Signor Presidente, Onorevoli Senatori,
prima di esporre, sia pure in forma necessariamente sintetica, i progetti di programma predisposti dall’ENI per i settori minero-metallurgico e meccano-tessile ex EGAM, vorrei ricordare il quadro legislativo in cui questi programmi si sono inseriti, e che ne ha evidentemente costituito il presupposto fondamentale.
La legge di soppressione dell’EGAM prescriveva all’ENI, entro il termine di tre mesi (i cinque mesi del decreto originale si sono infatti ridotti a tre a causa dei tempi di conversione del decreto stesso), di provvedere:
1 – alla individuazione delle società o degli stabilimenti suscettibili di gestione economicamente equilibrata;
2 – alla individuazione delle società o degli stabilimenti risanabili, anche mediante riconversione, ed alla predisposizione del relativo piano di risanamento, tenuto anche conto del loro interesse strategico ai fini della economia nazionale;
3 – alla individuazione delle società o degli stabilimenti per i quali è conveniente, attese le finalità proprie del sistema a partecipazione statale, promuovere la cessione a primati o ad altro ente di gestione;
4 – alla individuazione delle società o degli stabilimenti che, per qualsiasi motivo, non siano suscettibili di economica gestione ed alla predisposizione del relativo piano di liquidazione.
La ristrettezza dei tempi ha indubbiamente costituito un fattore oggettivo di condizionamento nella stesura dei programmi; si tratta del resto di una necessità alla quale non era possibile sottrarsi, date le situazioni gestionali estremamente difficili di alcune Aziende ex – EGAM, per le quali un intervento di risanamento o (…)
Agli altri impegni, l’ENI – come risulta dai progetti di programma che esporrò tra breve – ha fatto fronte secondo i criteri tecnici indicati dal la legge: svolgendo pertanto un compito nel quale i margini di discrezionalità lasciati all’Ente risultavano circoscritti entro limiti ben precisi.
La legge prescriveva inoltre all’ENI di inquadrare i singoli provvedimenti proposti entro organici programmi di settore: ciò che è risultato obiettivamente più difficile, sia perché le Aziende ex-EGAM non sono raggruppate in settori omogenei (nelle attività minerario-metallurgiche, ad esempio, sono incluse attività che comprendono cokerie, metallurgia, abrasivi, ecc.), sia perché in alcuni casi esse rappresentano quote non molto elevate, o comunque non determinanti, dei rispettivi settori di appartenenza (ad esempio, le Aziende del settore meccano-tessile ex-EGAM risultano produttrici di macchine per filatura, e non per tessitura con l’eccezione della produzione di macchine circolari, che a loro volta costituiscono un raggruppamento particolare nel settore della tessitura).
Nonostante queste difficoltà, e la sostanziale eterogeneità delle attività delle Aziende ex-EGAM rispetto a quelle istituzionali dell’ENI, i progetti di programmi di ristrutturazione predisposti secondo la L. 267/77 indicano una serie di azioni da svolgere, in particolare nel settore minero-metallurgico, che costituiscono, se non un preciso programma di settore, una definizione delle premesse di ordine istitusionale in mancanza delle quali qualunque programma risulterebbe inattuabile. Queste premesse coincidono largamente, sempre per quel che riguarda il settore minerario e metallurgico, con le indicazioni della relazione generale Mineraria predisposta dal Ministero dell’Industria, l’attuazione della quale costituisce dunque un elemento che – esterno alle decisioni dell’ENI – presenta un’importanza decisiva nella determinazione e nella precisazione di eventuali programmi di settore.
Ritengo infine necessarie due ulteriori considerazioni: la prima riguardante i livelli occupazionali; la seconda relativa invece ai fabbisogni finanziari indicati nei progetti di programma.
Per quanto riguarda l’occupazione, è evidente che – in ogni caso in cui ciò sia possibile – occorrerà provvedere, a fronte di chiusure di miniere o impianti industriali, alla realizzazione di iniziative sostitutive.
Queste sono state identificate soltanto in parte nei progetti di programmi presentati; la definizione di altre iniziative richiederà evidentemente tempi tecnici adeguati, per evitare impegni specifici che potrebbe poi risultare impossibile o antieconomico mantenere.
Resta comunque aperto il problema della gestione di queste iniziative sostitutive, che solo in parte potranno rientrare nelle competenze istituzionali dell’ENI. È compito del Governo e del Parlamento dare una indicazione su questo problema; si ritiene doveroso precisare che, se già il settore meccano-tessile e quello minerò-metallurgico sono estranei ai fini istituzionali dell’Ente, e saranno certamente dispersivi sotto tutti gli aspetti, appare ancor meno possibile impegnare l’ENI in un numero imprecisabile di attività estranee a quelle stabilite dalla legge istitutiva.
I fabbisogni finanziari a fronte delle perdite previste nel triennio 1978/80, delle necessarie ricapitalizzazioni e della quota parte di investimenti di ristrutturazione, potenziamento o riconversione sono calcolati nell’ipotesi che le Aziende ex-EGAM dei settori minero-metallurgico e meccano-tessile giungano al 1. 1.78 con capitali sociali ai minimi di legge, dopo aver fatto fronte alle perdite pregresse. In questo senso è stato inteso il significato della legge, che fa obbligo all’Ente di definire programmi intesi a riportare all’equilibrio le aziende ex-EGAM nell’arco del triennio.
Se queste ipotesi di base non dovesse verificarsi ne risulterebbero necessariamente mutati i fabbisogni indicati.
