forze sociali, attraverso la istituzione di una loro Consulta (che assorba anche gli organismi consultivi attualmente esistenti) e per quanto riguarda le comunità locali attraverso il coordinamento delle istanze comunali da parte delle province enti intermedi, opportunamente raccorciati con l’Ufficio del piano.
Nel contesto della riforma della Regione e delle autonomie locali fin qui indicato dovrà aver luogo anche una revisione generale delle funzioni e dell’ambito territoriale di altri organismi, come le Comunità montane, le Unità sanitarie locali, i distretti scolastici.
Per quanto riguarda in particolare le UU.SS.LL., si sottolinea la necessità di una revisione della legge regionale istitutiva, tenendo anche conto delle prossime leggi statali di riforma in materia.
Colleghi consiglieri!
Lo sviluppo economico mondiale è attraversato da un processo di innovazione tecnologica che tende a modificare strutturalmente i modi di produzione e la stessa organizzazione e composizione dei diversi sistemi sociali.
Ci troviamo in una fase di profonde trasformazioni, i cui segni sono tuttora contraddittori: alle enormi potenzialità di pregresso insite nelle applicazioni produttive delle nuove tecnologie, non si accompagna ancora una ripresa dell’occupazione, mentre permangono le disparità e gli squilibri tradizionali fra aree geografiche.
La Sardegna deve inserirsi attivamente nei nuovi processi economici evitando sia di subirne passivamente gli effetti, sia di risultarne emarginata. A tal fine occorre attivare politiche di sviluppo equilibrante, che favoriscano l’integrazione tra l’economia sarda e l’economia nazionale ed internazionale e siano in grado, nel contempo, di soddisfare l’offerta crescente di forza lavoro, mediante investimenti che coinvolgano non solo l’apparato industriale ma l’in tera struttura economica dell’Isola.
Tutto ciò impone l’adozione di un nuovo metodo di governo della economia, capace di rivalutare tanto la funzione della programmazione quanto il ruolo del mercato. Per far fronte alla complessità e alle imponenti dimensioni dei-problemi connessi allo sviluppo è infatti necessario attivare tutte le risorse disponibili e mobilitare tutti i soggetti, pubblici e privati, rendendo operante il processo programmatorio e realizzando una adeguata conoscenza e un attivo inserimento nelle logiche di mercato.
Da tale premessa discende che i prerequisiti per lo sviluppo della nostra regione sono costituiti – oggi come e più che in passato – dal potenziamento dell’autonomia e dalla capacità della programmazione regionale di comprendere e orientare l’intero complesso dell’economia della Sardegna. Occorre a tal fine superare i limiti e le insufficienze emerse dalle passate esperienze della programmazione regionale, dovute in misura prevalente al rapporto squilibrato tra le disponibilità finanziarie aggiuntive e le entrate ordinarie, nonché al mancato coordinamento dei diversi interventi pubblici.
La scadenza della legge 268 e l’esigenza di definire una nuova legge di attuazione dell’articolo 13 dello Statuto speciale costituiscono una importante occasione per porre al centro dell’attenzione nazionale l’insieme dei problemi – economici e sociali – che caratterizzano la questione sarda, la nuova legge di attuazione dell’articolo 13 dello Statuto dovrà superare la temporaneità, la separatezza e la settorialità degli interventi; dovrà garantire la piena partecipazione della Sardegna al riparto delle risorse ordinarie e, insieme, la reale aggiuntività degli stanziamenti straordinari; dovrà realizzare compiutamente, dunque, i principi della solidarietà nazionale per la rinascita dell’Isola e del concorso Stato-Regione, sanciti dall’articolo 13.
La nuova legge dovrà prevedere un momento istituzionale unificante per la predisposizione e per la gestione degli interventi; in tale contesto dovrà essere ricondotta al livello regionale la responsabilità principale dell’attuazione degli interventi e dovrà essere riconosciuta pienamente agli atti di programmazione regionale la dignità di atti della programmazione nazionale, capaci dunque di vincolare tutti i soggetti pubblici.
