Melis: Prendo la parola pur consapevole che su certi temi la mia posizione resti piuttosto isolata.
L’intervento avrebbe potuto essere più puntuale ed aderente all’impostazione ed evoluzione dell’iter legislativo nel disegno di legge sul bilancio dei trasporti ove disponessi delle necessarie basi di informazione che dal testo del disegno di legge non emergono. Il mio giudizio comunque si fonda sulle grandi linee dei documenti forniti dal Governo. È un giudizio di delusione.
Si va ripetendo da anni come il grande nodo della politica italiana sia costituito dal Mezzogiorno, dal suo economico e civile riequilibrarsi con il resto del Paese,in somma dal suo sviluppo. Intendo riferirmi nel parlare del Mezzogiorno, anche alle grandi Isole che dal punto di vista economico, si è soliti ricomprendere nella grande area meridionale.
In effetti però, il programma elaborato dal Governo per gli anni 75-79 (legge n. 377 del 1974) relativo all’ammodernamento e potenziamento della rete ferroviaria italiana, dotato di due mila miliardi, considera il Mezzogiorno in maniera del tutto marginale. Vi si approfondiscono gli studi per potenziare quelle linee, quei collegamenti ferroviari, che oggi sembrano esplodere per congestione.
La politica dello sviluppo ha di fatto privilegiato determinate aree territoriali per cui ivi è andata espandendosi l’occupazione, la produzione, l’urbanizzazione e, quindi, l’ulteriore domanda di trasporti (così come di altri servizi) che lo Stato e la comunità nazionale hanno dovuto fornire con il bel risultato di vedere centuplicarsi il divario esistente fra le regioni dell’emarginazione e quelle dello sviluppo.
Tale impostazione trova la sua puntuale conferma nella politica dei trasporti che va seguendo lo sviluppo e non determinandolo. Dovremo ribaltare questo concetto essendo vero il contrario; è la politica dei trasporti a determinare lo sviluppo, e non ad essere determinata da questo.
Ecco perché le scelte sono affidate ai politici; incombe a loro trasformarle in strumenti promozionali di crescita civile ed economica e non considerarle semplice strumento tecnico per fornire un servizio a chi è disposto a pagarlo.
Esso va visto in funzione sociale e politica. Trattasi di un servizio che collegando le diverse aree territoriali del Paese ne dovrebbe facilitare la reciproca integrazione determinando quell’unità nazionale che andiamo cercando e che non si realizza anche perché i trasporti non lo consentono.
Questi oggi costituiscono una vera e propria strozzatura che condiziona la stessa unità politica del Paese.
E noi Sardi paghiamo in modo pesantissimo questa discriminazione e la conseguente emarginazione: certo non è voluta, per far dispetto alle nostre popolazioni, non siam così banali né ci ha mai colto la Vertigine della xenofobia. Di fatto, però, in determinate condizioni queste situazioni si creano e se ne pagano le conseguenze.
Proprio qualche giorno fa un grande Partito di sinistra nel corso di un convegno dei suoi quadri dirigenti si interrogava sul significato che oggi può avere la politica della riconversione e ristrutturazione industriale; quali le cause della crisi che stiamo vivendo e quali le possibili soluzioni.
Ebbene, la risposta si incentra proprio nel riscatto del Mezzogiorno. Tutta la politica italiana deve riqualificarsi nel meridionalismo, nel ricuperare cioè le sue capacità potenziali che sino ad oggi sono rimaste frustrate e mortificate.
Ella, signor Ministro, conosce bene questi temi.
Quando però ci si riferisce al dibattito in corso fra la Regione della Lombardia e dell’Emilia, in ordine alla costruzione della IV linea ferroviaria fra Milano e Bologna (e, detto per inciso, Milano non vuole che questa sia affiancata alle 3 precedenti ma propone che segua un percorso diverso in modo da rompere l’isolamento di Cremona e Mantova), oppure si realizza il IV binario fra Roma e Firenze, indiscutibilmente si affrontano problemi seri e rilevanti che trovano anche il nostro apprezzamento. Ma vi è una scala di priorità, una esigenza di giustizia che si realizza nel territorio.