Credo sia inoltre necessario – prima di passare alla descrizione dei progetti di programmi predisposti – chiarirne ancora una volta la natura: si tratta infatti di progetti, che devono essere sottoposti all’esame di tutti gli organismi indicati dalla legge 267 (in particolare regioni, CNEL e CIPE), oltreché, evidentemente, del Parlamento. L’ENI ha dato, con l’apporto di personale ex ‘EGAM e delle proprie competenze, il suo contributo tecnico alla predisposizione di questi progetti; le scelte politiche che porteranno alla loro realizzazione, ad eventuali modifiche o a mutamenti di indirizzo, e – in ultima analisi – al passaggio di progetti di programma a programmi veri e propri, e quindi impegnativi, resta no ovviamente di esclusiva competenza del Governo e del Parlamento.
Settore Minerario e Metallurgico
Premessa
La proposta di programma elaborata dall’ENI per il settore minerario e metallurgico si è necessariamente collocata in un quadro aziendale delle attività ex EGAM gravemente deteriorato, nella quasi totalità dei casi, sia sul piano tecnologico che su quello finanziario e gestionale ed inoltre, caratterizzato dalla carenza di una adeguata attività di ricerca mineraria per il reintegro delle riserve.
Conseguentemente, nella definizione del programma di interventi si è perseguito come criterio base l’obiettivo minimo del riequilibrio gestionale delle singole unità produttive nell’arco di un triennio, formulando altresì concrete ipotesi di sviluppo relativamente alla ricerca mineraria e, più in generale, ad una politica di approvvigionamento all’estero. Infine si è tenuto conto, nella definizione della strategia complessiva del settore delle iniziative sostitutive per la rioccupazione della manodopera eccedente, nonché delle attività non mantenibili all’interno delle finalità istituzionali delle PP.SS e da ricondurre quindi nell’ambito della sfera privata.
Ricerca mineraria e approvvigionamenti
Un aspetto fondamentale della politica mineraria è costituito dalla definizione di una strategia della ricerca mineraria del Paese, diretta a reintegrare le scorte di minerali estratti e a individuare nuovi giacimenti, anche se la consapevolezza della insufficienza strutturale delle risorse minerarie nazionali a coprire una quota rilevante dei consumi interni di metalli non ferrosi consiglia l’adozione di idonee politiche di presenza e approvvigionamento nei Paesi detentori di materie prime.
In Italia, in ogni caso, l’assoluta carenza di una razionale attività di ricerca è stato uno dei fattori che hanno storicamente contribuito al graduale depauperamento delle risorse minerarie ed al progressivo aumento della dipendenza delle importazioni, anche per minerali di cui il paese era produttore tradizionale.
L’obiettivo di approvvigionamento minerario proposto, inteso ad assicurare il rifornimento dei minerali più importanti richiesti dall’industria, dovrebbe svilupparsi secondo due direttrici: .
1 – in Italia, attraverso un programma di ricerca mineraria volto ad individuare nuove risorse, articolato in:
– ricerche minerarie di base, finalizzate alla indicazione di aree di interesse per la individuazione di nuovi giacimenti. Nel breve-medio termine si propone un piano quinquennale di ricerca che sviluppi alcuni temi di importanza prioritaria, preceduto da un periodo di 12-18 mesi per l’organizzazione delle forze operative, la programmazione dei lavori e la messa a punto delle metodologie. La spesa prevista complessivamente (quinquennio più fase preparatoria) è prevista in 25 miliardi da finanziare mediante un apposito provvedimento legislativo;
– ricerche minerarie operative, intese ad esplorare sistematicamente le aree di interesse indicate dalla ricerca di base per pervenire alla scoperta di nuovi giacimenti, ad ampliare le riserve dei giacimenti in coltivazione, a verificare la possibilità di ripresa della produzione di miniere abbandonate ma non esaurite, nonché la possibilità di ricostituire le riserve di minerali in giacimenti prossimi ad esaurirsi. Il programma predisposto in questo ultimo settore riguardante i giacimenti in concessione alle società ex EGAM si svolge, per la quasi totalità, nell’arco di un triennio, con una spesa di circa 30 miliardi.
2 – All’estero, attraverso un programma inteso ad aumentare la sicurezza ed economicità degli approvvigionamenti mediante la diversificazione delle fonti e delle formule di intervento, programma che dovrà essere articolato in strategie differenziate.
In particolare:
– breve e medio termine: oltre che con la stipulazione di contratti di fornitura di lunga durata, sarà necessario procedere all’acquisizione di partecipazioni in attività minerarie già produttive con garanzia di disponibilità di una quota di produzione;
– nel medio e lungo termine: una congrua parte dell’approvvigionamento potrà anche essere assicurata da risultati di attività di esplorazione mineraria da avviare per tempo in paesi geologicamente e politicamente idonei; queste attività potranno essere sviluppate anche in associazione con terzi, per una riduzione del rischio.
Per dare attuazione a questa strategia, i cui indirizzi del resto sono già contenuti nella Relazione Generale Mineraria del Ministero dell’Industria, si rivela indispensabile l’adozione di idonei strumenti legislativi anche per porre l’operatore nazionale in condizioni di non eccessivo svantaggio rispetto alla concorrenza internazionale.
