«Ricostruzione delle zone della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Regione Veneto colpite dal terremoto del 1976»
Presidente. È iscritto a parlare il senatore Melis. Ne ha facoltà.
Melis. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il complesso di norme organicamente articolato nel disegno di legge proposto dal Governo e sostanzialmente migliorato dall’altro ramo del Parlamento si pone al nostro esame non solo in termini di ricostruzione della vasta area del Friuli sconvolta dalla catastrofe sismica, ma in una prospettiva di rinascita volta a superare la condizione del sottosviluppo, di spopolamento e di arretratezza cui da sempre era stato condannato dal potere pubblico il popolo friulano. La comunità nazionale, nel prendere coscienza di questa realtà con l’atto legislativo che ci accingiamo — così mi auguro — ad approvare, più che rimarginare le ferite aperte dalla tragedia sismica, intende pagare un debito antico nei confronti di un popolo che tanto ha dato al paese nel corso della sua storia-così travagliata e difficile. Questo è il significato del voto favorevole della Sinistra indipendente e del Partito sardo d’ azione che mi onoro di rappresentare. Ritengo però doveroso premettere ad ogni altra considerazione il particolare apprezza-mento che diamo all’azione svolta dal Governo nei difficili momenti dell’emergenza, quando cioè si dovettero affrontare gli immani problemi connessi al trasferimento di decine di migliaia di persone dai comuni letteralmente annientati dal terremoto a quelli della costa, sottraendole alla precarietà delle tendopoli, ai rigori ed all’inclemenza di un inverno particolarmente rigido, all’incertezza di un futuro offuscato da minacce e pericoli di dimensione biblica.
Sembrava incombere una diaspora senza ritorno, un esodo senza speranze. Ebbene lo Stato, superate le ristrettezze iniziali connesse all’impreparazione a fronteggiare con la necessaria organizzazione e prontezza le conseguenze delle calamità naturali, ma altresì ad errori di valutazione in ordine alla dimensione dell’impegno (ricordiamo tutti là superficialità delle espressioni quali: «dalle tende alle case» o «facciamo da soli») nonché a meschini ed angusti calcoli di tipo speculativo e clientelare (taluno, e non a torto, ha parlato per l’occasione di rendita da catastrofe), ha saputo, con estrema energia e lucidità, sviluppare un’azione complessa ed articolata con interventi in virtù dei quali oggi oltre 40.000 friulani sono potuti ritornare nelle loro naturali sedi per intraprendere l’immane opera di ricostruzione e di rinascita. Di ciò va dato atto al Governo, al commissario straordinario onorevole Zamberletti per il suo dinamico prodigarsi nel coordinare la complessa attività dei molteplici enti operanti nell’ambito dell’emergenza, al generoso altruismo delle forze armate dello Stato e dei vigili del fuoco, ma soprattutto alle popolazioni friulane che nell’empito di solidarietà suscitato in tutto il paese e all’estero per la loro sventura e senza abbandonarsi a sterili quanto velleitarie recriminazioni e contestazioni, hanno saputo ritrovare in se stesse la forza morale e la volontà politica di ricostruire per dare alla loro terra una nuova prospettiva di sviluppo e di crescita civile oltre che economica.
Il disegno di legge sembra rispondere a queste aspettative. Non si tratta infatti di una pura e semplice legge finanziaria volta a ripristinare il preesistente, ma di un complesso di norme che per vastità e portata ha ben scarsi riscontri nella storia del nostro paese. Il dato più significativo deve, a nostro avviso, individuarsi nel qualificante binomio della ricostruzione e della rinascita, nel recuperare cioè l’inestimabile patrimonio di valori espressi nella sua contrastata vicenda storica dal popolo friulano e nella prospettiva di un processo di sviluppo che gli consenta non solo di superare l’arretratezza e l’emarginazione rispetto alle altre regioni italiane, ma di assolvere ad un nuovo ruolo di moderno e dinamico centro propulsore di incontri e di scambi economici e culturali tra l’Italia e i paesi del centro Europa, del vicino mondo orientale oltre che dell’area mediterranea. Si ribaltano quindi le concezioni de! passato: non più una munita fortezza militarmente organizzata diffidente ed ostile verso il mondo esterno, ma un punto di forza nel processo d’integrazione di popoli protesi a realizzare nella pace comunità sempre più vaste in un reciproco arricchimento di esperienze e di civiltà di sistemi politici diversi.