Si tratta di una impostazione largamente condivisa da tutte le forse autonomista, come testimonia l’ordine del giorno unitario recentemente approvato dal Consiglio regionale, la Giunta auspico che col medesimo, ampio concorso di forze, sulla scorta di tale elaborazione unitaria e delle indicazioni contenute nel citato ordine del giorno, il Consiglio regionale possa in tempi rapidi definire proposte e orientamenti per la predisposizione di un progetto di legge nazionale di attuazione dell’articolo 13. La discussione su tale questione e l’impegno di elaborazione e di iniziativa che non mancheranno di assicurare i senatori e i deputati sardi, costituiranno l’occasione per riproporre all’attenzione del Governo, del Parlamento, delle forze politiche nazionali i nodi di fondo della nostra crisi e per richiamare alla coscienza di tutti che la questione sarda si pone tuttora come questione nazionale, la cui soluzione comporta la responsabilità primaria dello Stato in tutte le sue articolazioni. I medesimi principi (inquadramento nella programmazione nazionale definita con l’effettivo concorso delle Re-gioni; aggiuntività delle risorse; decentramento dell’attuazione degli interventi) dovrebbero ispirare anche il nuovo assetto dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno.
La Giunta intende riaffermare la necessità che la politica merionalista costituisca non più un settore separato dell’attività di governo, ma un momento caratterizzante dell’intera politica economica nazionale. Essa dovrà pertanto essere ricondotta alla responsabilità primaria dei soggetti costituzionali, Parlamento, Governo, Regioni e alla gestione degli organi pubblici ordinari.
In queste quadro è necessario non solo assicurare continuità finanziaria all’intervento straordinario ma assumere il problema del Mezzogiorno come priorità principale nella attuazione delle politiche generali e settoriali degli organi di governo e di amministrazione, condizionandone lo finalità egli obiettivi.
Tutti i soggetti pubblici devono infatti essere consapevoli che la questione meridionale non si pone più solamente nei tradizionali termini di arretratezza delle strutture e dei livelli di vita. Essa è divenuta principalmente la questione nazionale dell’occupazione: nei prossimi dieci anni la nuova offerta di lavoro sarà concentrata per l’ottanta per cento nel meridione d’Italia.
La Giunta regionale conferma i contenuti del documento sullo nuova legge per il Mezzogiorno proposto dal precedente esecutivo, fatto proprio dalla Commissione consiliare per la programmazione e successivamente consegnato ai parlamentari sardi; la Giunta riconosce in tale documento un ulteriore importante impegno unitario delle forze politiche autonomiste sui temi dello sviluppo nazionale e regionale
Signor Presidente, colleghi Consiglieri!
La questione centrale per un nuovo sviluppo economico della Sardegna è quella di promuovere la ripresa dell’accumulazione nel sistema produttivo regionale. In tale prospettiva occorre attuare una politica di rilancio degli investimenti pubblici e privati.
A questo fine un ruolo fondamentale spetta alle Partecipazioni statali. È stato altre volte sottolineata l’importanza strategica delle imprese che esse gestiscono, non solo per l’economia sarda, ma per l’intero sistema economico nazionale. Non da oggi sosteniamo che, nelle peculiari condizioni offerte dalla Sardegna, la politica delle Partecipazioni statali può trovare l’occasione migliore per dimostrare il ruolo decisivo dell’Impresa pubblica nell’impulso allo sviluppo economico e sociale.
Per queste ragioni la Giunta, nell’impegnarsi a intensificare il confronto con le Partecipazioni statali e con il Governo, ribadisca con forza la necessità che le operazioni di risanamento aziendale da tempo in corso siano accompagnate – contestualmente – dalla definizione di precisi progetti di sviluppo delle imprese esistenti, dalla diversificazione delle attività in settori e produzioni tecnologicamente avanzati, dalla ricerca di forme di integrazione con la piccola e media industria locale.