Articolazione della proposta di programma
L’analisi e le proposte relative alle singole unità produttive dei diversi comparti del settore sono state formulate nel quadro di programmi riguardanti i seguenti raggruppamenti settoriali:
a. Piombo- Zinco-Rame -Antimonio
b. Piriti e Acido Solforico
c. Fluoriti
d. Bario
e. Mercurio
f. Abrasivi
g. Coke-Vetro
h. Carbone Sulcis
i. Marmi e Travertino
k. Attività Varie ed Immobiliari
In particolare si sottolinea che le proposte di chiusura di alcune unità produttive (stabilimenti o miniere) e le proposte di sospensione degli esercizi minerari con passaggio ad un regime di mantenimento e/o di ricerca, scaturiscono dal dimostrato convincimento della non raggiungibile economicità delle rispettive gestioni, secondo quanto previsto dalla legge.
Comparto Piombo, Zinco, Rame, Antimonio
Questo comparto riveste, nell’ambito della struttura minerò-metallurgica non ferrosi ex EGAM, il peso prevalente, sia in termini di occupati sia in termini di valore della produzione.
Si tratta anche del comparto che registra le maggiori perdite. Nel settore minerario appare necessario limitare la gestione ad un circo scritto numero di unità produttive, caratterizzate dal rapporto costi-ricavi meno sfavorevole nell’attuale situazione dei prezzi internazionali e potenzialmente in equilibrio in fase di quotazioni più elevate. Ciò in vista di assicurare comunque una certa quota di rifornimento alla metallurgia. Risulta in ogni caso evidente che la produzione interna di concentrati di zinco e di piombo, non può coprire, in condizioni di economicità, che una quota limitata dei fabbisogni nazionali.
Nel settore metallurgico, la situazione appare caratterizzata in alcuni casi dalla vetustà degli impianti ed in altri dal loro funzionamento a regimi inferiori a quelli previsti, per specifiche difficoltà tecniche. Comunque, la situazione attuale e quella in prospettiva dei mercati internazionali e dei costi di produzione in Italia non consentono la realizzazione di capacità produttive aggiuntive di zinco primario.
Del resto, la produzione interna di metallo copre al momento attuale i fabbisogni, ne sono prevedibili notevoli sviluppi della domanda in un prossimo futuro.
Sulla base delle valutazioni di ogni unità produttiva, tenuto conto degli obbettivi di gestione economica che si devono raggiungere quanto meno nel medio termine si è proposto di:
– proseguire l’esercizio come da programma nelle miniere di: Masua – Fenice Capanne – Funtana Raminosa;
chiudere le miniere di :
-San Benedetto – Rosas – Gorno – Monteneve – Montevecchio – Monteponi;
– ridurre l’attività nella miniera di Raibl;
– effettuare ricerche operative, nel quadro della nuova legislazione mineraria, con finanziamento pubblico, nelle miniere di: Monteponi (eduzione) – Montevecchio – Gorno – Monteneve – Raibl – Masua – Funtana Raminosa;
– chiudere la sezione elettrolisi dello stabilimento di Monteponi;
– ristrutturare gli stabilimenti di Ponte Nossa e Porto Marghera con i necsari interventi di adeguamento delle potenzialità produttive;
– ristrutturare lo stabilimento di San Gavino;
– chiudere lo stabilimento di Villasalto;
– proseguire l’attività dello stabilimento di Manciano.
– consentire il raggiungimento per l’impianto di Porto Vesme dei livelli produttivi di progetto;
Gli investimenti previsti per il comparto piombo-zincifero ammontano ad oltre 26_miliardi per le attività minerarie e a circa 64 miliardi per quelle metallurgiche. A queste somme debbono inoltre aggiungersi 20 miliardi per le attività sostitutive già previste in Sardegna.
Piriti e Acido Solforico
La potenzialità degli impianti già esistenti in Italia e inoltre, la possibilità di immissione sul mercato nazionale di quantitativi aggiuntivi di acido solforico proveniente da altri Paesi, sconsigliano di prevedere un incremento delle capacità produttive almeno fino al 1981, ponendosi peraltro, in prospettiva, il problema del permanere delle condizioni di economicità della Società che opera in questo settore.
In base alle specifiche valutazioni sulle singole unità produttive ed in considerazione degli obiettivi di gestione economica delle imprese, si è proposto di:
– portare a termine nel minor tempo possibile i lavori di accertamento del giacimento di Campiano, al fine di verificarne attentamente le caratteristiche qualitative prima di dare avvio all’attuazione di eventuali nuovi investimenti a valle dell’attività mineraria nello stabilimento di Scarlino;
– adeguare le tecnologie produttive della miniera di Niccioleta al fine di mantenere la validità economica dell’iniziativa;
– proseguire la coltivazione di Gavorrano sino al previsto esaurimento del giacimento.
– gli investimenti previsti per l’attività mineraria e per le nuove attività industriali sono valutati in 91 miliardi.
Fluoriti
A causa soprattutto della crisi mondiale dell’acciaio e dei controlli ambientali sulle emissioni di fluoro si è registrata una contrazione nei consumi che sconsiglia oggi il potenziamento degli impianti.
La capacità produttiva mondiale nel 1976 risulta infatti allineata alla domanda prevedibile nel 1980.
In base alle valutazioni delle singole unità produttive del comparto ed in considerazione degli obiettivi di gestione economica, si propone di:
– proseguire l’esercizio nelle miniere di Torgola, Prestavel , Vallarsa e nello stabilimento di Brescia;
– chiudere la miniera di Faglio Pignolino;
– sospendere l’attività produttiva della miniera di Presolana e completare i programmi di ricerca in corso. In caso di conferma dei primi risultati positivi si potrà procedere alla ristrutturazione della miniera;
– predisporre un programma di ricerca nelle altre miniere, per integrare le riserve attualmente in fase di esaurimento.