In questa direzione si muove e si qualifica l’impegno del paese nel destinare le rilevanti risorse finanziarie per il completamento dell’autostrada Udine-Tarvisio (190 miliardi) ed il raddoppio della linea ferroviaria Pontebbana. È doveroso però a questo punto rilevare come opere di così vasta portata non esauriscano la loro funzione nell’ambito della sola regione Friuli-Venezia Giulia, ma rappresentino un importante investimento per l’intera comunità nazionale. Riducendole distanze, i tempi e i costi del trasporto di persone e merci fra l’Italia e vaste regioni dell’Europa centrale e orientale si intensificano gli scambi commerciali, si incrementano i flussi turistici, si sviluppa insomma la economia nella sua globalità, e non soltanto quella dei territori attraversati. Tutto questo travalica il pur rilevante ambito della ricostruzione per proporsi in termini di rottura degli schemi preesistenti e quindi di rinascita, con effetti moltiplicatori delle attività produttive suscettibili di offrire a questa terra d’i emigranti nuove e più stabili possibilità di occupazione.
Non entrerò nella polemica, forse è meglio dire nell’appassionato responsabile dibattito relativo all’opportunità di destinare i 190 miliardi stanziati per il completamento della autostrada Udine-Tarvisio a finalità di riassetto idrogeologico dell’area investita dal disastro, così come ritengo argomento non attuale la discussione in ordine alla realizza-rione del traforo di Monte Croce Carnico. Certo, proprio per il rilievo che il completamento dell’autostrada Udine-Tarvisio assume nell’economia nazionale sarebbe stato più corretto e giusto reperire i fondi ricorrendo, attraverso TIRI, alle norme dell’ordinaria legislazione vigente, così come per quanto attiene al traforo di Monte Croce Carnico prima di ipotizzarne la realizzazione si imponeva l’acquisizione del preventivo consenso del Governo austriaco. Ma in fondo si tratta di problemi più apparenti che reali, posto che il costo dell’autostrada, pur mutando il titolo e la voce di bilancio, sarà pur sempre la comunità nazionale a doverlo sopportare, fermo restando l’obbligo dello Stato di affrontare con un organico programma nazionale il problema dell’assetto idrogeologico del territorio, mentre per quanto attiene al traforo di Monte Croce Carnico è impensabile si possa intraprenderne la realizzazione senza aver acquisito la certezza del suo completamento da parte austriaca.
Vasto, complesso e penetrante è l’intervento finanziario finalizzato alla ripresa economica sia nel settore agricolo che industriale, artigianale e commerciale. Positivo è altresì l’apprezzamento dei contributi disposti a favore delle parsone fisiche per la ricostruzione delle case distrutte o danneggiate. Ma l’aspetto più qualificante che mi sembra di intravedere nel disegno di legge è il suo spirito informatore che tende ad esaltare, più che il momento individuale, particolare, quello collettivo e sociale dell’intera comunità friulana.
Il terremoto — è inutile tacerlo — segna un momento di trapasso e quindi di rinnovamento della vita di questo popolo. ti compito e dovere imprescindibile dello Stato garantire gli strumenti ed ì mezzi perché, attingendo al patrimonio di tradizioni, cultura, forza morale che gli sono propri, questo popolo affronti in termini nuovi e moderni 1 problemi del nostro tempo.