La definizione di precisi programmi di riconversione e di sviluppo è, del resto, resa ancor più urgente dal manifestarsi di segai positivi di ripresa dei mercati, in particolare nei comparti della Chimica, delle fibre, dell’alluminio e del carbone, dove si presenta realisticamente la possibilità di superare la fase dei tagli occupazionali e delle chiusure aziendali.
D’altro canto la presentazione di programmi chiari in questa direzione è la premessa indispensabile perché la Regione stessa possa effettivamente confrontarsi col Governo sulla politica delle Partecipazioni statali, dotandosi anche delle competenze tecniche necessarie.
L’intensificazione degli interventi volti a sostenere ogni forma di imprenditorialità locale è un altro degli obiettivi fondamentali cui occorre orientare gli investimenti pubblici e, in particolare, quelli più direttamente connessi ella politica economica regionale. Il tessuto di piccole e medie imprese locali, infatti, nonostante le oggettive difficoltà, manifesta una vivacità e una vitalità apprezzabili, come dimostrano i recenti dati sulla piccola industria e, soprattutto, sull’artigianato.
Occorre, dunque, definire ed attuare interventi nuovi, non solo da parte della Regione, ma anche da parte degli istituti di credito, diretti a favorire la capitalizzazione delle imprese attraverso l’erogazione sollecita del credito agevolato e mediante la creazione di un complesso di servizi reali. Gli esempi di possibili interventi non mancano: dalle banche dati all’impiego della telematica, alla costituzione di strutture pubbliche e consortili per la fornitura di servizi finanziari ed assicurativi, gestionali, di organizzazione dei trasporti e di ricerca di mercati.
A tal fine andranno opportunamente utilizzati gli strumenti nomativi previsti dalla legge di attuazione dell’articolo 12 della logge 268 recentemente riapprovata dal Consiglio regionale.
La Regione deve dotarsi, analogamente a quanto già fatto da alcuno regioni italiano, di una politica a favore del rinnovamento tecnologico delle imprese, che crei una cultura dell’innovazione. Tale politica dovrà essere attuata predisponendo strumenti differenziati, quali centri di assistenza tecnologica e centri di ricerca, procedendo al riordino della formazione professionale ed attuando interventi di spesa e di incentivazione selettivi.
Occorre inoltre procedere ad una riforma della SFIRS per farne uno strumento efficiente di promozione e sostegno delle iniziative industriali. Contestualmente si tratta di avviare una unificazione ed un ammodernamento della legislazione sull’incentivazione produttiva, allo scopo di snellire le procedure e di soddisfare in modo più flessibile (attraverso incentivi e servizi reali e non solo moneteri) i progetti di investimento.
In questa direzione deve essere orientata anche la riconversione degli apparati regionali, che da dispensatori di fondi secondo criteri spesso indiscriminati e da strutture prevalentemente burocratiche dovranno trasformarsi -dandosi adeguata strumentazione – in istituzioni capaci di offrire assistenza all’imprenditoria sarda. La Giunta regionale si impegna inoltre a razionalizzare e a risanare le aziende di proprietà regionale finalizzate al sostegno delle attività e delle produzioni basate sull’utilizzo delle risorse locali, definendone in modo più compiuto i ruoli e la collocazione nel sistema-produttivo isolano.
La Giunta inoltre si impegno a promuovere tutte le azioni opportune volte all’utilizzazione piena e razionale delle risorse messe a disposizione della Comunità Economica Europea, attivandone tutti i canali potenzialmente disponibili: dal Fondo per lo Sviluppo regionale (PERS),ai Progetti Integrati Mediterranei (PIM) al FSCGA, alla BEI, al Fondo Sociale e così via.
In questa prospettiva è necessario avviare una vera e propria “politica delle relazioni esterne” della Regione,
rivolta, in particolare, in direzione dei Paesi comunitari e dei paesi mediterranei.
Una organica impostazione dovrà governare gli interventi nel settore agricolo, in quello dell’allevamento e in quello silvicolo, attraverso la mobilitazione di tutte le risorse a tal fine disponibili, col reperimento di nuovi finanziamenti e la riorganizzazione di tutta la struttura pubblica al servizio della produzione e della commercializzazione.
