Presidente. Esaurito lo svolgimento delle interrogazioni, passiamo ora allo svolgimento dell’interpellanza del senatore Melis e di altri senatori. Se ne da lettura.
Balbo, segretario:
Melis, Anderlini, Pinna, Giovannetti, Galante Garrone, Ferralasco. – Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri del bilancio e della programmazione economica, dell’industria, del commercio e dell’artigianato e delle partecipazioni statali. – Per sapere:
se siano a conoscenza del fatto che, nonostante le assicurazioni date dal Governo nella seduta del 3 maggio 1977, la situazione dell’azienda ANIC- «Montefibre», nel centro industriale di Ottana, registra un ulteriore peggioramento, a causa del licenziamento di circa 50 dei 53 operai addetti alla manutenzione degli impianti della «Chimica Tirso» e della «Fibra Tirso» e della minaccia di serrata nella «Metallurgica Tirso»;
se il Governo non ritenga che i gravissimi fatti sopra esposti indichino la volontà «dell’ANIC- «Montefibre» di provocare comunque il fermo degli impianti, inizialmente tentato dalla «Montefibre», facendo mancare la fornitura delle materie prime e gli apporti di capitale di gestione di sua spettanza;
quali interventi urgenti si ritenga di adottare per riportare alla normalità i processi produttivi e ridare serenità e sicurezza ai 2.700 operai impiegati nel centro industriale ed alle popolazioni della Sardegna centrale, ancor oggi impegnati a respingere un’ulteriore provocazione che minaccia di compromettere l’equilibrio economico e sociale della zona, con imprevedibili riflessi sull’ordine pubblico.
Melis. Domando di parlare.
Presidente. Ne ha facoltà.
Melis. Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, la nostra interpellanza si ricollega alle assicurazioni rese appena due settimane fa in quest’Aula dal Governo in risposta all’interrogazione sul confronto-scontro in atto tra la Montefibre e l’ANIC in relazione alla gestione delle aziende Chimica Tirso e Fibra Tirso di cui i due gruppi possiedono alla pari il pacchetto azionario. In particolare con l’interrogazione intendevamo sollecitare un deciso intervento del Governo teso a scongiurare il pericolo del fermo degli impianti produttivi delle due aziende, ad impedire il disimpegno della Montefibre dalla gestione delle stesse, a ricondurre l’intero comparto produttivo delle fibre all’interno di un quadro di riferimento governato negli indirizzi da una programmazione volta a realizzare, nel rispetto dei princìpi dell’imprenditorialità, i prevalenti interessi pubblici del paese e a realizzare infine nel concreto attraverso tali scelte quella politica meridionalistica che, affermata a parole, viene puntualmente elusa nei fatti.
A tali aspettative il Governo non mancò di dare una risposta genericamente tranquillante sottolineando la validità degli impianti sia sotto il profilo tecnologico che della produzione per addetto e assicurando il conseguente impegno del Governo per garantire la continuità produttiva e, in prospettiva, lo sviluppo. A tal fine la Cassa per il Mezzogiorno, con delibera del 28 aprile del 1977, disponeva l’erogazione di contributi a favore delle due aziende per circa 24 miliardi, da liquidarsi a stati di avanzamento. Ebbene, meno di 24 ore dopo queste assicurazioni date dal Governo al Parlamento, l’azienda che provvede alla manutenzione degli impianti produttivi licenziava 50 dei 53 addetti a tali lavori, mentre altra azienda collegata, la Metallurgica Tirso, rispondeva all’azione svolta dai sindacati per il rinnovo del contratto con una vera e propria serrata, bloccando così il lavoro di circa 600 operai.
È del tutto evidente la finalità di condizionare, infrenare e piegare la forza contrattuale della base operaia e della loro rappresentanza sindacale, impegnandola in un conflitto logorante nel quale l’elemento dominante diviene l’insicurezza sia a livello Individuale che a livello collettivo, per l’alternarsi di fatti ed atti contraddittori e comunque di prevalente segno contrario alle sia pur generiche assicurazioni del Governo e alle aspettative delle popolazioni.
Intendiamo dire con responsabile fermezza che il tentativo sarà, come fino ad oggi è stato, nettamente respinto. Questa linea anti-operaia e antisindacale si traduce in ultima analisi nello scoperto disegno di emarginare le popolazioni, costringendole a subire un ruolo subalterno, passivamente inerte, colonizzante, espropriandole del potere di concorrere con autonome capacità decisionali a determinare i processi di sviluppo di cui, più che destinatarie, intendono essere protagoniste. Certo, dopo la pubblica denunzia di questi fatti da parte dei sindacati e, in sede parlamentare, da parte dei nostri Gruppi, la Metallurgica Tirso ha ripreso i! lavoro e 25 dei 50 operai licenziati sono stati riassunti. Ma resta il fatto, estremamente grave, dei metodi pesantemente aggressivi e provocatori adottati dalle aziende per operare tali scelte. Non una trattativa dialetticamente aperta e democratica, ma gesti di forza, fatti compiuti che inducono, o meglio, tendono a costringere la controparte ad accettare condizioni peggiorative rispetto al preesistente; è quanto si sta tentando di fare in questi giorni, riassumendo la metà della forza lavoro addetta alle manutenzioni. I motivi che sono alla base delle preoccupazioni espresse dopo la risposta del Governo non sono quindi superati, ma aggravati da quanto sin qui ho detto.