Gli investimenti relativi al suddetto programma ascendono a 2,5 miliardi.
Bario
L’attuale livello delle produzioni di barite a livello mondiale e l’ammontare delle riserve consentono per il futuro una ampia disponibilità di prodotto.
L’incremento delle produzioni, verificatosi negli anni 1975/1976, dovrebbe mantenersi anche nel medio termine.
La produzione italiana è passata da 166.000 t. nel 1973 alle 217.000 t. nel 1976.
Sulla base delle valutazioni delle singole unità produttive si propone di:
– portare a termine la ristrutturazione della miniera di Mastricarro;
– portare a termine le ricerche e la ristrutturazione della miniera di Schilpario;
– aggiornare tecnologicamente lo stabilimento di Calolziocorte per la produzione di sali ampliando la gamma dei prodotti.
Gli investimenti relativi al programma sopra indicato ammontano a 3,3 miliardi.
Mercurio
I consumi e conseguentemente il livello dei prezzi di questo metallo hanno subito a livello mondiale una drastica riduzione a seguito delle gravi preoccupazioni determinate dalla tossicità degli effluenti degli impianti che impiegavano tale materiale.
Molte miniere in tutto il mondo sono state conseguentemente chiuse e anche quelle della Mercurifera Monte Amiata hanno dovuto sospendere l’attività.
Gli studi effettuati in previsione di una possibile ripresa del mercato hanno purtroppo confermato l’impossibilità del raggiungimento di una economicità di gestione anche a quotazioni del 100% superiori a quelle attuali.
Sulla base di queste considerazioni si propone pertanto di:
– chiudere le miniere di Bagni San Filippo e Bagnore;
– passare a ricerca e stand by le miniere di Abbadia, Morone e Monte Civitella con finanziamenti della pubblica amministrazione;
– proseguire l’attività ridotta dello stabilimento per il trattamento di fanghi ed eventuali minerali d’acquisto (con 120 addetti);
– avviare a realizzazione attività sostitutive per la manodopera eccedente.
Gli investimenti previsti per l’attuazione del programma sostitutivo ammontano a circa 72 miliardi.
Abrasivi
Il mercato degli abrasivi sintetici (corindone e carburo di silicio)potrebbe consentire il raggiungimento dell’equilibrio economico, sia pure attraverso importanti investimenti.
Sulla base delle analisi effettuate per le singole unità produttive, si propone di:
– rinnovare l’impianto di corindone rosso-bruno con l’aggiunta di altra produzione complementare nello stabilimento di Domodossola;
– completare gli investimenti in corso per il miglioramento dei rendimenti dei forni e la messa a punto della produzione di micrograne nello stabilimento di San Michele all’Adige;
– realizzare opere di miglioramento nello stabilimento di Scurelle.
Gli investimenti previsti nel programma di risanamento e la razionalizzazione del comparto degli abrasivi sono pari a 12,2 miliardi.
Coke e Vetro
Il settore del coke è caratterizzato in Italia da una grave crisi dovuta da un lato ai forti aumenti nei costi della materia prima, in analogia all’andamento delle altre fonti energetiche, e dall’altro una tendenza alla stagnazione o alla flessione che si rileva in quasi tutti i maggiori settori di impiego (siderurgia, industria metallurgica e della fonderia, riscaldamento). Nella larga maggioranza dei casi le cause della flessione dei consumi non appaiono di carattere congiunturale, ma strutturale: gli impieghi unitari di coke per la siderurgia sono in costante declino, mentre l’utilizzo di coke per riscaldamento va riducendosi a ritmo molto elevato.
In Italia, il mercato di coke riferibile alle cokerie ex EGAM si e ridotto da 2,3 milioni di t. nel 1969 a 1,1 milioni nel 1976. L’aumento dei prezzi nel periodo (quasi quadruplicati in termini di dollari, praticamente quintuplicati in lire) tende a spostare sempre più il ruolo del coke da quello generico di “combustibile” a quello più qualificato di reagente chimico.
L’attuale capacità del settore coke ex EGAM, integralmente rappresentato da quattro cokerie indipendenti (non collegate cioè a impianti siderurgici, e prive di fonti di approvvigionamento proprio di carbone da coke in miniere all’estero), è di circa 2,5 milioni di t/a di coke tout venant. Al momento attuale non si vedono prospettive per il collocamento in condizioni di economicità di oltre un milione di t/a sul mercato interno, e di circa 500.000 t/a all’estero.
Si tratta comunque di un settore che richiede un piano globale che consideri unitamente le capacità attualmente integrate con la siderurgia e quelle delle cokerie ad essa esterne, le une e le altre completamente controllate dalla mano pubblica.
In ogni caso, esiste la necessità immediata di formulare un programma che preveda la eliminazione dal settore delle cokerie non integrate della capacità in eccesso per circa 1 milione di t/a. Questo dovrebbe realizzarsi mediante l’assorbimento di tale capacità eccedente da parte della siderurgia pubblica. In mancanza occorrerà procedere alla fermata della attività di almeno una delle quattro cokerie ex EGAM,e alla realizzazione di attività alternative per l’assorbimento della manodopera resa disponibile.
Sono previsti nel settore delle cokerie e del vetro investimenti di mantenimento per 30 miliardi e, nella eventualità di dover realizzare attività sostitutive, nuovi investimenti per ulteriori 50 miliardi.
