Convegno su “Situazione della donna e del suo ruolo nella realtà socio-economica sarda” – anni 1984-’89

Un uomo, a parlare di donne, si sente sempre un po’ fuori posto, per quel tanto di sconosciuto che avvolge il pianeta donna, per un fatto di tradizione e di separatezza culturale, o al contrario, perché non si è mai posto il problema di una specificità dell’argomento.
Ma nella veste di Presidente della Regione, per quelle responsabilità che ne derivano, di provvedere al miglioramento della qualità della vita dei cittadini (pur all’interno di tutta una serie di vincoli e di difficoltà generali, tra cui per es. la crisi economica…) e tra i cittadini, in particolare quelli che soffrono situazioni di maggior emarginazione di più rapida espulsione dal mondo del lavoro, di più difficile inserimento nei processi produttivi e di crescita civile e quindi, tra questi, delle donne, è più facile anche ad un uomo porsi all’interno e dalla parte della “persona” donna.
E in Sardegna sicuramente più che in ogni altra parte nel Sud, ma anche al di là delle realtà meridionali, la donna ha, e ha avuto ance in passato, una dignità di “persona” altrove sconosciuta. Nei nostri paesi, anche e forse soprattutto nelle realtà dell’interno, è una figura sociale di grosso rilievo non solo nella famiglia, ma nella comunità.
Certo il tipo di sviluppo che si è prodotto in Sardegna in questi anni ha talvolta scardinato la rete antica di tradizionale rispetto e spesso sono affiorati anche episodi di violenza contro le donne prima pressoché sconosciuti, forse latenti o forse proprio prodotti da quel tipo distorto, e interrotto, di sviluppo che ha portato disgregazioni culturali non risarcite.
E comunque non c’è dubbio che l’attuale congiuntura, al di là di leggi, per quanto ottime, sulla parità tra uomo e donna porta di fatto a ridurre, prima e drammaticamente, la presenza femminile nel lavoro sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo. Non è un caso ed è spia di un impegno non sufficiente, anche pubblico sul piano del reclutamento, della pianificazione del mercato del lavoro, della formazione e qualificazione dei quadri che, quella che è stata definita “l’altra metà del cielo” (la citazione è di Mao Tse Tung), anche laddove è presente, e in misura superiore alla “metà”, soprattutto negli Enti Pubblici e nella stessa Regione, quasi mai attinga ai vertici o a livelli medio-alti delle Organizzazioni.
In questo senso emerge tutta la carica problematica che contiene, ad esempio, il dibattito sul salario alle casalinghe. È retaggio di una fase recente in cui il disagio delle donne aveva dato vita a movimenti forse oggi conclusi o diversamente incanalati, ma induce certamente tutti a riflessioni sulle varie figure sociali che sono contenute nella figura della casalinga e che, diversamente esplicate, avrebbero un loro alto costo in professioni e servizi sociali a cui oggi la famiglia supplisce, ma nello stesso tempo evidenzia i rischi che una possibile “professione casalinga” riconosciuta indurrebbe alla cristallizzazione di ruoli (oggi anche sul piano interpersonale tra uomo e donna in movimento e con maggiore fluidità reciproca) e di ulteriore accelerazione al processo di espulsione delle donne dal mercato del lavoro, con la conseguente maggiore emarginazione sociale. (Credo che il CIF sia favorevole al salario alla casalinghe).
È senz’altro un tema che è la punta di un iceberg rispetto ad una problematica estremamente complessa e differenziata alla quale riteniamo di dover porre il massimo dell’interesse, il massimo del rispetto e il massimo dell’impegno che ne derivi conseguentemente all’Ente Pubblico.
È un piccolo passo, ma sul piano del lavoro la legge regionale 28 sull’occupazione femminile in riconoscimento di un maggior disagio che l’universo femminile incontra nell’esplicare e accrescere le sue capacità e competenze. Certo, come dicevo prima non è la legge che può produrre il necessario cambiamento e risolvere problemi strutturali e no, stratificati da sempre, ma occorre da parte di tutti l’attenzione e l’impegno che, nella mia veste, sono qui a testimoniare