Si tratta dì orientare la produzione in funzione del mercato, con una adeguata politica di miglioramento della qualità delle produzioni e di modernizzazione delle strutture, che garantiscano da un lato la diminuzione del deficit agro alimentare e sviluppino, dall’altro, l’esportazione.
Occorre favorire, dunque, anche nel settore agricolo, la crescita di strutture produttive capaci di affacciarsi
in modo competitivo tanto sul mercato regionale quanto su quelli nazionali ed internazionali.
Si può pensare a tal fine anche in Sardegna alla creazione di organismi tecnico-finanziari e di commercializzazione, capaci di orientare la produzione verso settori per i quali esiste una domanda remunerativa e di presentare ed imporre i nostri prodotti sui mercati.
Particolare impegno, anche finanziario, sarà rivolto per una politica di adeguata infrastrutturazione delle aree rurali e per la creazione di servizi reali a sostegno delle produzioni agricole. Dovranno inoltre essere utilizzate al massimo, attraverso appositi progetti, le potenzialità delle zone irrigue, sia come base per l’industria agro-alimentare, sia come occasione di abbattimento del deficit foraggero che affligge i nostri allevatori.
In questo comparto, dove è possibile conseguire risultati di rilievo sia in termini produttivi che occupativi, è indispensabile mettere in atto nuovi criteri di intervento che consentano una ottimale utilizzazione dell’acqua disponibile. Ciò è possibile solo se si realizzano progetti integrati dove, accanto alle grandi opere di accumulo o distribuzione, vengano finanziate anche le opere di trasformazione a livello aziendale, così come i servizi di carattere collettivo e le infrastrutture per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti.
La Giunta si sente impegnata per un definitivo decollo della riforma agro-pastorale, in sintonia con le direttive recentemente approvate dal Consiglio regionale. A tale riguardo occorre rivendicare dallo Stato la copertura finanziaria necessaria per attuare i piani di fattibilità approvati o in via di approvazione, che rischiano di rimanere inattuati per mancanza di fondi.
La Giunta intende intensificare, sui temi della politica economica, il confronto costruttivo con le organizzazioni sindacali. In particolare saranno oggetto di approfondimenti specifici e di adeguati interventi i contenuti degli accordi recentemente intercorsi tra Regione e confederazioni sindacali in ordine all’attivazione del F.I.O. regionale, alla attuazione della normativa di integrazione della legge numero 66, alla partecipazione della Regione a Società e Consorti che perseguano finalità di sviluppo regionale, alla riforma della legislazione sull’artigianato e sul turismo, all’istituzione di una Società Finanziaria Agricola, alla predisposizione di interventi qualificati e finalizzati per la valorizzazione produttiva delle terre pubbliche.
Colleghi Consiglieri!
Una verifica reale della efficacia della politiche economiche regionali potrà aversi solo se esse si dimostreranno capaci di produrre nuove occasioni di lavoro. La questione dell’occupazione assume in Sardegna risvolti drammatici. Il tasso di disoccupazione è pari ormai al 24 per cento: questo fenomeno costituisce il problema più allarmante e socialmente pericoloso per la nostra comunità regionale.
Alle componenti legate al sottosviluppo ed all’arretratezza, alla componente congiunturale e a quella derivante dal declino di alcuni settori economici tradizionali va accompagnandosi, da tempo, la disoccupazione intellettuale. Il tessuto economico isolano non solo continua ad espellere forza lavoro, ma soprattutto, non dimostra capacità di adsorbire le nuove energie lavorative.
È evidente che un problema di tali dimensioni non può essere affrontato solo con politiche congiunturali, né la sua soluzione può essere affidata a prospettive spontanee di ripresa economica. La natura strutturale del fenomeno impone a tutti i soggetti pubblici l’adozione di interventi di ampio respiro, volti a costruire le condizioni per un rilancio di iniziative produttive non solo mediante gli strumenti ordinari di incentivazione degli investimenti, ma anche attraverso la realizzazione di programmi specificamente finalizzati alla creazione di occupazione aggiuntiva.
