1995 –
E così è arrivato Maroni, apostolo pellegrino di un messaggio politico tanto eclatante quanto illusorio.
Già il personaggio è di per sé illuminante. Uomo di sinistra comunista, è folgorato sulla via di … Varese dall’illuminazione leghista diventando, come accade spesso ai convertiti, duro nemico del partito appena abbandonato. All’apparire sulla scena politica di Berlusconi, lo combatte con grande vigore accettando pochi mesi dopo di essere candidato ed eletto in liste comuni con lo stesso Berlusconi. Di più: diventa ministro con i voti determinanti dei missini, definiti dalla Lega “porcilaia fascista”. Ma quando Bossi mette in crisi il governo del quale fa parte, è proprio Maroni a prevedere che la forza elettorale della Lega si ridurrà ad una percentuale da prefisso telefonico e si rammarica della caduta di Berlusconi con il quale, così ha detto, avrebbe risolto il problema della riforma dello stato realizzando il federalismo; con l’aiuto missino, ben s’intende!
Ma tant’è! Le cose cambiano. Le elezioni regionali danno perdente Berlusconi e dignitosamente sopravvissuta la Lega. Altra folgorazione. Nuova conversione. Maroni si pente, ammette il proprio errore ed è riammesso nella Lega. Ma Bossi, che ha definito un’assemblea di leghisti: sindaci, consiglieri provinciali, deputati e senatori, riuniti a Mantova, Parlamento del Nord, incarica Maroni di costituirne uno gemello al Sud. Che sarebbe come dire: un partito nordista (tutto leghista) ed uno sardista (da inventare). Promosso dal Nord!
Ma che bello. Era proprio quello che i sardisti aspettavano da tanto tempo. Bellieni, Puggioni, Contu, Melis, Soggiu ne sarebbero gioiosamente orgogliosi. Non è dato sapere se sarà individuato anche un centro e se Roma con Lazio, Marche, Abruzzi, Toscana, etc. saranno spartite fra Nord e Sud. Dove finiremo noi sardisti? Leggendo Bellieni, Lussu e gli altri, sapevamo di non essere Nord e neppure Sud ma semplicemente Sardi, con storia, cultura, lingua, economia, geografia, tradizioni, usi e costumi nostri, peculiari, specifici, irripetibili.
Se dobbiamo entrare in un Parlamento federale pensiamo al superamento delle contrapposizioni Nord – Sud in forza di un’assemblea ove tutti i soggetti oggi regionali entrino a farne parte con la dignità di stati federati, dotata di pari sovranità ed uniti da un forte vincolo di solidarietà. Queste cose i sardisti le affermano e le insegnano in alta scuola di democrazia da oltre settant’anni ed è abbastanza originale che oggi arrivi Maroni, berlusconiano pentito a spiegarci il federalismo. Quale federalismo poi? Cosa propone in concreto la Lega?
A ben guardare il loro federalismo si risolve ed esaurisce nel meccanismo fiscale che consente alle regioni di trattenere per il proprio bilancio la quasi totalità della massa tributaria prodotta nei rispettivi territori riservando al potere centrale la quota residuale per i compiti di carattere generale cui è chiamato ad assolvere; sono esclusi da questi gli interventi, se non per fatti straordinari ed eccezionali, a favore delle regioni rimaste in ritardo nello sviluppo. Con tanti saluti alla solidarietà che ovunque è base del patto federale. Così le regioni ricche moltiplicheranno la loro ricchezza e le povere scivoleranno sempre più nel sottosviluppo. Con la beffa che tutte le aziende con sede sociale nel Continente, ma operanti in Sardegna, pagano le imposte in Continente!
Chi avesse dubbi in proposito legga il progetto di Costituzione elaborato dall’ex ministro Speroni e le proposte di legge Pagliarini ed altri. Maroni, per la verità, è coerente a questa impostazione che concepisce lo Stato solo (o quasi) in funzione del mercato. Ci rimprovera infatti (nelle dichiarazioni rese al T.G. 3 regionale) di coltivare l’impegno in difesa della nostra identità, cultura, lingua. Consiglia in sostanza di recidere le nostre radici.
Certo, da nordista preoccupato solo di accrescere la sua forza, ha ragione di parlare così. Recidendo le nostre radici sprofondiamo nell’anonimato, perdiamo motivazione e forza resistenziale e veniamo così inghiottiti nel nulla che la storia riserva a chi rinunzia ad essere se stesso. Che la Sardegna sia popolata da sardi, o americani, lombardi, calabresi o pugliesi non avrebbe importanza. E’ solo importante che producano ricchezza e concludano affari. Ipotesi assolutamente falsa, contraddetta da tutte le realtà territoriali uscite dalla fase tribale ed organizzate in istituzione. Consce delle rispettive diversità si attivano per dare impulso allo sviluppo secondo peculiarità che caratterizzano economia, cultura, contesto geografico, struttura sociale, ben guardandosi dal copiare meccanicamente formule altrui. D’altra parte Lega Lombarda, Liga Veneta (oltre le tradizionali Union Valdotaine e Sud Tiroler) che altro sono se non partiti regionali costituiti a difesa dei valori globali delle comunità che le esprimono? E la Lega Nord cos’è se non l’alleanza di regioni che hanno scritto pagine di storia, di cultura e di politica economica che ha condizionato e determinato il grave squilibrio territoriale di cui soffre l’Italia?
Non occorre essere studiosi di storia e neppure di economia per sapere che la Sardegna è stata, a datare dal 1400, colonia spagnola, passata come tale al Piemonte e poi finita, con tutto il Mezzogiorno, di fatto, colonia interna italiana. L’originalità e la forza ideale, morale e politica del Sardismo sta proprio nell’opporsi a questo scempio, non proponendosi la distruzione dello Stato, ma la sua rifondazione in senso federalista.
Maroni ci propone di promuovere una conferenza internazionale per dibattere questi problemi? La Lega ci propone cose che non ha fatto mentre i Sardisti le hanno fatte ed hanno il prestigio internazionale per rinnovarle. Per confrontarci sul federalismo siamo stati a discuterne con Bossi avanti ad un grande pubblico a Varese. Dibattito che abbiamo rinnovato davanti ad un pubblico ancor più numeroso a Cagliari. Constatando quale distanza stellare separi il nostro dal loro federalismo.
Noi discutiamo con tutti. Abbiamo ospitato nei nostri dibattiti D’Alema ed Orlando, Bettini e lo stesso Maroni. Ai nostri convegni sono venuti il fiammingo Jac Vandemenle Bruche, il corso Max Simeoni, il valdostano Cesar Dugyanì e così continuando. Quando il Partito lo vorrà potrà mobilitare le minoranze etniche che lottano contro statualità oppressive: dai Baschi agli Andalusi, dai Canariensi ai Catalani, dagli Scozzesi agli Irlandesi, dai Frisoni agli Occitani e così continuando, così friulani, molisani, siciliani o valdostani.
La Lega è stata una grande speranza del federalismo italiano ed europeo; non foss’altro per la forza elettorale che esprime. Federalismo non è chiusura dentro i confini del proprio interesse diretto ma pluralismo, partecipazione, solidarietà. Se la Lega saprà interpretare questo ruolo diventerà una componente essenziale, vivificante delle nuove libertà di cittadini e dei popoli.