Carbone Sulcis
Il ricorso al carbone, quale fonte alternativa di energia primaria, appare oggi inevitabile, come confermano gli sviluppi recenti della produzione carbonifera presso i maggiori Paesi produttori.
In tale nuova situazione di mercato potrebbe inserirsi il Sulcis, con particolare riferimento alle utenze locali situate nelle adiacenze della miniera.
L’evoluzione tecnologica verificatasi negli ultimi anni e l’aumento dei prezzi internazionali delle altre fonti energetiche primarie hanno portato
all’elaborazione del Progetto Carbosulcis, con gli obiettivi tecnici ed occupazionali di una produzione da 2 a 4 milioni di t/a. di grezzo ed una occupazione da 900 a 1.600 addetti. .
Nel 1976 stata costituita la Società Carbosulcis, con una partecipazione del 65% ex EGAM e della Regione Sarda per il restante 35%. Essa occupa alla data odierna circa 180 addetti.
A fronte dell’impegno di riattivazione del bacino carbonifero, lo Stato ha stanziato, con legge 8.2.1977 n. 18, per la quota ex EGAM, l’importo di 8 miliardi di lire; la Regione Sarda, a fronte della propria quota, 5 miliardi.
Si ritiene il progetto meritevole di attenzione, in primo luogo per il contributo che esso potrebbe dare all’occupazione nell’area, e secondariamente per il suo rilievo nel quadro generale dell’approvvigionamento energetico del paese.
Appare tuttavia evidente che le risorse finanziarie destinate a tale scopo dalla legge sono del tutto insufficienti; ne del resto le attuali conoscenze del giacimento e lo stato delle tecnologie permettono di impostarne lo sfruttamento ottimale in tempi brevissimi.
Si propone, pertanto, di utilizzare parte dei fondi concessi dallo Stato e dalla Regione Sarda per il completamento degli studi di fattibilità del progetto, al termine dei quali, nella eventualità di risultati positivi, potrà (…)
deve ritenersi condizionata all’acquisizione preventiva si una quota minima di mercato dell’ordine di 2 milioni di t/a (e in ogni caso non meno di 3/4 della produzione) da concordarsi con il produttore elettrico.
In relazione al programma di cui sopra si ritiene che gli investimenti possano essere stimati in 80 miliardi.
Marmi e Travertino
Il comparto presenta molte difficoltà per una conduzione nell’ambito di un Ente a partecipazione statale.
Al fine di ridurre le perdite di gestione in vista di una definitiva soluzione, sulla base delle valutazioni di ogni singola unità produttiva, si propone di:
– cedere a terzi lo stabilimento di Baveno (30 addetti);
– ristrutturare l’attività delle cave di Vagli e di Acquabianca;
– ristrutturare gli stabilimenti di Viareggio e di Avenza, concentrando l’attività in una delle due unità;
– aumentare la produttività di Monte Merano (travertino).
La necessità di ripristinare l’equilibrio gestionale di alcune unità richiede investimenti per 2,6 miliardi.
Investimenti sostitutivi potranno successivamente essere realizzati in relazione ad esigenze conseguenti e connesse al programma di ristrutturazione.
Attività varie
Sono qui comprese:
– Nuova Arredotecnica: Fabbrica mobili prevalentemente metallici con risultati molto negativi. È completamente avulsa dal settore e quindi se ne propone la cessione a terzi o la messa in liquidazione;
– Unità di Iglesias: produce manufatti cementizi e diversi per la miniera. Si propone la chiusura;
– Immobiliari: Samaveda, Mineraria Senna, Aidiru – Si propone la smobilizzazione del patrimonio immobiliare per giungere poi allo scioglimento delle singole società.
Perdite
Nel periodo 1978-1980 si prevedono, per le Aziende ex EGAM del comparto minero-metallurgico, perdite per un totale di 116,7 miliardi, per la maggior parte concentrate nel 1978 (89,6 miliardi, pari al 77% del totale), e in graduale riduzione negli anni successivi (25 miliardi nel 1979 e 2,1 miliardi nel 1980). Queste perdite dovranno essere integralmente coperte con mezzi conferiti dallo Stato.
Mezzi propri
I mezzi propri necessari alla ricapitalizzazione delle Aziende (nell’ipotesi che alla data dell’1.1.1978 i capitali sociali siano ai minimi di legge) ed alla realizzazione degli investimenti indicati in circa 530 miliardi (a fronte dei quali i mezzi propri sono valutati nella misura di un terzo) sono pari a 339 miliardi. Questa cifra comprende gli 80 miliardi indicati a fronte dell’iniziativa Carbosulcis che potrebbero essere stanziati con appositi provvedimenti legislativi.
Anche questi importi sono fortemente concentrati nel primo anno (180 miliardi pari al 53% del totale); è compreso nel totale anche un residuo di 26 miliardi che risulta necessario nel 1981.
Coperture per altri interventi
Come esposto nel programma, la sua realizzazione è in larga misura condizionata dalle disponibilità di interventi pubblici in conto capitale a fronte della ricerca di base e della ricerca operativa; analoghi interventi potranno rendere possibile il progetto di eduzione acque dalla miniera di Monteponi. I relativi stanziamenti, da disporre con provvedimenti legislativi nazionali e/o regionali risultano pari a 82 miliardi, di cui 25 per la ricerca di base, 31 per ricerche minerarie operative e 26 per eduzione acque a Monteponi.
L’importo di questa voce risulta pressoché equamente distribuito nel periodo 1978-1981, tenuto conto dei tempi tecnici delle attività elencate.