La Giunta assume l’obiettivo prioritario di affrontare 1’emergenza della disoccupazione con provvedimenti volti ad attenuarne o limitarne nel breve periodo il ritmo di crescita, ponendo nel contempo le premesse per una inversione di tendenza. A tal fine sarà impegno immediato della Giunta regionale predisporre un intervento straordinario per l’occupazione, finalizzato a sostenere la domanda di lavoro nelle imprese individuali e associate, nei settori manifatturieri ed artigiani, in agricoltura, nel settore turistico e nel terziario avanzato.
Si convoglieranno in questa direzione tutte le risorse finanziarie disponibili sul piano regionale, nazionale e comunitario, si adegueranno le procedure previste delle normative regionali già esistenti, quale la legge 26 del 1984, per la cui attuazione si prevede la realizzazione di un servizio regionale di assistenza tecnico-economico-operativa; verranno coinvolti in uno sforzo concertato le istituzioni territoriali, le categorie, le forze imprenditoriali, i sindacati, il mondo della cooperazione.
A sostegno di tale intervento straordinario la Giunta assumerà le iniziative necessarie per attivare l’Agenzia regionale del lavoro, quale struttura finalizzata a predisporre interventi per lo sviluppo dell’occupazione, per l’orientamento e la formazione professionale, nell’ambito degli obiettivi indicati dalla programmazione regionale e nazionale.
Un adeguato programma per l’occupazione deve comprendere anche misure di incremento del livello qualitativo della formazione professionale. A questo la Giunta intende impegnarsi, al fine di fornire un prodotto formativo adeguato alle esigenze emergenti del sistema economico e capace di soddisfare la domanda di personale altamente specializzato. Andrà per contro evitato l’affidamento in gestione di corsi ad enti che non offrano sufficienti garanzie di competenza e capacità organizzativa, strutture e personale idoneo.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri!
la realizzazione delle linee di politica economica e del lavoro della Regione è condizionala in modo rilevante dal permanere irrisolto di quelli che siamo soliti definire “nodi storici”. Ci si riferisce ai problemi dei trasporti, del credito, dell’energia.
L’isolamento fisico della Sardegna continua a costituire una vera e propria diseconomia per l’intero sistema produttivo e civile della regione. Il problema dei trasporti deve essere affrontato in termini globali dalla Regione, dallo Stato e dalle aziende pubbliche, sia per quanto concerne i collegamenti tra la Sardegna e la penisola, sia per quanto riguarda i collegamenti interni all’Isola.
La Giunta si impegna a rivendicare dallo Stato un progetto organico e interventi concreti volti a realizzare il principio della continuità territoriale, come garanzia di una reale parità con il resto del paese nelle condizioni di trasporto interne ed esterne, sia sotto il profilo funzionale sia sotto quello tariffario. Per quanto riguarda in particolare i trasporti marittimi occorre operare un vero e proprio ribaltamento dei rapporti sinora instaurati tra la Regione, il competente Ministero e la società che gestisce la maggior parte dei collegamenti.
È necessario infatti che la direzione e la guida della politica dei trasporti marittimi venga esercitata dalla Regione in funzione delle esigenze del sistema produttivo isolano e dei bisogni civili dei sardi.
Non si tratta tanto di rivendicare l’inserimento di rappresentanti regionali in organi societari, quanto piuttosto di avere concreti poteri di intervento sulla programmazione dei servizi in termini di linee, frequenza e tipologia dei vettori, priorità di carichi e tariffe.
La Giunta regionale intende assumere le più efficaci iniziative affinché nella definizione delle scelte strategiche concernenti il Piano nazionale dai trasporti venga tra l’altro riconosciuto un adeguato ruolo al porto-canale di Cagliri quale punto di snodo dei traffici intercontinentali.
