Ricordo di Pietro Pintus

(2000)

Ne ho un ricordo vivo, direi emotivo. Parlo di Pietro Pintus, critico cinematografico ma, soprattutto, uomo di cultura. Lo vidi e ascoltai alla televisione per la prima volta nel corso di una sua conversazione critica di film che non avevo visto. Il fatto, invero piuttosto insolito, è che fui sin dalle prime battute coinvolto dai suoi eleganti quanto sobri ragionamenti, giudizi, evocazioni ed immagini che pur non viste diventavano, nel suo dire piano ma fluente, patrimonio culturale ed emotivo dell’ascoltatore.

Da quella sera ascoltai sempre la sua rubrica per l’interesse suscitato ogni volta da un raccontare nel quale fantasia critica e limpidezza espositiva avevano il dono di arricchire i miei orizzonti intellettuali proponendo diversi momenti creativi fra arti e artisti diversi. Dal cognome capii che era sardo, quanto meno d’origine e ne fui orgoglioso. Seppi poi che era nato a Sassari nel 1920.

Tempo dopo ebbi la fortuna di conoscerlo personalmente in occasione dell’inaugurazione, celebrata a La Maddalena, del Premio Solinas; premio istituito dalla Regione Sarda durante la mia Presidenza, su iniziativa dell’allora assessore alla Pubblica Istruzione Francesco Cocco, ed altri intellettuali della sinistra sarda fra i quali ricordo gli amici Giuseppe Podda e l’indimenticato Alberto Rodriguez.

Accolsi con entusiasmo la proposta di Cocco e la sostenni in Giunta che approvò all’unanimità, come per altro, il Consiglio Regionale presieduto da Emanuele Sanna.

Solinas era un Sardo che ha onorato la cultura della sua terra, quella italiana e mondiale, scrivendo la tessitura di films di alto valore artistico privilegiando di norma temi di natura sociale e politica nei quali il grande protagonista è l’uomo, con i suoi valori e le dure, difficili, spesso ingrate, ma sempre esaltanti, lotte per realizzarli.

Pintus fu relatore ufficiale dinanzi ad una folla costituita dall’aristocrazia culturale del cinema italiano: dai grandi registi ai più celebri attori, sceneggiatori ed ovviamente, critici cinematografici dei maggiori giornali e testate televisive.

Fu una giornata di significativo impegno per la Comunità sarda partecipe e protagonista del processo di sviluppo della cultura nazionale. Pintus diede vigore e prospettiva al nostro impegno.

Nei giorni scorsi si è spento a Roma. Restano a noi i suoi insegnamenti privi di saccenteria ma vibranti di una vitalità che va oltre il tempo. Di ciò gli sono grato e, nella mia modestia, così lo ricordo.

L’iniziativa del Premio Solinas ed il prestigio conferito dalla presenza di Pintus convinse alla partecipazione, come sottolineato più avanti, il mondo del cinema con il quale ho avuto così opportunità di scambiare pareri giudizi e ipotesi di lavoro.

Tra questi mi piace ricordare in particolare il regista Nanni Loi del quale ero ammiratore anche per la felice serie di programmi televisivi volti a dimostrare la sostanziale civile tolleranza di quella fascia di popolo, costretto all’alba, prima di entrare in fabbrica od in ufficio alla veloce capatina nel bar per il cappuccino del mattino, nel quale un personaggio assurdo quanto surreale inzuppa reiteratamente il proprio biscotto costringendolo non a una irritata reazione ma semplicemente ad una sconcertata rinunzia.

Loi ha seguito il filo conduttore della società laboriosa nel corso della lunga giornata, impegnata a fronteggiare gli impegni più vari vedendoseli compromettere da personaggi tanto fuori da ogni normale comportamento sino a sconfinare nel candore dell’incoscienza. Un popolo dicevo incalzato dagli impegni del quotidiano e che si identifica, diversificandola e unificandola nella vasta fascia di umanità costituita dalla gran massa dei lavoratori autonomi che dipendenti. Solo in virtù della fantasia ed al tocco narrativo di un grande artista quale si è rivelato il sardo Nanni Loi, è stato possibile seguire una lezione di alta sociologia senza salire i gradini di un ateneo universitario ma standosene a casa nel calore dell’intimità familiare, non seriosi e composti, ma rilassati, divertiti e contestualmente arricchiti dall’onda di umanità che non era tesi ma realtà.

Ebbene Nanni Loi che mi onorò della sua compagnia per diverse ore, si lamentò di non essere stato da me citato nel mio intervento fra i sardi che partecipano creativamente all’elaborazione delle correnti di pensiero che evolvono la cultura e quindi la civiltà del nostro tempo. In verità parlai del valore di questa pattuglia di sardi (sparpagliata nei diversi campi dell’umano operare) senza citarne alcuno. Gli chiesi: “Ma lei ci teneva?” “Certooo!” mi rispose con orgoglio di sardo. Gli volli ancor più bene rammaricandomi della paura di non stancare l’uditorio con l’elencazione di nomi che già conosceva. Anche Gian Maria Volonté, il geniale attore che seppe trasfigurare in miti diversi personaggi, dal postino zoppo che voleva fare di un monello di paese un grande campione, al guerrigliero sudamericano protagonista di un’epos intessuto di drammi vibranti, come altre sue interpretazioni di grande umanità. Mi rivolse parole ed apprezzamenti che nell’intimità del mio cuore conservo come altrettante medaglie.

Mi colpì insomma la grande semplicità e la cordiale spontaneità che caratterizza i rapporti umani di tanti artisti che la celebrità mitizza nella fantasia del grande pubblico. L’espressione “divi” non li gratifica ma li infastidisce, isolandoli. Ricordo l’amicizia subito stabilitasi con le personalità di cui ho parlato e molte altre non meno importanti. Fra queste ricordo due attrici che ho seguito sempre con simpatia e perché no? ammirazione sia a cinema che alla televisione: Carla Gravina e Stefania Sandrelli.

Nel concludere credo che la Regione debba assumere nel campo nuove e più rilevanti iniziative non solo per la trasfigurazione artistica con la quale il mondo dello spettacolo sa leggere il nostro quotidiano ma altresì i drammi ora silenti ora esplosivi che sconvolgono e talvolta esaltano la nostra società; credo soprattutto nella magia con la quale tecnologia ed arte possono diffondere nel mondo il nostro contributo di creatività culturale e i valori della intensa spiritualità che diventa forza d’identità unica ed irripetibile e perciò componente originale di una sardità, componente attiva della grande famiglia umana.