(…)zione del programma metallurgico delle Aziende ex EGAM risultano pari a 538 miliardi, dei quali la maggior parte (284 miliardi, pari al 53%) occorrenti nel 1978; quote via via inferiori (122 miliardi nel 1979, 83 nel 1980 e 49 nel 1931) si renderanno necessarie negli anni successivi.
Struttura organizzative
Sulla base di una serie di considerazioni relative alla funzionalità ed all’economicità delle gestioni, ed al coordinamento produttivo e commerciale, si ritiene che sia possibile una razionale gestione del programma previsto per il settore minerario-metallurgico concentrando le attività estrattive, metallurgiche e minero-chimiche ex EGAM nel numero più limitato possibile di gestioni operative, come società dipendenti da una capogruppo operante direttamente nel settore dell’estrazione, produzione e commercializzazione dei metalli non ferrosi e costituita dagli impianti e dalle miniere di piombo e zinco attualmente gestiti dall’Ammi e dall’Ammi Sarda, oltre che – limitatamente alla miniera di Fenice Capanne – dalla Solmine.
Dalla capogruppo dovrebbero dipendere:
– una società minero-chimica , alla quale, facciano capo le attività del settore piriti e fluoriti (Solmine e- Fluormine);
– una società coke, che potrebbe raggruppare gradualmente le cokerie attualmente facenti capo alla Cokitalia, alla Fornicoke ed alla Vetrocoke;
– una società per il bario;
– una società per gli abrasivi;
– una società dì ricerca (della quale farebbe parte la struttura di ricerca ex EGAM attualmente facente capo alla società RIKIM);
– una società che gestirà il progetto di riattivazione del bacino del Sulcis (Carbosulcis).
Nel realizzare questa struttura occorrerà tener conto della presenza di terzi azionisti in alcune delle società ex EGAM.
Le attività sostitutive per quanto riguarda la trasformazione
dell’alluminio potrebbero trovare, qualora necessario, una collocazione temporanea sotto il controllo della capogruppo, in attesa di decisioni definitive sul passaggio ad altri Enti di gestione. Per quanto riguarda l’attività commerciale in linea generale, si ritiene opportuno applicare il concetto di autonomia delle singole società, per meglio identificare i loro elementi di forza o di debolezza sul mercato.
Ciò evidentemente senza trascurare le necessarie esigenze di coordinamento tra i diversi settori, ma con una precisa attribuzione delle responsabilità di acquisto e vendita a ciascuna società operativa.
Programma per il settore Meccano-tessile EX EGAM
Sintesi e proposte
1. La situazione di mercato a livello nazionale e internazionale del settore meccano-tessile, a breve-medio termine, è caratterizzata da una domanda complessivamente debole e da una offerta che in termini di capacità produttiva risulta eccedente. È in corso un vasto processo di ridimensionamento delle imprese del settore, che ha comportato chiusure e diversificazioni anche di aziende leader; mantengono situazioni positive soltanto quelle imprese che hanno per tempo affrontato il problema del miglioramento tecnologico delle loro produzioni.
In Italia molte imprese del settore presentano una situazione di crisi, acuta in alcuni casi e latente in altri, per il superamento della quale appare indispensabile definire quanto prima un quadro di riferimento il più possibile ampio e approfondito.
Il suggerimento da più parti avanzato che si proceda, in collaborazione tra aziende pubbliche ed aziende private, ed elaborare un piano di settore che consenta di valutare concretamente le possibilità di un risanamento e di un rilancio della produzione meccano-tessile nazionale è ritenuto pertanto giustificato.
2. Le aziende del settore meccano-tessile ex EGAM, ad eccezione della Officine s.p.a., sono state colte dalla crisi del mercato in un momento in cui, ad un potenziamento delle linee produttive deciso per far fronte a rilevanti commesse per l’estero, che si riteneva fossero ripetibili nel futuro, non corrispondeva un parallelo sforzo di ricerca, anche per la difficoltà di reperire risorse sufficienti per perseguire contemporaneamente entrambi gli obiettivi.
Per il comparto di filatura cotoniera la situazione si è deteriorata in modo particolare a causa di controversie brevettuali tra la Nuova San Giorgio e la Investa che, anche se risolte sul piano legale, mettono tuttora in dubbio la possibilità per l’azienda di Genova di mantenere o conquistare una presenza di rilievo sul mercato.
Per il comparto di filatura laniera o di fibre a taglio laniero il tentativo di presentare sul mercato una linea completa non può essere considerato completamente riuscito per il persistente dislivello tecnologico di alcune macchine nei confronti della concorrenza.
Per quanto riguarda le macchine circolari per calzetteria, pur tenendo presente che l’EGAM ha rilevato le due aziende del settore, la Billi di Scandicci e la Moncenisio di Condove, soltanto nel 1974 ed in una situazione particolarmente critica del mercato di assorbimento, è da rilevare che le incertezze nella attuazione delle linee di ristrutturazione decise a suo tempo ed il ritardo con il quale è stato affrontato il problema di un adeguamento tecnologico della produzione, hanno aggravato la situazione fino a rendere indispensabili drastici provvedimenti di ridimensionamento.
3. Sul piano gestionale la situazione di gravissima crisi attraversata dalle aziende ex EGAM è dimostrata dalle perdite di bilancio del 1976 che ammontano a circa 38,9 miliardi di lire a fronte di ricavi.complessivi per circa 122 miliardi di lire.