Com’è possibile, signor Ministro, che il Popolo Sardo sia considerato un disperso nel Mediterraneo e, come tale, anche per quanto attiene la politica dei trasporti, dimenticato da oltre un secolo? Un esempio: un secolo fa la capacità di trasporto ferroviario nell’Isola era di 500.000 tonnellate annue. Oggi siamo allo stesso punto. Con l’aggravante che allora i convogli procedevano con una certa velocità oraria mentre adesso procedono più lentamente. Non si riesce a capire, se non con l’abbandono, come in epoca di progresso tecnologico i tempi tecnici di collegamento anziché diminuire siano aumentati.
Può un popolo in tali condizioni progredire? È ipotizzabile lo sviluppo di una economia se ci vengono negati i polmoni per respirare, le gambe per camminare, gli strumenti ed i mezzi per operare in una moderna società?
Non vogliamo essere gli omerici rappresentanti di un mondo che si spegne. Siamo legati alle nostre tradizioni, alla nostra cultura, alla nostra civiltà pastorale. Non la rinneghiamo né vogliamo liberarci da questa; esigiamo però di metterci al passo con il progresso e con le civiltà che contestualmente alla nostra si vanno sviluppando e con le quali, senza confonderci intendiamo integrarci ricevendone quell’arricchimento culturale e civile che possono offrirci in cambio di quel tanto che noi possiamo dare agli altri.
Siamo ansiosi di inserirci nel moto di progresso che si proietta nel futuro non accettiamo di esserne esclusi, come di fatto sta avvenendo. Nei documenti del Governo si parla della V nave traghetto-ferroviaria da destinare ai collegamenti con la Sardegna.
Se ne parla, On. Ministro, ma a quanto risulta la nave non è neppure progettata.
Ma se anche lo fosse e la sua realizzazione, come sinceramente mi auguro, diventasse un fatto concreto, nuovi problemi si creerebbero nella movimentazione delle merci.
Opportunamente il sen. Gusso, parlando della politica dei porti, faceva rilevare come essa debba essere vista in funzione dei rispettivi hinterland, evidenziando la necessità di collegamenti viari e ferroviari adeguati ed efficienti. I normali servizi di linea sono assolti, per quanto attiene ai collegamenti marittimi con la Sardegna, dall’azienda delle Ferrovie Statali, e dalla Società Tirrenia.
Ebbene, solo il 25% delle merci in partenza e il 18% di quello in arrivo, rispettivamente da o per la Sardegna, defluisce attraverso queste due linee di trasporto. Il restante 75% ed 82% è affidato agli armatori liberi.
Siamo quindi alla loro mercè, ai loro costi, alle loro tariffe. Vi è è rilevare peraltro che unicamente il trasporto gestito dalla azienda dalle Ferrovie dello Stato, per quanto attiene alle tariffe, è ispirato a criteri di politica sociale. La Tirrenia invece pratica, nella sostanza, tariffe discriminatorie che ci rendono diversi dagli altri, cittadini dello Stato. Si ha come l’impressione che noi Sardi, quando dobbiamo collegarci con il Continente lo facciamo per turismo, quasi fossimo dei croceristi. Ma noi veniamo, perché dobbiamo lavorare. Siamo cittadini come tutti gli altri.
Chi vi parla milita in un partito regionalista che di tanto in tanto ha avuto ed ha momenti di tensione separatista. Io non lo sono, non lo è il mio partito, né per le sue origini, né per il suo Statuto. Noi vogliamo essere, sia pure in forme costituzionali particolari, italiani, ma vogliamo esserlo a diritto pieno.
Non accettiamo di entrare dalla porta di servizio, non dobbiamo, scolorirci la pelle per essere accettati nella comunità nazionale.E allora, perché per collegarci con l’Italia dobbiamo fare prevalente affidamento sull’armamento privato quale gli “espressi” che con le loro navi “Livorno” e “Olbia” partono e rientrano sempre a pieno carico?
Il, Ministro della Marina Mercantile, lamenta che le navi delta Tirrenia per la Sardegna, per quanto attiene il servizio merci, sarebbero sotto-utilizzate.’