Gli incentivi offerti alle aziende produttive in vista dell’espansione occupativa, della qualificazione e riqualificazione della manodopera, del reinserimento degli emigranti in una con le prospettive offerte dall’ampliarsi degli scambi con i paesi esterni, sono di certo suscettibili di garantire uno sviluppo globale nel quale le aspettative dei singoli possano trovare il loro appagamento armonizzandosi e fondendosi con quelle della collettività.
In questo spirito deve leggersi l’intero testo legislativo, concepito in termini di quadro di riferimento cui la regione e gli enti locali, comunità montane, consorzi e province dovranno dare i contenuti delle scelte operative. Si esalta il principio solennemente riconfermato appena ieri dalla Commissione interparlamentare che ha approvato le norme di attuazione della legge n. 382 dello Stato regionalista.
Le popolazioni friulane diventano così protagoniste ed artefici della propria rinascita, contribuendo con la loro capacità decisionale a consolidare nel nostro paese le istituzioni democratiche di base. Si supera così nel concreto il concetto di uno Stato piramidale, verticalizzato, che fa calare le sue decisioni con paternalistica benevolenza sui cittadini, per ridare dignità e significato al ruolo delle comunità locali, responsabilizzandole e coinvolgendole nel processo formativo delle scelte e del loro realizzarsi. Non sarà più un potere lontano e disattento, spesso indifferente quando non ostile, a decidere per loro e di loro.
Altro rilevante strumento di promozione culturale e civile è costituito dalla istituzione dell’università di Udine nella quale sarà possibile recuperare quelle capacità potenziali rimaste in gran parte inespresse offrendo alla popolazione la possibilità di darsi una classe intellettuale professionale di grande rilevanza nell’organizzazione della vita civile e nella sua crescita in campo economico e culturale. Il rilievo dato agli studi della lingua friulana rappresenta, oltreché un atto di giustizia verso quella popolazione, un ulteriore passo avanti nel realizzarsi del principio solennemente sancito dall’articolo 6 della nostra Costituzione, ma costantemente eluso dalla legislazione ordinaria del nostro Stato.
Onorevoli colleghi, nel riconfermare il voto favorevole del nostro Gruppo e del mio partito, voglio ricordare quanto ebbi a dire in occasione della discussione sulla conversione in legge del decreto predisposto dal Governo per fronteggiare le ore angosciose dell’emergenza. Occorre por mano ad una legge organica di attuazione che dia significato operativo alle norme sulla protezione civile. Non si può reinventare ogni volta strumenti e mezzi per fronteggiare eventi e calamità naturali di così vasta portata, senza cadere nell’improvvisazione, nella superficialità, nell’episodico e — mi si consenta — nelle discriminazioni che sono presenti alla nostra coscienza.
Certo, per il Friuli si è operato positivamente sollecitando la solidarietà nazionale ed ottenendone il pieno consenso. Non possiamo però dire altrettanto per altre popolazioni, pur duramente colpite da catastrofi naturali. Citerò un solo esempio: il Belice, testimonianza amara ed incivile di come il paese viva ed operi nella più sconcertante discontinuità, sotto l’urgenza ora di interessi, ora di emozioni, ora del combinarsi di contingenze diverse, quando non anche del coalizzarsi di interessi elettoralistici.
Quali amare considerazioni affiorano tra le popolazioni della Sicilia occidentale che vivono da 8 anni nello squallore dell’abbandono, simboleggiato dai baraccamenti nei quali si trascina una vita che sembrerebbe senza speranza! Considerazioni che nascono proprio in un confronto tra poveri ed infelici: il che non è giusto. Credo fermamente che l’insegnamento che ci viene da questa tragica pagina di storia del nostro paese sia quello di suscitare un nuovo empito dì solidarietà nel quale il progresso o la sventura non dividano le popolazioni, ma rinsaldino quella forza unitaria che è nei voti e nelle aspirazioni di tutti noi. (Applausi dalla sinistra ? dall’estrema-sinistra Congratulazioni).