Un impegno particolare verrà assunto perché lo Stato e le Aziende autonome realizzino gli interventi in corso e quelli programmati nei piani di settore per le grandi infrastrutture di trasporto (porti, aeroporti, strade e ferrovie). In particolare, per quanto riguarda la prevista elettrificazione della dorsale sarda la giunta si impegna a sviluppare le iniziative in atto con il Ministero competente e le FF.SS. affinché contestualmente vengano realizzate le opere di rettifica del tracciato. Inoltre si sosterrà l’obiettivo del collegamento dello città di Nuoro con le FF.SS.
In materia di credito dovrà operarsi uno stretto coordinamento tra la politica delle aziende bancarie e creditizie e lo sviluppo economico e produttivo dell’Isola, affermando una penetrante funzione di indirizzo da parte del potere regionale. A tal fine resta sempre necessario, e a ciò la Giunta si impegna, ottenere l’emanazione di norme di attuazione dell’articolo 4 lettera b) dello Statuto ed in prospettiva di nuove disposizioni statutarie, per far sì che 1’istituto autonomistico possa controllare ed orientare l’attività creditizia in Sardegna.
Gli obiettivi da perseguire sono essenzialmente questi:
– disponibilità di credito a tassi di interesse almeno uguali a quelli medi nazionali;
– particolari facilitazioni per gli artigiani, le piccole e medie imprese, ed i settori specificatamente indicati dalla programmazione regionale;
– riduzione della forbice tra depositi ed impieghi, ponendo
fine all’esportazione dei risparmi dei sardi;
– riforma delle Casse comunali di credito agrario, al fine
di garantirne un ruolo attivo ed autonomo, fortemente collegato con le economie locali.
È necessario peraltro sperimentare strumenti e servizi nuovi e più incisivi nella mobilitazione e nell’impiego del risparmio regionale.
Si tratta di attivare, anche con la diretta partecipazione della Regione, oltre che quei servizi comunemente definiti come para-bancari, vere e proprie attività di promozione finanziaria delle attività di impresa (ad esempio: merchant banks ) in modo da realizzare una moltiplicazione dei soggetti di sviluppo. In concreto occorre favorire il superamento della concezione tradizionale della pura intermediazione finanziaria per assicurare alle imprese sarde adeguati capitali di rischio, capacità imprenditoriali moderne, servizi finanziari efficienti.
Una prospettiva reale di ripresa produttiva necessita di una base energetica affidabile e adeguata. A tal fine occorrerà completare in tempi rapidi il Piano energetico regionale, già in corso di elaborazione per avere precise valutazioni sullo stato e sulle prospettive del fabbisogno energetico regionale. La Giunta ritiene opportuno proporre la costituzione di una Agenzia regionale che studi, proponga e coordini le politiche relative al settore dell’energia.
Linee portanti della politica regionale in tale settore restano il completamento degli impianti termoelettrici e l’utilizzo del carbone del Sulcis per la produzione di energia elettrica. L’utilizzo del carbone del Sulcis, nel quadro di una politica di sviluppo dell’apparato industriale isolano (chimico, tessile, metallurgico, alluminio, cartiera, impiantistica) è del tutto coerente con la politica di massima valorizzazione delle risorse locali che la Giunta intende perseguire. In quest’ambito vanno intensificate le iniziative volte a sperimentare processi e tecnologie di gassificazione del carbone nonché a sviluppare e a diffondere l’impiego delle energie alternative.
In merito al progetto Carbosulcis e per quanto riguarda la bauxite della Nurra la Giunta regionale si impegna a prendere le opportune iniziative per la costituzione delle società operative e dei relativi centri di ricerca, coinvolgendo le Università sarde.
Un obiettivo particolarmente rilevante ai fini dello sviluppo è rappresentato dall’inclusione della Sardegna nel piano nazionale di metanizzazione; a tal fine la Giunta solleciterà l’ENI perché, in concorso con la Regione, predisponga un progetto concreto di fattibilità. In attesa della metanizzazione particolari ed incisive misure dovranno essere adottate per garantire alla Sardegna condizioni di parità con le altre aree del Mezzogiorno investite dal programma di metanizzazione; la Sardegna dovrà beneficiare da parte dello Stato di misure straordinarie che, sul piano energetico, compensino l’ulteriore diseconomia costituita dalla sua mancata metanizzazione.