Escludendo da tali importi i dati relativi alla Officine Savio S.p.a. si rileva che le perdite del settore sono state di 39.3 miliardi a fronte di ricavi complessivi per circa 79 miliardi.
4. Recentemente sono state fornite dalle varie aziende del settore le previsioni di conto economico relative agli anni 1977, 1978 e 1979. Tali valutazioni sono state elaborate dalle singole società senza tener conto di particolari ristrutturazioni aziendali (tranne lo scorporo dello stabilimento di Condove dalla Matec) e sulla base di previsioni di vendita discusse e concordate anche con la Cosimates.
I risultati che emergono dall’esame di tali elaborazioni appaiono ancora di estrema gravità; infatti le perdite di gestione nel triennio assommano a circa 46 miliardi a fronte di ricavi complessivi per 375 miliardi. Escludendo la Officine Savio S.p.a. le perdite passano a 51 miliardi circa a fronte di 192 miliardi di ricavi.
È stata inoltre rilevata per il settore filatura cotoniera e laniera una consistente sotto-utilizzazione delle capacità produttive e della manodopera che può essere stimata mediamente nel triennio pari a circa il 25-30%.
5. Sulla base di tali previsioni, e tenendo conto di prime valutazioni sulla validità tecnico-commerciale dei prodotti attuali e di quelli in corso di sviluppo, nonché delle attrezzature produttive delle aziende, si è ritenuto che le linee di intervento da perseguire per il loro risanamento possa no essere così sintetizzate:
a – reinserimento sul mercato nazionale ed internazionale attraverso una riqualificazione della produzione da perseguire sviluppando l’attività di ricerca e gli scambi di tecnologia con altri gruppi;
b – sviluppo delle attività promozionali e commerciali attraverso una maggiore responsabilizzazione delle aziende in tali attività;
c – razionalizzazione della produzione e riorganizzazione generale dell’intero settore ex Egam per aumentare l’efficienza produttiva, ridurre i costi di struttura e realizzare un migliore coordinamento gestionale.
6. Relativamente allo sviluppo della ricerca è opportuno concretizzare quanto prima possibile l’iniziativa Cerimates, considerando che attraverso tale struttura sarà possibile realizzare quella parte di ricerca di base che non risulta conveniente svolgere all’interno delle singole aziende, le quali invece potranno orientare la propria attività di ricerca allo sviluppo ed alla industrializzazione dei prototipi.
Il piano prevede inoltre di restituire l’autonomia commerciale alle singole aziende, inizialmente sul mercato nazionale e successivamente anche sui mercati esteri, lasciando, se si rivelasse opportuno, ad una funzione di coordinamento commerciale di settore il compito di operare nei paesi ad economia centralizzata.
In ogni caso, data la situazione attuale per quanto riguarda sia le aziende sia i mercati in cui esse operano, non va taciuto che il risanamento del settore meccano-tessile ex Egam si presenta molto difficile e non si potrà prescindere in alcuni casi da interventi di ristrutturazione o di riconversione produttiva.
7. Analizzando separatamente diversi settori, alla luce delle valutazioni di cui al punto 4, e del contesto produttivo e di mercato, emerge l’opportunità di dar corso alle seguenti azioni:
– per quanto riguarda le Officine Savio S.p.a. , la qualità dei prodotti, il positivo andamento gestionale e le prospettive di mercato fanno ritenere che non sia necessario proporre attualmente misure particolari di ristrutturazione;
– per quanto riguarda la Matec, qualora si giungesse a definire lo scorporo dello stabilimento di Condove dalla società, nello stabilimento di Scandicci verrebbe concentrata la produzione di macchine per calze per donna e per calzini da uomo; a tale scopo sarà dato immediato avvio ad un’attività di riqualificazione professionale, che interesserà una consistente quota della manodopera , e ad una ristrutturazione del macchinario e del ciclo produttivo dello stabilimento. Saranno intensificati gli sforzi per un miglioramento ed una semplificazione costruttiva delle macchine prodotte;
– nel settore della filatura cotoniera e laniera, dove operano la Cognetex, la Tematex e la Nuova San Giorgio, si verifica una pesante situazione di sottoutilizzazione della capacità produttiva e della manodopera, destinata a prolungarsi sia per la mancanza di nuovi prodotti da sviluppare a breve e medio termine, sia per l’elevata giacenza di prodotti finiti e semilavorati presso i magazzini. L’ipotesi di razionalizzazione produttiva prevede:
– concentrazione presso lo stabilimento Cognetex di Imola di tutte le produzioni e delle relative attività di ricerca e sviluppo facenti parte della linea di preparazione e filatura per lana e fibre a taglio laniero;
– concentrazione presso lo stabilimento della Nuova San Giorgio di Genova delle produzioni e delle relative attività di ricerca e sviluppo facenti parte della linea di preparazione e filatura cotoniera, in particolare del filatoio a rotore;
– riconversione degli stabilimenti della Tematex di Vergiate per destinarli alla produzione di componenti di macchinario tessile che già attualmente vengono prodotti all’esterno o dei quali risulti più economico centralizzare la produzione.
Con tale situazione si può prevedere la piena saturazione, ed al limite uno sviluppo a medio termine, della Cognetex mentre per la linea cotoniera, pur dovendosi prevedere risultati negativi di gestione per alcuni anni, non verrebbe abbandonato il progetto di sviluppo del filatoio a rotore che è da considerare il solo prodotto con favorevoli prospettive di mercato a medio-lungo termine.