A questo punto è essenziale che ci vengano date risposte meno evasive e che dalle buone intenzioni si passi ad atti operativi che riaffermino il primato delle scelte politiche sull’intreccio degli interessi concorrenziali scatenati dai Gruppi all’insegna di una competitività distorta, realizzata peraltro con le risorse finanziarie della collettività.
Ebbene da fonti diverse si è appreso che i 24 miliardi messi a disposizione dalla Cassa per il Mezzogiorno a titolo di contributi non sarebbero stati riscossi dalle due aziende. Qual è il motivo di questo ritardo? Se alla base del minacciato fermo degli impianti stava la crisi di liquidità finanziaria delle due aziende, la mancata riscossione deve pur avere una diversa motivazione che va ricercata, credo, nei rapporti fra i soci azionisti, nel duro confronto che ancora li contrappone e che, almeno da una parte, si traduce in una politica di logoramento che è consistita, prima, nel far mancare l’apparto finanziario privato e, poi, nell’impedire l’afflusso di quello pubblico.
Chiediamo al Governo di darci in proposito risposte chiare, inequivoche ma, soprattutto, di precisare quali interventi ritiene di dover fare per superare definitivamente questa crisi di gestione che, mantenendo fermo l’attuale assetto azionario, impegni i soci al pieno rispetto dei programmi di investimento, produzione ed occupazione ed assumendo le rispettive responsabilità di ordine tecnico e finanziario.
La seconda domanda cui chiamiamo il Governo a rispondere riguarda la mancata pubblicazione del bilancio 1976 delle aziende Chimica e Fibra del Tirso.
In mancanza di dati conoscitivi offerti dal bilancio, non è infatti serio proporre una programmazione attendibile che apra prospettive di ragionevole affidamento per l’avvenire.
Perché dunque il bilancio non è stato reso di pubblica ragione? O forse non è stato ancora approvato? Sarebbe molto grave e dimostrerebbe ancora più palesemente lo stato di scollamento esistente tra i soci azionisti.
E perché mai l’ENI, che pur dispone di una rilevante quota azionaria del gruppo Montedison, non esercita alcuna azione per salvaguardare la posizione dell’ANIC e con essa la vitalità delle aziende della Sardegna centrale di cui è socia al 50 per cento?
Domandiamo infine al Governo notizie più precise e circostanziate in ordine a quanto pubblicato dalla stampa, in ordine al raggiunto accordo Montedison-SIR. Si inserisce in quella prospettiva di autocoordinamento delle imprese produttrici auspicata dal Governo, o costituisce soltanto un momento di tregua nel duro confronto che le ha viste fino ad oggi contrapposte? Nella prima ipotesi, quale ruolo verrà ad assumere questo accordo nello sviluppo della politica dell’intero settore petrolchimico del nostro paese?
Non può infatti escludersi il pericolo che si profili il formarsi di un trust la cui forza condizionante sul potere pubblico assumerebbe un peso ancora più negativo di quanto non sia stato fino ad oggi. Ci troviamo di fronte ai due gruppi privati più potenti che gestiscono peraltro quasi esclusivamente, come poc’anzi sottolineavo, denaro pubblico. A questo punto si rende più che opportuno, indispensabile, dar vita all’ente di gestione delle partecipazioni pubbliche, presenti nel pacchetto azionario della Montedison onde consentire una più vigile e puntuale presenza del Governo e del Parlamento nella fase di programmazione degli investimenti e di verifica delle realizzazioni.
In questo quadro che si va così definendo chiediamo di ottenere dal Governo indicazioni chiare circa il ruolo che sarà chiamato a svolgere l’ENI attraverso i gruppi collegati e particolarmente l’ANIC. L’esigenza di coordinare e di rendere coerente ad una programmazione globale dell’intero settore la presenza dell’azienda di Stato in un campo che sembrerebbe avviarsi ad essere sempre più dominato dall’imprenditoria privata appare urgente ed essenziale.
Dal modo come saranno sciolti questi nodi dipende il superamento della crisi del settore, il suo organico inserimento nella programmazione dello sviluppo globale del paese e, per quanto riguarda la Sardegna, la conquista di una certezza sulla quale fondare la crescita civile e sociale delle sue popolazioni.
Presidente. Il Governo ha facoltà di rispondere all’interpellanza.
Scotti. sottosegretario di Stato per il bilancio e la programmazione economica.
Premesso che risponderò soltanto al contenuto dell’interpellanza così come essa è formulata, circa il licenziamento di 50 operai addetti alla manutenzione degli impianti della Chimica del Tirso e la minaccia di serrata della Metallurgica del Tirso, preciso quanto segue: da notizie assunte presso il Ministero dell’industria, presso l’ENI e confermate dalla prefettura di Nuoro, risulta che il licenziamento dei 50 dipendenti è stato effettuato dalla Società SOIMI-SACEM-Italiana Montaggi Industriali – Sarda Costruzioni e Montaggi, con sede in Cagliari, ditta appaltatrice prima dei lavori di realizzazione di alcuni impianti della Società Chimica e Fibre del Tirso (Tubificio) e della successiva manutenzione degli impianti stessi.