Strettamente connesso alla tematica dei nodi storici è il problema della collocazione della Sardegna nel flusso dei traffici commerciali. Se infatti l’insularità costituisce per tanti aspetti un condizionamento obiettivo allo sviluppo, la naturale collocazione al centro del Mediterraneo fa nel contempo della Sardegna un nodo potenziale degli scambi e un possibile punto di concentrazione degli investimenti.
In tale prospettiva la Giunta ritiene necessario definire un progetto di fattibilità concernente un regime di esenzioni fiscali e di franchigie doganali capace di attrarre interessi industriali finanziari e commerciali di livello europeo, mediterraneo e complessivamente internazionale.
Colleghi Consiglieri!
il riequilibrio territoriale è uno degli obiettivi ed insieme una delle condizioni dello sviluppo. La questione delle zone interne deve riproporsi come momento centrale di attenzione da parte della Regione e dello Stato. Occorrerà destinare adeguati strumenti finanziari, ordinari e straordinari, nei programmi di spesa regionali e nazionali per incentivare l’organico inserimento delle zone interne nei processi di crescita economica, culturale e sociale dell’intera Isola.
Nel contempo un impegno particolare dovrà essere rivolto a valorizzare il ruolo moderno di impulso allo sviluppo che ricoprono le maggiori aree urbane, riqualificando le città sarde e i comuni limitrofi, mediante il risanamento dei centri storici e la realizzazione di opere pubbliche che facilitino i trasporti, il traffico, la qualità della vita.
Particolare attenzione sarà dedicata all’edilizia, che dovrà essere sostenuta con misure straordinarie per quanto attiene soprattutto le aree urbane a più elevata tensione abitativa.
Tutela e valorizzazione dell’ambiente, uso del territorio e sviluppo economico sono strettamente connessi. L’ambiente va considerato una risorsa che, se correttamente gestita, concorre a promuovere lo sviluppo dell’occupazione, a creare un habitat a misura d’uomo, a esaltare i valori essenziali della cultura e dell’identità di un popolo, in questo quadro dovranno essere definiti lo schema di assetto territoriale, la legge urbanistica regionale, la legge quadro sulla tutela ambientale.
La Giunta regionale si impegna a fare della politica ambientale uno dei punti centrali della propria politica economica, con una concentrazione di risorse tecnico-scientifiche, umane e finanziarie tese al recupero delle aree degradate, al risanamento e alla protezione preventiva, anche mediante la creazione di parchi ed aree tutelate. Dentro questa visione rientra l’esigenza di adottare il criterio della preventiva valutazione dell’impatto, ambientale in presenza di elevati interventi di modifica del territorio.
Senza una difesa del territorio anche il turismo,che rappresenta una delle voci più consistenti della nostra economia, rischia di non avere futuro. Occorre, anche in questo comparto, una politica attiva di programmazione che recuperi, eventualmente aggiornandolo, il piano regionale di settore.
Una seria politica di sviluppo per la Sardegna ha necessità di un grande proggetto formativo che coinvolga la scuola e l’Università, che presupponga un diverso e migliore sistema di Formazione professionale ricondotto ai luoghi di lavoro; necessita dunque di un consapevole processo di educazione permanente.
Si tratta di considerare il sapere e l’educazione come strumenti di progresso e di avanzamento civile ma anche economico: di fare un grande investimento di intelligenze che producano innovazione e risveglio delle migliori energie della società sarda. A tal fine è presente nella società sarda, nelle sue scuole, nello sue Università, nei suoi centri di Ricerca e sperimentazione un vero e proprio “giacimento culturale” che attende di essere valorizzato e messo a frutto.
L’azione della Giunta sarà prioritariamente rivolta a sostenere lo sviluppo di una moderna coscienza culturale, favorendo la creazione di nuovi strumenti di formazione e comunicazione e il potenziamento di quelli esistenti, sia a livello locale, sia a livello regionale.
