Presentazione del libro Fuga dal Confino (L’evasione da Lipari di Lussu, Nitti e Rosselli – 27 luglio 1929) di Savatore Pirastu
Nuoro, 11 Maggio 2000 Biblioteca “Sebastiano Satta”
Nel presentare il libro dedicato da Salvatore Pirastu alla fuga da Lipari dei confinati politici Emilio Lussu, Carlo Rosselli e Fausto Nitti – tre personalità di rilievo nella storia della democrazia italiana ed europea – osservo come l’opera sia caratterizzata da una sintesi narrativa stringata ed essenziale, in apparente contrasto con la fervida militanza socialista dell’autore, notoriamente affascinato dalla figura di Emilio Lussu.L’interesse che in crescendo emotivo avvince il lettore e lo coinvolge in trepida partecipazione agli avvenimenti descritti, matura nel succedersi di scenari, azioni ed eventi che costituiscono tessuto storico, e, ad un tempo, ricchezza di valori umani trasfigurati, direi smaterializzati da tensione morale, orizzonti ideali, fermezza e determinazione eroica dei protagonisti sullo sfondo di violenze e dignità contrapposti in una continuità che diventa atmosfera, stato d’animo, inconscio legame fra lettore e scrittore nel susseguirsi sofferto di speranze, studio e progetti volti al trionfo del bene sul male della libertà sulla sopraffazione di stato.
Ciò che infatti distingue la comune evasione carceraria della sfida vittoriosa degli uomini di Lipari sta nel fatto che questi ultimi, beffando la prigionia fascista, hanno scritto una pagine di storia.
Onestà intellettuale permea e caratterizza il lavoro di Pirastu che si svolge asciutto, puntuale, oserei dire calendarizzato suscitando ed avvincendo il lettore nell’emozione partecipata a vicende che s’impongono alla sua attenzione per l’evidente contrasto fra la nobiltà etica ed intellettuale dei protagonisti e la rozza violenza organizzata degli aguzzini, nello sfondo cupo della tirannia; questa non riesce però a spegnere i bagliori di un’umanità che comprende il complesso ambiente di personaggi maggiori e minori affascinanti ora per protagonismo ed ora per umiltà semplice e spontanea, nel generoso donarsi in mutua, silente solidarietà.
La seconda osservazione, nel seguire il tormentoso evolversi degli eventi, scaturisce dal giudizio comparativo fra i protagonisti e la moltitudine dei confinati di ieri con la classe dirigente di oggi.
I primi sono consegnati alla storia in virtù di statura politica, cultura ed etica; pensatori fervidi e creativi, animati da entusiasmo e determinazione, coerenti e fedeli ad una militanza che resiste alla violenza come alla lusinga mentre, oggi, salvo individuali eccezioni, si resta impigliati in un ginepraio di personaggi senza passato né futuro politico che affollano il Parlamento dello Stato; anonimi parlamentari, sconosciuti ai più, si scambiano ruoli, valori e idealità in perfetta armonia col mutare di interessi e vantaggi di momento, secondo logiche lessicalmente definite “corruzione”, praticata con tale disinvolta frequenza da essere diventata costume. Oltre duecento deputati dell’attuale Parlamento hanno cambiato gruppo politico, alcuni più volte, rispetto al partito nelle cui liste sono stati eletti.
Va sottolineata l’umiltà con la quale Salvatore Pirastu si accosta ad eventi storici che, pur consonanti con il suo mondo spirituale, resiste all’enfasi trionfalistica estranea al suo stile.
Sin dal primo capitolo, in poche pagine, ci fa assistere, citando date ed avvenimenti, al rapido mutare del quadro politico italiano: dal convulso clima degli ultimi bagliori della democrazia giolittiana, alla dittatura fascista.
Inizia infatti con la fondazione dei primi Fasci di Combattimento del 23 marzo 1919, cui segue – dopo la marcia su Roma – la costituzione del primo governo Mussolini dell’ottobre 1922 e, nel dicembre dello stesso anno, la costituzione di una milizia armata del partito fascista che, rafforzandone, con l’intimidazione, il potere costituzionale, già prefigura un preciso disegno di occupazione permanente dello Stato, insofferente di critiche ed ancor più dell’opposizione organizzata.
Segue – nella rapida sintesi di Pirastu – notizia della legge elettorale Acerbo del giugno 1923 e le torbide elezioni dell’aprile 1924, contestate – per vistosi brogli elettorali e grevi minacce all’opposizione – dal celebre discorso pronunziato in Parlamento da Giacomo Matteotti consapevole di esporsi alla violenta reazione delle squadracce fasciste.
Infatti, appena qualche mese dopo, in pieno centro urbano a Roma, fu massacrato ed ucciso da un manipolo di facinorosi subito individuato in un noto gruppo di fascisti.