Tale ditta ha ritenuto, in piena autonomia, di non proseguire lavori già in corso e di non partecipare ad altri lavori che avrebbe potuto aggiudicarsi presso lo stabilimento medesimo; di conseguenza ha licenziato il personale dipendente.
Alla Società SOIMI-SACEM è subentrata un’altra ditta per l’appalto dei servizi di manutenzione degli impianti, che si è impegnata con i sindacati ad assumere la manodopera liberatasi.
L’episodio quindi è da riferirsi ad attività di ditte esterne allo stabilimento di Ottana e non ha alcun collegamento con i problemi gestionali di quest’ultimo, che sono invece da inquadrare nella situazione di crisi del settore fibre, per la cui soluzione sono in corso contatti a livello politico e sindacale.
In ordine al secondo punto dell’interpellanza medesima, risulta che la vertenza è sorta a seguito della richiesta sindacale di equiparazione dei livelli salariali della Metallurgica a quelli dell’altra società del gruppo Ferriera Orsenigo.
Le trattative si sono interrotte per il mancato accordo e le maestranze hanno bloccato per 2 giorni i rifornimenti. Di conseguenza la direzione della società ha minacciato la chiusura dello stabilimento. Si sono svolti successivamente incontri in sede ufficio del lavoro e quindi in prefettura, dove è stato raggiunto l’accordo ed automaticamente la normalità è tornata nell’azienda.
Per quanto concerne poi l’attività degli stabilimenti della Fibra e Chimica del Tirso, il Governo ha già risposto nella seduta del 3 maggio ultimo scorso.
Pertanto, in questa sede, mi limito a ribadire quanto precedentemente affermato: il Governo si è adoperato, e si adopera tuttora, intervenendo sulla Montedison e sull’ANIC per evitare ogni sospensione dell’attività produttiva degli stabilimenti di Ottana fino ad una soluzione complessiva del problema.
Presso il Ministero del bilancio e d’intesa col Ministero dell’industria e delle partecipazioni statali è in avanzato stadio di elaborazione un programma di settore con l’obiettivo di affrontare in modo organico la crisi delle fibre attraverso un coordinamento dei programmi di investimento dei diversi produttori pubblici e privati, a cui l’accordo SIR-Montedison, a cui ha fatto riferimento il senatore Melis, dovrebbe contribuire positivamente, facendo cessare elementi di conflittualità notevolmente negativi per lo sviluppo del settore. L’obiettivo del programma è quello di fronteggiare la crisi esplosa in questi ultimi anni a livello mondiale con un’adeguatezza di risposta più attendibile rispetto alle previsioni di mercato e alla necessità di mantenere e potenziare gli stabilimenti di Ottana.
Melis. Domando di parlare. Presidente. Ne ha facoltà.
Melis. Brevissimamente, signor Presidente, ringraziando il Sottosegretario per la cortese risposta e le notizie che ha voluto dare a noi interpellanti. Non posso però dichiararmi soddisfatto del contenuto di questa risposta per l’interpretazione che il rappresentante del Governo ha dato agli episodi da noi denunziati; un’interpretazione puramente accidentale: l’occasionale concorrere di circostanze che avrebbero determinato in un primo momento il licenziamento di 50 operai e poi il fermo, per trattative sindacali, di un’altra azienda forte di ben 600 operai; noi individuiamo in questi fatti una linea anti-sindacale, una linea anti-operaia, che si sta tentando da tempo e che è stata respinta non solo dalla pronta solidarietà delle popolazioni, ma dalla pronta azione dei sindacati e del consiglio di fabbrica di Ottana che unitariamente ha condotto questa battaglia.
Ma ciò che preoccupa a livello politico è la mancata risposta a quegli interrogativi che nascono dall’atteggiamento estremamente equivoco e della Montedison-Montefibre e dell’ANIC. Si era in crisi di liquidità finanziaria: com’è che non si riscuotono 24 miliardi messi a disposizione dalla Cassa attraverso l’urgente e pressante intervento del Governo? Evidentemente c’è qualcuno all’interno della società, uno dei due soci, che dopo aver fatto mancare l’afflusso finanziario di sua competenza, oggi fa mancare l’afflusso finanziario pubblico: cioè si continua in quell’opera di logoramento che abbiamo denunziato nelle precedenti interrogazioni e che abbiamo sottolineato nell’odierna interpellanza. Com’è che non si pubblica il bilancio? A questa domanda non si dà risposta; non c’è prospettiva senza bilancio, non c’è programmazione senza bilancio, non c’è conoscenza degli elementi sui quali fondare e la programmazione e la prospettiva. Queste sono le ragioni per le quali mi dichiaro sostanzialmente insoddisfatto, pur confidando nell’impegno del Governo a voler seguire in modo vigile, responsabile ed incisivo l’intera vicenda per il suo positivo concludersi.