La Giunta si impegna a stabilire un rapporto più stabile ed organico col mondo della ricerca, in particolar modo universitaria, nell’intento di contribuire, attraverso il sostegno di specifici programmi, a rafforzare l’attenzione della comunità scientifica nei confronti dello sviluppo dell’Isola.
L’azione della Giunta avrà altresì, tra le sue fondamentali finalità, la difesa e la promozione dell’identità linguistica e culturale regionale, rispondendo adeguatamente ad una domanda politica diffusa e di grande respiro. La Giunta si impegna ad elaborare in proposito un piano di iniziative, utilizzando, le competenze già previste dallo Statuto e dalla legislazione dello Stato. Si impegna inoltre a sollecitare da parte del Parlamento l’esame della proposta di legge sul bilinguismo approvata dai Consiglio regionale.
Una adeguata verifica sarà infine compiuta dalla Giunta sulla situazione del settore sanitario e degli interventi socio-assistenziali. In particolare, occorrerà valutare attentamente i primi risultati dell’attuazione del Piano sanitario regionale recentemente approvato dal Consiglio, allo scopo di verificarne la reale coerenza con gli obiettivi prefissati e con i bisogni sanitari della regione.
Al fine di promuovere la maggiore efficienza nelle Unità sanitarie locali, si renderà necessario predisporre idonei interventi operativi che ne migliorino l’assetto organizzativo. Ma soprattutto occorrerà prendere in considerazione, nel quadro complessivo del riassetto del sistema autonomistico regionale e locale, l’opportunità di una riduzione del numero delle attuali unità sanitarie.
Resta ancora da definire, e la Giunta assume un preciso impegno a tale proposito, un organico progetto di riforma della materia socio-assistenziale, al fine di giungere alla formazione di un adeguato sistema di sicurezza sociale e di tutela dei soggetti disagiati. Occorrerà realizzare, in tale ambito, un preciso rapporto programmatorio, finanziario ed istituzionale tra servizio sanitario e servizio di sicurezza sociale.
Signor Presidente, Consiglieri!
Ho inteso tracciare sinteticamente le linee fondamentali del programma della Giunta regionale: esse costituiscono la filosofia politica ed insieme l’itinerario operativo cui l’azione della Giunta vuole ispirarsi. L’esposizione di tali linee programmatiche non ha voluto seguire un criterio di minuziosa e dettagliata elencazione di settori e di problemi: nell’impianto fondamentale del programma, tuttavia, ritengo possa rinvenirsi una convincente prospettiva per la soluzione delle diverse questioni, spesso rilevanti, sottoposte all’attenzione del Presidente nel corso delle sue consultazioni. Tutte le forze politiche e sociali che il Presidente ha incontrato, prima di stendere il programma non hanno mancato di esprimere riflessioni attente, critiche e proposte. Sono segnali cui la Giunta dedicherà la dovuta attenzione, riservandosi di elaborare successivamente documenti e programmi specifici, settore per settore, problema per problema, per sottoporli alla più ampia consultazione.
Propongo al Consiglio la nomina dei seguenti Assessori:
– Italo ORTU Assessore degli Affari Generali, Personale e Riforma della Regione
– Franco MANNONI Assessore della Programmazione, Bilancio ed Assetto del Territorio
– Luigi COGODI Assessore degli Enti Locali, Finanze ed Urbanistica
– Giorgio CARTA Assessore della Difesa dell’Ambiente
– Gesuino MULEDDA Assessore dell’Agricoltura, e Riforma Agro Pastorale
– Emidio CASULA Assessore del Turismo Artigianato e Commercio
– Roberto BINAGHI Assessore dei Lavori Pubblici
– Gabriele SATTA Assessore dell’Industria
– Carlo SANNA Assessore del Lavoro Formazione Professionale Cooperazione e Sicurezza Sociale
– Fausto FADDA Assessore della Pubblica Istruzione, Beni Culturali Informazione Sport e Spettacolo
– Antonio Maria PES Assessore della Sanità
– Italo FERRARI Assessore dei Trasporti