Con il distacco dello storico Salvatore Pirastu denunzia l’incapacità delle opposizioni di dare voce ed azione unitaria all’onda di sdegno diffusamente suscitata dal crimine in tutta Italia; evidenzia, altresì, il cinismo con il quale Mussolini, cogliendo il confuso marasma che paralizzava l’opposizione, con il discorso del 3 gennaio 1925, (sostenuto dalla monarchia) la sfida apertamente in Parlamento, rivendicando a sé la responsabilità dell’eccidio; con tale discorso, di pesante rilevanza costituzionale, Mussolini assume l’iniziativa politica sia in nome del partito e, fatto non trascurabile per gli equilibri interni non del tutto definiti -all’interno di questo.
Il susseguirsi, nel 1926, di alcuni attentati alla sua persona, (nessuno dei quali determina vero pericolo), offre al Governo l’opportunità di sciogliere e dichiarare fuori legge il Partito Socialista Unitario, il Partito Comunista e decaduti i deputati aventiniani; siamo così alla dittatura! Lo scioglimento di tutti i partiti e del Parlamento sarà poi pura formalità.
In questo clima, sollecitati dalle direttive del segretario nazionale, i fascisti di tutta Italia scatenano una violenta caccia agli esponenti antifascisti dando così luogo a Cagliari all’arresto di Lussu, costretto a difendersi dal concreto pericolo di morte minacciosamente urlato dai fascisti radunati nella piazza sotto casa sua e concretamente tentato da certo Porrà; questi, arrampicatosi sul balcone di casa Lussu, tentava di sfondarne la porta-finestra con un grosso tronco e raggiungere così Lussu ed ucciderlo.
Dato l’imminente pericolo non altrimenti evitabile Lussu sparò su Porrà uccidendolo. La reazione fu giudicata dai magistrati pienamente legittima e Lussu assolto dall’imputazione di omicidio con formula ampia.
Lo scenario, a questo punto, cambia per aprirsi sull’isola di Lipari dove un Lussu trentasettenne – pur incolpevole – venne condannato a trascorrervi cinque anni di confino.
La suggestione che suscita nel lettore l’ambiente umano e territoriale dell’isola, senza particolari riferimenti ai protagonisti, trova genesi e crescente interesse nella descrizione di strade, dirupi, strapiombi e tessuti urbani variamente dislocati a seconda delle attività che vi si svolgono; infatti dei 10.000 abitanti, solo 5.000 abitavano il centro originario, mentre gli altri erano dispersi fra una cava di pietra pomice, il porticciolo e la vetta di una montagnola, cinta da un lato da antiche mura medioevali e strapiombante dall’altro nel mare aperto delle Eolie.
In questa panoramica i riferimenti ai protagonisti sono limitati ad alcune informazioni essenziali riguardanti obblighi, orari e dati di vita quotidiana, lasciando alla fantasia del lettore il vederli aggirarsi in solitudine nei brevi spazi di questo piccolo mondo, ove neanche l’ossessiva vigilanza delle diverse polizie può impedire loro la sconfinata libertà interiore di raggiungere i lidi degli umani affetti ed i traguardi illuminati dall’ideologia.
Pirastu con lievità e compiutezza narrativa presenta una galleria di personaggi emergenti e minori, che nelle loro diversità individuali costituiscono un affresco vivo di umanità peculiare ed irripetibile, costretta nella prigionia ad una convivenza che si consuma in comportamenti fisicamente obbligati, pur nella molteplicità di caratteri, cultura, ideali e funzioni, immersi nell’atmosfera greve di una sorveglianza che non può però impedire a ciascuno di restare se stesso: testimone militante di valori mai rinnegati cui sentimento e pensiero danno forza di futuro.
Brevi cenni sono dedicati alla conoscenza più diretta e particolare dei protagonisti.
Estroverso, cordiale, discorsivo e generosamente ospitale Carlo Rosselli; schivo e solitario Emilio Lussu, minato da grave forma di pleurite; si concede brevi passeggiate seguendo percorsi ed orari sempre uguali, finalizzati per altro a trarre in inganno la polizia in caso di fuga cui pensa sin dal giorno stesso del suo sbarco a Lipari.
Estroverso, affettivamente partecipe, sensibile alla battuta gioiosa, inflessibile e coerente nel rispetto dei valori ideali, Fausto Nitti, è in sostanza l’unico a rompere la solitudine di Emilio Lussu, andandolo a trovare giornalmente e quindi trasferendosi nella sua casa e intrattenendosi con lui in conversazioni e progetti evidentemente graditi al suo interlocutore.
Ferruccio Parri, da taluno descritto come solitario e scorbutico tanto da non salutare neppure i presenti quando si reca in biblioteca, suscita invece la simpatia di Antonio Dore che ne parla in termini affettivi per la sua disponibilità umana, oltre che per il curioso attivismo nel zappettare un terreno antistante la sua casa in cerca di cocci di interesse archeologico.
Invitato a partecipare alla fuga, la favorisce, ma non vi partecipa pensando di essere personalmente più utile, una volta libero, alla lotta antifascista in Patria.
Dal libro di Salvatore Pirastu emergono altre figure che solo per ragioni di ruolo chiamerò minori ma che pure hanno avuto grande rilevanza nello svolgersi dei fatti narrati.