Ed è logico che sia così.
Non sono costruite per rispondere alla domanda di trasporto che oggi emerge dalla nostra società. Le vetture vengono ancora afferrate con le gru e penzolano nel vuoto, e poi finiscono sul ponte all’aperto, essendoci nelle stive ben poco posto. Ed è così che la Tirrenia lamenta, nonostante le tariffe, un notevole passivo. Ciò però non avviene per i liberi amatori che gestiscono le motonavi del tipo “Espresso” o “Golfi” che non hanno mai un solo spazio vuoto. Per ogni automezzo trasportato vengono spese circa 16~17 mia lire a metro lineare. Un articolato che attraversa il mare viene così a costare 4 o 500 mila lire in luogo delle 30 mila lire che si spendono per un eguale tragitto in autostrada. Il mare diventa quindi per noi una fonte di grave diseconomia.
Vediamo ora altri aspetti dello stesso problema.
Ella sa, signor Ministro, come nel periodo estivo la Sardegna registri una intensa attività turistica. Il turismo è un’industria promozionale non solo in campo economico: avvicina i popoli, li stimola ad un maggior dialogo, ad una reciproca conoscenza.
È un’industria non inquinante, che non avvelena l’aria, né le acque dei fiumi, né il mare. Ha il pregio di arricchire, la nostra economia di valuta pregiata; è insomma una delle poche voci positive della nostra bilancia commerciale.
Ma il turismo sardo, che pure gode di grande prestigio internazionale, soffre per la mancanza di adeguati trasporti, soprattutto nel periodo estivo.
Noi, d’altro canto non abbiamo turismo invernale, non abbiamo Saint Moritz o il Sestriere.
Abbiamo il mare, la nostra cultura, i nostri paesaggi, le nostre solitudini, i grandi silenzi, i misteri della civiltà nuragica che sprofonda nella notte dei millenni.
La gente resta affascinata di queste cose. Si appaga delle bellezze che la Sardegna può offrire pur nella povertà economica dell’ambiente.
Ma venire in Sardegna è difficile. Quando vi si arriva il credente invoca Dio, o lo bestemmia perché non riesce a ripartirne, e se la prende con noi quasi fosse una nostra colpa se non riesce a rientrare nei tempi previsti.
A volte si è costretti a restare per giorni fermi sulle banchine dei porti e ci si raccomanda all’esponente politico, al parroco al notabile, migrando da questo a quello, per ottenere un posto in nave. Gli impegni, il lavoro, la famiglia sono le motivazioni che a un certo punto riemergono quasi ci si trovasse in un’isola dimenticata e sperduta e non in una località turistica.
Venire in Sardegna è una scelta. Non vi si arriva direttamente dal confine, da Tarvisio, da Modane, etc.. Si deve attraversare il mare e una volta attraversato è problematico il ritorno.
L’anno scorso il Ministro dei Trasporti aveva dirottato in Sardegna, negli infuocati giorni dell’agosto, una nave dalla Sicilia. Quest’anno, il Ministro che mi ascolta non ha ritenuto di doverlo fare.
RUFFINI Ministro dei Trasporti e dell’Aviazione Civile:
Io avevo dato l’autorizzazione con piacere, ma poi i tecnici hanno ritenuto che questo avrebbe alleviato parzialmente la situazione sarda ed avrebbe creato un caos peggiora di quello sardo in Sicilia. Quindi non ho ritenuto di concedere l’autorizzazione che in fondo, avevo già dato con un telegramma.
MELIS: Io non voglio mettere in dubbio le buone ragioni dei siciliani. Non è mio intento sollecitare contrasti. Credo però che il tragitto Sicilia-Reggio o Villa S. Giovanni comporti un tempo della durata di circa 10 o 15 minuti.
PITRONE: Per questi 15 minuti vi sono però tre ore di perdita di tempo… e questo poi lo chiariremo.
