Discussione:
«Elezione dei rappresentanti dell’Italia all’assemblea dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità europea» (1340). Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: «Elezione dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo»:
Melis. Domando di parlare.
Presidente. Ne ha facoltà.
Melis. Signor Presidente, onorevole Ministro, colleghi senatori, l’emendamento 22.1 mira non tanto a correggere un meccanismo elettorale inidoneo a garantire la realtà regionale quanto a riaffermare una scelta democratica che esalti nei fatti il ruolo delle regioni nell’organizzazione politica della Comunità europea. Lo Stato italiano si articola e realizza nelle regioni; l’emendamento si propone, in coerenza con lo spirito che ha guidato i costituenti, di recuperare, attraverso l’istituto regionale, valori peculiari multiformi e diversi delle molteplici realtà regionali. Il meccanismo elettorale, così come proposto, li ignora, condannando le regioni meno popolose, che sono poi le più deboli sul piano economico e sociale, ad una emarginazione sempre più marcata anche sul piano europeo.
Si ripete così l’errore storico che è alla base dello squilibrio strutturale dello Stato italiano.
Con la. legge elettorale in discussione, si privilegiano le grandi regioni favorendole nei fatti a danno di quelle demograficamente più deboli e si accentua ulteriormente il già drammatico divario che oggi le divide e, per certo verso, le contrappone.
Che significa, ad esempio, istituire la circoscrizione Sicilia-Sardegna mettendo così insieme due regioni tra loro lontane, separate fra l’altro da centinaia di chilometri di mare, una delle quali è ricca di una popolazione di oltre 5 milioni di abitanti mentre l’altra, la Sardegna, ne conta appena 1.400.000?
In termini elettorali, se i miei dati sono esatti, i siciliani dispongono di non meno di 3.500.000 di voti, mentre gli elettori sardi non superano gli 800.000. Esiste quindi un rapporto di 1 a 4: ad un elettore sardo ne corrispondono quattro siciliani. In un astratto calcolo delle possibilità (e non sarei poi tanto ottimista da valutarlo in termini di astrattezza, apparendo il pericolo piuttosto reale) è possibile che la Sardegna venga, ai fini della rappresentanza parlamentare europea, letteralmente cancellata dalla carta dell’Europa.
Ma davvero si ritiene concretamente possibile che un candidato democristiano o socialdemocratico sardo si trasferisca in Sicilia per ivi ottenere i necessari suffragi che garantiscano alla Sardegna una rappresentanza europea, o che un siciliano venga in Sardegna? Ciò sarà forse possibile sul territorio metropolitano, fra regioni contermini, o comunque raggiungibili per contiguità territoriale.
Nelle due isole la battaglia elettorale si svolgerà in termini del tutto scollegati e, fatta eccezioni, credo, per il Partito comunista (la cui organizzazione consente concrete possibilità di contemperamento e armonizzazione delle rappresentanze regionali), di fatto, per le altre forze politiche queste elezioni si svolgeranno all’insegna di una vera e propria contrapposizione fra candidati ed elettori della stessa lista nelle due isole.
La conseguenza politica sarà quella che ho detto: le piccole regioni giungeranno all’Europa attraverso l’intermediazione delle grandi regioni oppure, come sosteneva il collega Venanzetti poc’anzi, vi giungeranno attraverso i partiti.
Ma, pur essendo profondamente convinto della funzione altamente democratica di questi, una tale tesi prefigura non già l’Europa dei popoli che nelle tradizioni, culture, economie delle rispettive regioni si ritrovano e trovano le rispettive identità, ma l’Europa dei partiti e quindi l’Europa degli Stati.
Consentite a me, rappresentante di un partito regionalista ed europeista, di esprimere la più profonda sfiducia e delusione. L’Europa, perché si realizzi il superamento delle anguste politiche nazionali, deve aprire le porte della storia ai popoli perché l’arricchiscano delle rispettive esperienze, delle tensioni ancor oggi inespresse, delle potenziali capacità creative imprigionate nel groviglio di interessi stratificatisi all’interno dei singoli Stati.
Con il nostro emendamento riteniamo di dare un sostanziale contributo alla costruzione di un’Europa più vera, più giusta, più civile.
Brugger. Domando di parlare.
Presidente. Ne ha facoltà.
Brugger. Signor Presidente, siamo in strettezza di tempo e perciò…
Presidente. Senatore Brugger, abbiamo tempo quanto lei vuole, entro i limiti del Regolamento. Lei tenga conto che il Senato ha lavorato tutta la giornata di ieri fino oltre mezzanotte, ha cominciato a lavorare stamattina alle 9 e non ha sospeso la seduta. Questo anche per dare una risposta a coloro che dicono che i parlamentari non lavorano. (Applausi)- Quindi noi siamo qui e siamo disponibili per ascoltarla entro i termini di Regolamento.
Brugger. Pur tuttavia credo che, anche se le parole valgono argento, il silenzio in certi casi potrebbe valere oro. Perciò mi riferisco soltanto ad una legge regionale, quella del 23 luglio 1973/ n. 9, che in sede regionale garantisce la rappresentanza della minoranza ladina in seno al Consiglio regionale e provinciale di Bolzano dove la maggioranza è di lingua tedesca.