Fra queste mi limito a ricordarne due: la famiglia Chierici che ospitò ed assistette con affetto premuroso Emilio Lussu, aiutandolo a guarire dalla grave forma di pleurite (che ne rendeva precaria la stessa esistenza) e Dolci, che fu, sin dall’inizio, partecipe del progetto di fuga; rimesso però in libertà prima che questa potesse realizzarsi, assunse iniziative determinanti nell’organizzazione dei mezzi e nella effettuazione concreta del progetto andato poi a buon fine.
Continuò quindi idealmente a vivere vicino ai suoi amici sino a che non li vide restituiti a quella libertà che avevano sognato di conquistare insieme.
L’importanza che assumono nella storiografia dell’antifascismo europeo, ed, in particolare, della democrazia italiana i fatti narrati nel libro di Salvatore Pirastu, vanno ben oltre la fuga, (lo stesso Lussu infatti nel rifiutare di parlarne si limitava a dire: “la fuga è una fuga e basta”) imponendosi soprattutto per il significato e le conseguenze politiche che suscitarono nell’opinione pubblica internazionale; infatti, da un lato evidenziarono come il fascismo potesse essere sfidato e clamorosamente mortificato nonostante l’imponente apparato poliziesco predisposto a rendere ciò inosabile e, dall’altro, denunziato al mondo la brutale violenza vendicativa della dittatura che allo smacco reagì mandando al confino per cinque anni il fratello di Carlo Rosselli e impedendo alla moglie inglese di questi di lasciare l’Italia, disponendone addirittura quello che oggi potremmo definire “arresto domiciliare”.
La reazione internazionale fu clamorosa ed efficace; i giornali inglesi quali Manchester Guardian, Daily New, Daily Chronicle, Evening Standard e Daily Herald; in Francia l’edizione parigina di Chicago Tribune, Volontà, Louvre, Repubblique ed in Germania la Vossische Zeitung, costrinsero Mussolini a mentire sulla verità delle sue reazioni ed, infine – incalzato dall’opinione pubblica europea – ad arrendersi restituendo piena libertà di movimento alla moglie di Carlo Rosselli.
Ma come giustamente osserva nella sua bella prefazione Manlio Brigaglia, da quell’atto di ardimento, è fiorito il più moderno fra i movimenti politici del nostro tempo, presente ancora oggi nella coscienza democratica di tutti i popoli travagliati dall’esigenza di conciliare i principi cardine di ogni convivenza civile, fondati sulla giustizia sociale e libertà politica; “Giustizia e Libertà” l’hanno definita gli uomini di Lipari rifiutando con eguale fermezza la dittatura del proletariato come i diversi fascismi che avevano trasformato larga parte d’Europa in un vasto ed oppressivo carcere per tanti milioni di cittadini.
Né accettarono, con la forza creativa dell’intelligenza storica di cui erano dotati, quei regimi che pur rispettando sul piano formale le libertà individuali dei cittadini li costringevano, e ancor oggi li costringono, alla greve sudditanza di un capitalismo senza regole non meno oppressivo e spoliatore delle vecchie dittature.
Avevano intuito che interi popoli possono essere espropriati di ogni libertà sostanziale senza ricorrere all’impiego delle gendarmerie essendo sufficiente l’immensa potenza dei sistemi finanziari organizzati e presenti in ogni angolo del più sperduto paese attraverso sportelli bancari, giganteschi monopoli del sistema produttivo e distributivo dei beni essenziali all’ordinario processo di sviluppo di interi continenti.
Oggi che il problema è esploso con drammaticità globale avrebbero avuto l’alleanza attiva e fervida di Giovanni Paolo II che ha preso decisa posizione a favore dei deboli nell’immane scontro che su questi temi si va definendo tra i gruppi di potere internazionali e la coscienza libertaria dell’opinione pubblica mondiale.
Per cogliere nel loro nobile significato le intuizioni che gli uomini di Lipari proclamavano negli anni trenta (non è retorico, definirli apostoli di una nuova umanità) basti pensare che il mondo è stato coinvolto e precipitato nell’immane carneficina di un secondo conflitto mondiale cui sono seguiti gli anni difficili dell’equilibrio del terrore, della guerra fredda ed un divampare continuo di focolai di guerra, causa di dolore e morte fra i milioni di uomini cui neppure il crollo del muro di Berlino ha posto la parola fine.
Nondimeno alcuni principi cardine prefigurati nella loro intuizione storica sono oggi universalmente accettati in corso di realizzazione seppure fra molte difficoltà: l’unità europea fondata sulla partecipazione attiva dei popoli resi protagonisti dall’organizzazione regionalista degli Stati.
La storia ha spazzato dalla civiltà europea le dittature; le frontiere sono sempre meno linee ideali e fisiche di separazione e sempre più luogo d’incontro ed integrazione di culture, economie e solidarietà.
Questo messaggio di pace e progresso nella libertà, Mussolini, quasi un secolo fa, credeva d’impedirlo imprigionandone gli assertori.
Ma le idee non temono le sbarre del carcere. Conservano e diffondono nel tempo la forza della verità ed lievito della speranza.
Il libro di Salvatore Pirastu ha il grande merito di avercelo riproposto con tutta la sua vibrante attualità.