MELIS: Non è questo il punto. Guai a noi se dovessimo farci la guerra per avere gli uni le navi destinate agli altri. Vi è però comunque da registrare un fatto concreto quest’anno abbiamo regredito perché l’anno scorso quel traghetto era stato dirottato sulla linea sarda, sia pure per alcuni giorni di più intenso traffico.
Vorrei qui richiamare quanto, per mia sollecitazione, mi scrive il Presidente della Giunta Regionale Sarda in relazione alla realizzazione della IV linea ferroviaria sulla Roma-Firenze,Roma-Napoli,Bologna-Milano, mentre per a Sardegna il discorso si è limitato alla Cagliari-Decimo (10 Km in tutto).
Ho motivo di sospettare, peraltro, che questa spesa non sia destinata tanto al popolo sardo quanto a soddisfare le esigenze militari della NATO che in Decimo dispone di un importante campo di aviazione.
In Sardegna quindi disponiamo di una sola e ben limitata linea ferroviaria per i due sensi di marcia e neppure un metro di questa linea è stata elettrificata. Abbiamo in compenso diverse linee a scartamento ridotto che costituiscono una testimonianza manifesta, direi clamorosa, dell’arretratezza. La documentazione visiva dell’immobilismo.
Città importanti come Nuoro non hanno collegamenti ferroviari, porti importanti come Olbia privi di collegamento con la Sardegna interna.
Facendo un passo indietro vorrei sottolineare come la Sardegna è estremamente interessata a che la IV linea ferroviaria lombarda non si affianchi ai vecchi tracciati, ma si colleghi, se possibile, con Livorno per Sarzana-Fornovo.
RUFFINI: Questo è previsto nel piano.
MELIS: Siamo interessati perché ci consentirebbe di collegarci con il retroterra toscano ed attraverso questo potemmo arrivare più rapidamente ed economicamente ai centri della Lombardia e dall’Europa Centrale.
Non potendo parlare di autostrade fra la Sardegna ad il Continente debbo insistere per un miglioramento e intensificazione dei collegamenti aerei sia quelli gestiti dall’ATI che dall’Alisarda.
RUFFINI: Stiamo cercando nuovi spazi per garantire nuove linee all’Alisarda.
MELIS: Prendo atto con piacere di queste notizie; occorre però provvedere perché gli impianti aeroportuali sardi siano dotati di sistemi di assistenza al volo tecnologicamente aggiornati. Sussiste infatti il pericolo di andare a sbattere sull’aeroporto ove non giungano al pilota, che navighi con scarsa visibilità, le necessarie indicazioni circa la direzione della pista, la distanza di questa e i gradi di inclinazione per la discesa. Si debbono cioè dotare gli aeroporti di quelle strumentazioni che mi pare si chiamino “VOR” ed ancor meglio “ILS” (Instrument Landing System) che consentono al pilota di conoscere in qualsiasi momento a quale distanza ai trovi dalla pista e a quale angolo azimutale e zenitale dovrà osservare per un corretto atterraggio. Queste informazioni vengono date automaticamente al pilota per cui egli è in grado di atterrare anche con visibilità zero.
RUFFINI: Anche Palermo, Catania ed altri aeroporti si trovano nelle stesse condizioni.
MELIS: Non è che la cosa mi conforti molto. Comunque oggi l’aeroporto di Olbia non solo non dispone del ILS, ma neppure del VOR che pur non dando né distanza né angolo di discesa, consentono quantomeno di individuare la direzione della pista. I piloti chiedono almeno questo perché ignorando la corretta direzione si vaga fra le nubi in condizioni di estremo pericolo.
Signor Ministro, per andare e venire dalla Sardegna sono necessari o la nave o l’aereo, ci si metta in condizioni di farlo in temimi economici e senza inutile rischio della vita.
Un’ultima osservazione.
Si parla di aumenti di tariffe. Il Governo non deve nel modo più assoluto consentire che ciò avvenga sia nel settore marittimo che aereo. Ci si deve invece muovere in senso opposto onde conseguire l’appiattimento del divario esistente tra le tariffe marittime e quelle ferroviarie.
Per queste considerazioni dichiaro che non voterò a favore del bilancio dei trasporti e mi asterrò.