Analogamente a quella disposizione in favore dei ladini in provincia di Bolzano, credo che potremo chiedere lo stesso privilegio per la minoranza di lingua tedesca in sede nazionale, soprattutto dopo quanto abbiamo sentito dal collega Fosson e dopo tutte le raccomandazioni pervenute sia dalla Giunta per gli affari europei che dal Parlamento europeo riguardo alla considerazione delle minoranze linguistiche.
Fosson. Domando di parlare. Presidente. Ne ha facoltà.
Fosson. Voglio solo dire, senza dilungarmi, che i 50 mila previsti dall’emendamento Brugger assolutamente non servono per la minoranza valdostana; anche i 30 mila che propongo creano molte difficoltà ma permettono di dare un’eventuale possibilità se c’è l’unione di tutte le forze. È per questo che ho presentato l’emendamento subordinato 22.2/1, visto che l’emendamento principale che avevo presentato non è passato.
Presidente. Senatore Melis, il testo del suo emendamento non risulta chiaro alla Presidenza. Quindi sarà opportuno apportare delle modifiche o chiarire meglio il senso delle frasi contenute nello emendamento stesso.
Prego quindi il relatore di sospendere per il momento il giudizio sull’emendamento 22.1, presentato dal senatore Melis, e di esprimere il parere sugli altri emendamenti presentati all’articolo 22.
Orlando, relatore. Per quanto riguarda gli emendamenti Fosson e Brugger, essi rientrano nel quadro dei collegamenti di lista. Come è noto, il collegamento, per effettuarsi, ha bisogno della reciprocità. Ritengo pertanto che condizioni di miglior reciprocità sussistano nel caso dell’emendamento Brugger: sono allora favorevole all’emendamento Brugger e contrario all’emendamento Fosson.
Presidente. Invito il Governo ad esprimere il parere.
Rognoni, ministro dell’interno. Il Governo si associa al parere del relatore.
Presidente. Senatore Melis, la invito allora a chiarire il senso del suo emendamento e le eventuali modifiche che intende apportarvi.
Melis. Il testo da me presentato risponde al mio pensiero. Mi rammarico se non sono riuscito ad esplicitarlo per la corretta interpretazione dei colleghi.
La proposta di emendamento mira a garantire l’elezione in ogni regione di almeno due rappresentanti, individuati rispettivamente in ciascuna delle due liste che, nelle singole circoscrizioni, abbiano riportato il maggior numero di voti.
Esemplificando: in ciascuna circoscrizione possono essere presentate dieci, dodici, quindici liste. Le due che abbiano riportato il maggior numero di voti esprimono i due rappresentanti che risultino aver ottenuto il più alto numero di preferenze, garantendo così quella rappresentanza minima, prevista dall’emendamento, per ciascuna regione.
Presidente. Mi scusi, senatore Melis: mi consenta una domanda perché la questione non è tanto semplice come mi pare che ella ritenga. Lei non può individuare il candidato solo per atto di nascita. Allora, come lo individua? Per residenza, per abitudini, per simpatia, per appartenenza politica? Molti di noi si sono trovati eletti in una regione nella quale non sono nati. E allora, come può individuarlo? Da una norma così rigida come ella propone nascerebbero difficoltà di applicazione.
Melis. Il significato della norma penso sia chiaro: è quello di garantire anche alle regioni meno popolose una rappresentanza adeguata al numero di elettori su cui quelle regioni possono contare. L’individuazione del candidato…
Presidente. Senatore Melis, non voglio fare una polemica con lei. Posso essere d’accordo sul suo principio, ma come Presidente ho il dovere di far votare delle norme che poi siano chiare ed applicabili. Come lei sa, i resoconti delle discussioni vengono esaminati e se ne tiene conto per la interpretazione delle norme; ecco perché le rivolgo queste domande. Come Presidente non sono assolutamente né favorevole ne contrario al suo emendamento: solo, al fine di precisare i modi di attuazione di una norma di questo genere, bisogna che ella ci aiuti, in maniera che domani la norma stessa, se approvata dall’Assemblea (questo lo deciderà l’Assemblea, non lo decide il Presidente), sia attuabile.
Melis. Dicevo, signor Presidente, che l’individuazione all’interno delle due liste che hanno riportato il maggior numero di voti avviene evidentemente in base al numero di preferenze che i candidati, all’interno di quelle liste, hanno riportato nelle singole regioni. (Interruzione del senatore La Valle). Sotto questo aspetto effettivamente la norma può presentarsi a un’interpretazione equivoca e ringrazio il Presidente per avermelo fatto rilevare. Se mi è consentito di apportare una correzione, mi sforzerò di farlo il più rapidamente possibile.
Presidente. Per consentirle di presentare la modifica, senatore Melis, accantoniamo l’articolo 22. Passiamo all’esame degli articoli successivi. Se ne dia lettura.