Qualora non fosse possibile rendere operante la prevista operazione di scorporo dello stabilimento di Condove le lavorazioni di componenti pre viste a Vergiate verrebbero realizzate, con opportuni interventi di ristrutturazione, presso Condove stesso e si porrebbe il problema di realizzare iniziative sostitutive per occupare la manodopera di Vergiate.
8. I fabbisogni finanziari occorrenti per la ristrutturazione dell’insieme delle aziende meccano-tessili ex Egam, nell’ipotesi di scorporo dello stabilimento di Condove, sono stati valutati in 63 miliardi di lire.
Qualora invece si dovesse realizzare l’ipotesi di iniziative costitutive a Vergiate, il fabbisogno finanziario aumenterebbe in complesso di 20 miliardi di lire.
9. La riorganizzazione generale del settore potrà realizzarsi attraverso l’articolazione dei diversi produttori, raggruppati per comparti, inforno ad un’azienda caposettore che svolgerà le essenziali funzioni di indirizzo produttivo, promozione commerciale, programmazione degli investimenti e della ricerca e coordinamento gestionale.
Come società caposettore è stata individuata la Officine Savio S.p.a. di Pordenone in quanto trattasi della società più efficiente sul piano economico e con la migliore immagine sul mercato.
La Officine Savio S.p.a. dovrebbe incorporare la Tematex S.p.a. Per affinità produttive è prevista inoltre la fusione della Cogne Macchine Tessili – Cognetex S.p.a. di Imola e della Nuova San Giorgio S.p.a. di Genova Sestri; ne risulterebbe una società bidivisionale il cui pacchetto azionario dovrebbe essere trasferito alla caposettore Officine Savio-S.p.a.
Alla caposettore dovrebbe inoltre essere trasferito il pacchetto azionario della Macchine Tessili Circolari – Matec S.p.a. La stessa capo settore dovrebbe assumere la partecipazione nella Cerimates. In relazione poi all’intenzione di restituire alle singole aziende l’autonomia nel campo commerciale, la Cosimates verrebbe opportunamente ridimensionata.
Riflessi sull’Occupazione
Secondo il disposto legislativo, l’ENI ha indicato nella proposta di piano la previsione di spesa necessaria per ridare occupazione alla manodopera esuberante rispetto ai programmi di ristrutturazione ripianamento previsti per le attività ex EGAM.
Nel settore meccano tessile, il programma predisposto assicura il mantenimento dell’occupazione per tutta la forza lavoro interessata; pertanto gli occupati nel settore subiscono un decremento praticamente irrilevante. Si fa presente in proposito che la manodopera dello stabilimento di Condove, potrebbe trovare immediata occupazione con un investimento sostitutivo Texid già in fase di avviamento, era impegnata per i 2/3 in attività meccaniche estranee tuttavia al comparto meccano tessile.
Per quanto riguarda il settore minerario, la proposta chiusura delle miniere degli impianti di cui non è possibile ipotizzare una economicità di gestione, comporta una riduzione dell’occupazione per circa 4.300 addetti, di cui 900 nel bacino del Monte Amiata e 1800 in Sardegna.
Nel programma si è considerato il problema derivante da tali dismissioni in una organica visione di mantenimento della presenza pubblica nelle stesse attività minerarie e metallurgiche. Si può infatti rilevare che il programma ENI nel prevedere la chiusura delle miniere non economicamente coltivabili ha definito un piano di ricerca operativa nei medesimi bacini interessati alla cessazione degli esercizi minerari al fine di assicurare da un lato, prospettive di lavoro immediato per circa 700 unità e ponendo dall’altro le premesse per un concreto sviluppo occupazionale e produttivo se tali ricerche potranno conseguire risultati positivi.
L’ENI ha inoltre proposto di effettuare uno studio di fattibilità per lo sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis; il relativo progetto di coltivazione, se le risultanze e lo studio saranno positive, assicurerà la produzione di un quantitativo di carbone compreso fra 2 e 4 milioni di tonnellate annue con una occupazione valutabile tra le 900 e le 1.600 unità.
Sempre in Sardegna, la regione maggiormente interessata al problema del mantenimento dei livelli occupazionali viene assicurato il reimpiego di circa 800 unità per iniziative in fase di attivazione quali la COMSAL (Società operante nelle seconde lavorazioni di alluminio che già nei prossimi mesi immetterà sul mercato laminati, nastri e bande metalliche), la Scaini Sarda (Società per la produzione di accumulatori, i cui programmi di investimento sono molto avanzati) e la IGAL (Società per le seconde lavorazioni per l’alluminio i cui progetti di investimento sono in fase di definizione).
In complesso le iniziative sopra ricordate daranno lavoro a circa 3.000 persone di cui oltre 2.000 in Sardegna.
Anche per il limitato tempo a disposizione la proposta dell’ENI non è stata in grado di risolvere integralmente il problema del reintegro occupazionale nel bacino del Monte Amiata. Al riguardo sono state definite ad oggi iniziative quali la SILUMIN (Società per la produzione di leghe al silicio-alluminio) e la iniziativa per la produzione di tubi estrusi in alluminio per i quali progetti i relativi studi di fattibilità sono in fase di avanzato approfondimento e che si prevede potranno occupare circa 375 addetti.
Per le restanti 500 unità da rioccupare sono in corso di studio una serie di ipotesi di intervento.
In sintesi, ciò significa che la proposta di piano presentata dall’ENI pone le premesse per un reimpiego, parte immediato, e parte differito, di oltre la metà della globale forza lavoro dismessa.